Intendo precisare come la mia presenza in questa aula nel corso del processo non sia dettata da un interesse sul piano giudiziario in virtù delle accuse che mi vengono mosse, e questo non solo per la pretestuosità delle stesse e dalle motivazioni politiche che sono alla base di questo processo, ma perché qui si tenta di processare la guerriglia e il processo rivoluzionario portato avanti, pur tra mille difficoltà, dalle Brigate Rosse Partito Comunista Combattente, ed è questo, e solo questo, il dato politico che emerge in tutta la sua forza ed evidenza in questa aula. Un’aula di giustizia borghese non è certo un luogo neutrale, al di sopra delle classi, ma la sede dove vengono applicate le leggi della dittatura di classe contro tutti coloro che sono spinti da condizioni economiche e sociali, grazie anche alle condizioni di sfruttamento e ricatto di un mercato del lavoro sempre più flessibile ed aleatorio e piegato agli interessi del capitale, verso un terreno di più o meno aperta “neutralità”; un luogo che è espressione di una funzione politica dell’esercizio del dominio di classe e questo lo è in modo ancor più evidente quando lo Stato borghese ha la presunzione di voler processare la guerriglia, il processo rivoluzionario, la storia del percorso di liberazione delle classi subalterne. E se è possibile lo è ancora di più in questa occasione ed in questo particolare processo dove anche attraverso l’utilizzo dei prigionieri nella loro condizione di ostaggi, cui si cerca di attaccare e svilire l’identità rivoluzionaria tentando di criminalizzarne gli atti politici, anche attraverso accuse deliranti e cercando in ciò di impedirgli di esercitare il ruolo e la funzione storica di rappresentare in ogni circostanza e al livello più alto i contenuti rivoluzionari propri dell’avanguardia. Aspetto questo che va al di là di questo specifico processo per caratterizzare invece in questa fase la politica della controrivoluzione nei confronti dei prigionieri rivoluzionari nel tentativo di farne un simulacro di deterrenza. Si vorrebbe cercare di far passare la storia e l’attività delle Brigate Rosse Partito Comunista Combattente, in particolare il percorso di ricostruzione operato in questi anni dai militanti rivoluzionari che si sono assunti la responsabilità politica di rimettere al centro dello scontro il dato politico assente ossia l’attacco al cuore dello Stato inteso come attacco al progetto centrale della borghesia imperialista, e per questo e solo in virtù di questo hanno assunto la denominazione di Brigate Rosse Partito Comunista Combattente in continuità con il patrimonio dell’Organizzazione e con i suoi termini più avanzati, assumendo così il ruolo di direzione dello scontro rivoluzionario in Italia, come un fatto del tutto residuale, opera di un gruppo di militanti completamente isolati e scollegati dalla realtà sociale e politica di questo Paese e dal più generale contesto internazionale caratterizzato sempre più da fame, oppressione e guerra, nell’ambito della quale l’Italia svolge un ruolo decisamente attivo a fianco dell’imperialismo USA. Di più, in questo quadro e coerentemente agli obiettivi della propaganda controrivoluzionaria, si vorrebbe far passare quanto prodotto dalle Brigate Rosse Partito Comunista Combattente con il rilancio della Strategia della Lotta Armata per il Comunismo, come frutto di decisioni politiche ed organizzative elaborate tra le mura del carcere imperialista e impartite all’esterno a chi avrebbe solo dovuto metterle in pratica. Non è certo così che funziona ed i fatti stanno a dimostrare esattamente il contrario e paradossalmente questo stesso processo, nelle necessità di fondo che lo animano, dimostra l’assoluta inconsistenza di questa costruzione politico/giudiziaria che è appunto il frutto e il tentativo di risposta messo in campo dallo Stato borghese per cercare di contrastare e delegittimare l’enorme qualità e lo spessore politico dimostrato dall’Organizzazione con le iniziative del 20 maggio 1999 contro Massimo D’ Antona e del 19 marzo 2002 contro Marco Biagi, con le quali sono stati attaccati e contrastati gli aspetti centrali del progetto neocorporativo che ci dimostrano, qualora ce ne fosse ulteriore bisogno, la maturità del nostro processo rivoluzionario. È il grado di attestazione al quale le forze rivoluzionarie che operano nel nostro paese e in generale nelle metropoli imperialiste non possono venir meno se vogliono incidere realmente nei rapporti di forza generali tra le classi e far pesare nello scontro gli interessi generali del proletariato e l’obiettivo strategico della presa del potere. Processo questo che rientra a pieno titolo in quella che è “l’offensiva” politico/giudiziaria che la borghesia ha lanciato nel tentativo di capitalizzare al massimo, per farli pesare nello scontro, i risultati ottenuti con la cattura di una compagna e la morte in combattimento del compagno Mario Galesi avvenuti a seguito di un episodio del tutto accidentale; catture, processi, condanne, campagne massmediatiche e mistificatorie nel tentativo di riequilibrare tatticamente la condizione politicamente e strategicamente difensiva in cui si è venuto a trovare lo Stato, a seguito del rilancio della strategia della Lotta Armata per il Comunismo e dell’apertura di un varco offensivo nell’ambito di una attestazione più avanzata delle posizioni del proletariato e il confronto con il suo nemico di classe. Recuperare questo svantaggio politico è quindi l’obiettivo politico perseguito con grande impegno di ogni mezzo politico e militare della controrivoluzione per cercare di danneggiare l’organizzazione, per contenere le dialettiche aperte dalla guerriglia con il proletariato per dare sviluppo alla guerra di classe e tentare così di recuperare condizioni di governabilità minime necessarie ad approfondire, nel quadro dell’avanzata ed estensione della guerra e della controrivoluzione imperialista, la rimodellazione economico-sociale e politico-istituzionale che sostanzia il riassetto neocorporativo della società.
Voglio qui ricordare ed onorare la memoria del compagno Mario Galesi la cui militanza è e sarà di esempio per tutti noi e per tutte quelle avanguardie di classe che sapranno far propria la scelta rivoluzionaria sul terreno della lotta armata per il comunismo, per affermare gli interessi generali e storici del proletariato e dare il loro contributo alla costruzione del Partito Comunista Combattente.
– Onore al compagno Mario Galesi e a tutti i militanti antimperialisti caduti.
– Viva la Strategia della Lotta Armata per il Comunismo.
– Viva l’intifada palestinese e la guerra di liberazione nazionale irakena.
– Proletari di tutti i paesi uniamoci.
Il militante rivoluzionario per la costruzione del Partito Comunista Combattente Francesco Donati
Un pensiero su “Tribunale di Roma, udienza GUP 13/09/2004. Dichiarazione di Francesco Donati allegata agli atti”