Se c’è un merito ampiamente riconosciuto alla RAF, questo è il grosso contributo dato alla riqualificazione e rilancio di un Internazionalismo Proletario autentico. È un merito riconosciuto in tutta Europa e in Medio Oriente, cioè nelle due aree tra cui la loro coraggiosa esperienza ha gettato un ponte.
La fattiva cooperazione con alcuni Movimenti di Liberazione Nazionale, quello palestinese in primis, ha contribuito enormemente a ricreare un rapporto di fiducia e stima da parte di quei Movimenti con Movimenti Rivoluzionari metropolitani troppo spesso vaganti tra opportunismi politici e “vita comoda”. Cooperazione che si è alimentata di varie attività e momenti di lotta, fra cui le azioni dell’ottobre ’77 restano un simbolo di eroismo militante.
Tant’è che, alla notizia dell’assassinio dei compagni/e prigionieri/e, la reazione solidale in Europa fu molto forte. In Italia, dove il movimento rivoluzionario era in piena ascesa, vi fu un’ondata di attacchi armati a interessi del capitale e dello Stato tedeschi, in molte città. Un compagno, Rocco Sardone, giovane operaio a Torino morì nell’esplosione accidentale della bomba che stava trasportando per una di queste azioni. Anche in Italia si sentiva l’importanza ed il coraggio dell’esperienza di lotta dei compagni/e tedeschi/e, ancora più rispetto ad una realtà come quella del Movimento Rivoluzionario italiano, molto forte sì, ma piuttosto auto-centrato sullo scontro interno.
Certo, questo aspetto positivo era il portato di un’impostazione non solo positiva.
Si sa che la giusta attenzione alla connessione internazionale (che non fa che approfondirsi con i tempi dell’imperialismo) può portare a degli eccessi, alla negligenza del processo rivoluzionario nel proprio paese. Nel caso della RAF avvenne un po’ questo. La pur giusta considerazione di limiti e contraddizioni che gravavano sul proletariato, sulla classe operaia tedesca (tanto da averne compromesso capacità di lotta e coscienza di classe per un lungo periodo), portò a sbrigative analisi e conclusioni marcate da una sfiducia di fondo sulle possibilità rivoluzionarie nella metropoli, e ad una costruzione rivoluzionaria come “quinta colonna” dei Movimenti Rivoluzionari dei popoli oppressi. Portò a staccarsi, a non più ricercare il rapporto organico con le istanze dell’autonomia di classe; portò a rinchiudersi in una dinamica organizzativa auto-centrata, in un certo senso “elitista”.
Altrettanto, la definizione ideologica divenne sempre più imprecisa, i termini marxisti-leninisti d’origine si appannarono in un’impostazione “estremistico-totalizzante”.
La fine degli anni Ottanta, con il dispiegarsi dell’ondata reazionaria internazionale e la sparizione delle vestigia del campo socialista (degenerato grazie all’opera distruttiva metodica, condotta internamente dai revisionisti al potere ed esternamente dall’incessante pressione imperialista), videro i rapporti di forza sbilanciarsi decisamente. Ciò che crollava ad Est erano la mistificazione e l’inganno revisionisti, a copertura di regimi che tutto avevano fatto per svuotare e degenerare il contenuto socialista, permettere il formarsi di una nuova borghesia e delle condizioni per la restaurazione del capitalismo. Ma quest’ultima, con i conseguenti drammi sociali per le popolazioni gettate nella fornace del mercato mondiale, ha permesso pure di far ricadere le loro macerie non sul revisionismo ma sul comunismo.
Certo, questo fa parte della battaglia di classe, ed ideologica in particolare, ma è un dato di fatto che questo terremoto di fine Ottanta ha significato uno squilibrarsi nei rapporti di forza internazionali, e una conseguente ondata reazionaria sul piano ideologico più forte che d’abitudine.
Insomma, per il Movimento Comunista Internazionale, per i Movimenti Rivoluzionari, gli anni Novanta sono stati duri. Molti si sono persi per strada. Purtroppo, è stato il caso della RAF.
E diciamo purtroppo, perché la sua capitolazione è stata netta e ha lasciato il vuoto dietro di sé.
Talvolta, la discontinuità nella lotta s’impone. Non bastano volontà e determinazione, se le condizioni oggettive della situazione e quelle soggettive di classe sono particolarmente sfavorevoli. In certi casi bisogna saper ripiegare.
È quello che successe in Italia, con la “Ritirata Strategica” negli anni Ottanta. Ritirata Strategica significa certo arretrare, attestarsi su posizioni sostenibili, o anche mettersi in “lunga marcia” – sfuggire il confronto frontale con il nemico, ma salvaguardando armi e bandiera!
In Italia, ciò permise di salvare la continuità politica. Come la nostra vicenda ha messo chiaramente in luce.
Ciò che è da salvaguardare a tutti i costi è il patrimonio di lotta ed esperienza, e questo si può e deve fare con il lavoro di memoria e difesa politica-ideologica. “La mémoire est un combat”, così i compagni/e di Action Directe hanno titolato un loro testo di ricostruzione storica. Formulazione esatta! Basti vedere le periodiche campagne che la borghesia scatena sulla Storia, sulla memoria nazionale, sulle categorie etimologiche persino… basti vedere l’accanimento, il terrorismo culturale, la macchina goebbelsiana che mette in moto, per rendersi conto dell’importanza di questo terreno di lotta.
In questi anni in Europa, da più parti si è cercato di mantenere il filo rosso della continuità, pur nelle necessarie rotture. È stato indispensabile superare le ristrettezze del proprio contesto e delle proprie vicende. È stato indispensabile ricordarsi che “la Rivoluzione è mondiale nel suo contenuto e nella sua dinamica, è nazionale nella sua forma specifica”. E quindi ancorarsi alla Rivoluzione laddove avanza: Perù, Colombia, Nepal-India, Medio Oriente… Ancorarsi alla dinamica internazionale, che è decisiva e prepara irresistibilmente l’ondata futura della Rivoluzione Mondiale.
Perché le nostre difficoltà si son dimostrate poca cosa rispetto all’esplosione delle contraddizioni di classe provocate dall’imperialismo, dalla sua crisi generale storica.
L’esponenziale divario ricchezza/miseria (tra classi e tra paesi); la formazione di nuove classi operaie super-sfruttate nel Tricontinente; la spirale internazionale all’intensificazione dello sfruttamento; la spirale concorrenziale con i conseguenti saccheggio delle risorse e consumismo devastante che stanno distruggendo le condizioni stesse d’esistenza sul pianeta; l’ondata reazionaria che cerca d’incanalare il malessere sociale sui peggiori retaggi del passato, fra cui razzismo e nazionalismo imperialista, di supporto alla guerra, ridiventata arma economica per eccellenza, forma concreta di esistenza dell’imperialismo, oggi.
La profondità, la gravità, l’assurdità anti-sociale di questa spirale, che è la forma propria dell’imperialismo, impongono la via rivoluzionaria. Una nuova ondata di Rivoluzione Mondiale crescerà inevitabilmente.
Perché come dice Mao:
“O la Rivoluzione impedisce la guerra O la guerra scatenerà la Rivoluzione”
A noi di scegliere da che parte stare: o perdersi dietro un ribellismo tanto folkloristico nelle forme quanto subalterno nella sostanza, o a pratiche economiciste, o peggio fare i critici ultrasinistri ma ben dentro il sistema. Oppure: riprendere il cammino delle esperienze rivoluzionarie autentiche, e anche dalle contraddizioni, dai problemi irrisolti, da raccogliere e risolvere. E così con l’eredità della RAF.
Nei nostri paesi, del centro imperialista, significa soprattutto porsi il problema di una strategia che rende concreta, possibile la via rivoluzionaria, in stretta dialettica con i movimenti rivoluzionari delle periferie. Ciò che richiede il contenuto – ideologia (marxismo-leninismo-maoismo), linea politica, programma – ed i mezzi – l’unità del politico-militare, come sintesi indispensabile sin dai primi passi del processo se si vuole elevare lo scontro sul piano politico, strategico, programmatico.
Contenuto e mezzi che possono essere tenuti insieme e portati solo da un livello organizzato adeguato: il Partito Comunista Politico-Militare, della Classe Operaia.
ONORE AI COMPAGNI/E TEDESCHI/E E PALESTINESI CADUTI COMBATTENDO PER LA RIVOLUZIONE E L’INTERNAZIONALISMO
COSTITUIRE IL PARTITO COMUNISTA POLITICO-MILITARE DELLA CLASSE OPERAIA
Davide Bortolato
Alfredo Davanzo
Claudio Latino
Vincenzo Sisi
Militanti per la costituzione del PC P-M
Ottobre 2007