Oggi, 2 marzo, ci troviamo in quest’aula come militanti rivoluzionari e militanti delle Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente di fronte all’accusa di “apologia sovversiva” che vuole sanzionare il carattere e il profilo che abbiamo dato e che intendiamo dare alla nostra militanza in prigione. Ma oggi, anniversario della sua morte in combattimento, vogliamo tributare l’amore rivoluzionario nostro e delle avanguardie del proletariato al compagno Mario Galesi, caduto il 2 marzo 2003 sul treno Roma‑Firenze mentre assolveva al suo diritto‑dovere di militante delle BR‑PCC di sottrarsi con ogni mezzo alla cattura. Vogliamo rendergli onore sottolineando la sua dedizione al lavoro rivoluzionario, assunto con quel senso del dovere e della disciplina per lui naturali, come non è strano che sia tra i proletari coscienti che sentono di dover fare la propria parte nel lavorare all’emancipazione politica della classe cui appartengono. La sua perdita resta irreparabile per il proletariato e per l’Organizzazione, ma lascia in eredità un esempio di militanza nel Partito del proletariato in costruzione che le avanguardie sapranno raccogliere e portare avanti nel dare il proprio contributo all’avanzamento dei processo rivoluzionario, cui Mario ha contribuito in quel processo che ha portato la soggettività rivoluzionaria di classe negli anni ’90 ad assumersi il compito di rilanciare la strategia della Lotta Armata nello scontro generale tra le classi, dando continuità alla fase della Ricostruzione delle forze rivoluzionarie e proletarie interna alla più generale fase di Ritirata Strategica che attraversa il nostro processo rivoluzionario.
Sta in questo il valore straordinario di questo militante, quello di aver contribuito a concretizzare un passaggio di valenza storica nel nostro processo rivoluzionario, di aver cioè contribuito a ricostruire, passando necessariamente per uno stadio aggregativo delle forze, il soggetto organizzato in grado di agire da Partito per costruire il Partito, le BR‑PCC, che hanno costruito la capacità offensiva adeguata a riportare l’attacco al cuore dello Stato.
Il 2 marzo è forse una data “simbolica” per lo Stato, che quel giorno del 2003 solo grazie al caso e alle circostanze fortuite ha potuto catturare una militante d’O e uccidere in combattimento Mario Galesi, per poi portare avanti la sua linea antiguerriglia che oggi gli consente di aprire una nuova stagione processuale in cui avvalersi del vantaggio militare acquisito nell’illusione di farlo pesare sulla classe e sulle sue avanguardie in termini di deterrenza e minaccia. Ma dobbiamo qui ricordare che proprio la forza, la propositività, la prospettiva aperta dal rilancio della strategia della LA ha obbligato lo Stato, all’indomani del conflitto a fuoco sul treno, a ricorrere ad una delle più barbare tra le sue iniziative antiguerriglia: tenere in ostaggio il corpo del compagno caduto per evitare che gli fosse tributato il giusto riconoscimento del proletariato con il ricatto e l’intimidazione poliziesca e repressiva. È stata una scelta conseguente alla paura che l’avanzamento del processo rivoluzionario ha provocato alla borghesia e allo Stato, di nuovo alle prese con la lotta armata dopo l’illusione di aver per sempre “sconfitto” l’opzione rivoluzionaria: le iniziative offensive del ’99 e dei 2002 nell’aprire un varco offensivo nella difensiva di classe hanno radicalizzato lo scontro rivoluzionario e di classe, hanno aperto dialettiche con le avanguardie di classe e contribuito alla formazione di uno schieramento rivoluzionario che si avvale della forza che il rilancio ha immesso nello scontro tra le classi avendo spostato momentaneamente i rapporti di forza tra classe e Stato a favore del proletariato, per la centralità degli obiettivi colpiti all’interno di una linea di attacco mirata a ostacolare e impattare le politiche di ristrutturazione e rimodellazione economicosociale e di riforma politico‑istituzionale con la modifica della forma‑Stato in senso federale, veicolate nel quadro del progetto neocorporativo quale nodo di contraddizione principale che oppone borghesia e proletariato in questa fase politica.
Di fronte a questo nodo dello scontro, la reazione dello Stato alla morte di un militante delle BR‑PCC è stata quella di tentare di annullare l’esistenza di questo corpo, nascondere la realtà che scaturiva da quel conflitto a fuoco casuale, tentare di impedirne le esequie per “motivi di ordine pubblico” e mostrificare il militante catturato spostando l’attenzione dal dato che emergeva in quel contesto: la realtà di un’avanguardia rivoluzionaria che negli anni ’90 si è riorganizzata in continuità‑critica‑sviluppo con il patrimonio rivoluzionario dell’espressione più matura di autonomia politica della classe, le BR, e ha operato alla costruzione delle forze per l’offensiva ben dentro il grado e i caratteri del rapporto rivoluzione/controrivoluzione per com’è stato approfondito dallo Stato nel corso di tutti gli anni ’80, ma avvalendosi di come vi ha inciso il riadeguamento operato nella fase di Ritirata Strategica con l’apertura della fase di Ricostruzione delle forze tesa ad attrezzare il campo proletario e rivoluzionario allo scontro prolungato con lo Stato e la borghesia imperialista.
In quel 2 marzo 2003 lo Stato ha scelto di rapportarsi in quel modo ignobile di fronte alla morte del compagno perché nella sua figura di militante della guerriglia era incarnato tutto il portato delle iniziative offensive di attacco al cuore dello Stato, la valenza storica e strategica del rilancio con la prospettiva di avanzamento del processo rivoluzionario e di costruzione del PCC che contiene, la reale rappresentanza degli interessi generali politici e storici del proletariato fatta pesare dalla prassi combattente nello scontro di classe e rivoluzionario di contro agli interessi della BI e dello Stato, l’ostacolamento del lineare avanzamento dei progetti antiproletari e controrivoluzionari degli esecutivi in carica e lo scompaginamento degli equilibri politici e politico‑istituzionali a loro sostegno. La reazione scomposta dello Stato in quell’occasione ci parla di uno Stato in difficoltà in quanto ha perso l’iniziativa sul piano delle politiche che offensivamente si sono riversate sul campo di classe per oltre un decennio, e della problematicità del suo tentativo di riportare sul piano politico l’azione di convogliamento, accerchiamento e neutralizzazione delle istanze dell’autonomia di classe che dal rilancio della LA hanno tratto forza in quanto la prassi combattente è fattore concreto che incide nei rapporti di forza tra le classi. Questo perché il rilancio ha alimentato e politicizzato il movimento di resistenza della classe alle politiche neocorporative per il coniugarsi del peso del fattore rivoluzionario nello scontro e del danno subito dai progetti che sono stati attaccati, anche approfondendo la difficoltà dei vertici del sindacato confederale in crisi di legittimità a portare avanti la loro opera antiproletaria in linea con le esigenze degli esecutivi di centrodestra e di centrosinistra, accomunati dall’adozione delle politiche neocorporative che costituiscono il filo a piombo delle scelte di qualunque coalizione si trovi a governare, essendo queste l’unico piano politico che consenta allo Stato in questa fase di tentare di subordinare politicamente il proletariato e renderlo ancora più sfruttabile al fine di governare l’economia e il conflitto nell’ambito della crisi economica mondiale e delle risposte che necessita, compresa la scelta della guerra e della controrivoluzione imperialista.
Mario Galesi incarna la risposta proletaria cosciente, di Partito, organizzata politicamente e militarmente, nella finalità strategica della conquista del potere politico da parte del proletariato, a tutto questo insieme di politiche e scelte della borghesia e dello Stato, “edificate” sulla forza della controrivoluzione che dagli anni ’80 ha segnato i rapporti di forza tra classe e Stato. La costruzione del rilancio della strategia della LA nello scontro generale tra le classi si è confrontata con il suo carattere e con il suo livello, dentro l’assunzione del dato politico rappresentato dal riadeguamento che ha consentito alle BR‑PCC di mantenere aperta l’iniziativa e rilanciare la proposta della Lotta Armata a tutta la classe, ottenendo così una vittoria strategica, segnando il raggiungimento di un punto di non ritorno nel nostro processo rivoluzionario, il cui radicamento nello scontro fa sì che lo Stato non possa sradicare l’opzione rivoluzionaria facendo leva sui vantaggi militari che riesce a conseguire con le linee di antiguerriglia e controrivoluzionarie che adotta.
Di fronte ai fatti dei 2 marzo lo Stato ha dovuto scoprire il volto infamante delle sue pratiche controrivoluzionarie, peraltro non nuove in rapporto all’esistenza del processo rivoluzionario nel nostro paese, e se per lo Stato e la borghesia il nostro compagno Mario Galesi rimarrà sempre uno spettro che disturberà i loro sonni, per il proletariato e le avanguardie di classe e rivoluzionarie resterà un esempio da seguire per il contributo che ha dato al lavoro rivoluzionario nelle Brigate Rosse, nel quadro della lotta per l’emancipazione politica della classe dal sistema di sfruttamento e dominio della borghesia.
Trani, 2/3/2005
I militanti delle Brigate Rosse per la costruzione del partito comunista Combattente: Maria Cappello, Tiziana Cherubini, Franco Grilli, Rossella Lupo, Fabio Ravalli
La militante rivoluzionaria Vincenza Vaccaro
Un pensiero su “Tribunale di Trani, Udienza del 2 marzo 2005 Dichiarazione di Maria Cappello, Tiziana Cherubini, Franco Grilli, Rossella Lupo, Fabio Ravalli, Vincenza Vaccaro al processo davanti al giudice monocratico. In ricordo di Mario Galesi.”