«Un mezzo esempio non è un esempio.
Ciò che non viene fatto fino in fondo,
fino alla sua conseguenza ultima,
ben presto sotto la briglia del tempo
col passo del gambero se ne ritorna in niente.»
(Heiner Muller, L’Orazio)
Questo processo, così come tutti i processi nei confronti dell’attività della guerriglia, è basato sulla più totale ipocrisia della “ragion di Stato”, sull’abiura e sulle connesse formule giuridicamente equivalenti: do ut des, do ut facias, facio ut des e facio ut facias.
In tal modo non solo si preparano sentenze con molti anni di carcere per chi, tra gli imputati, si rifiuta di mercanteggiare la propria identità politica, ma principalmente si costruiscono delle vere e proprie diffamazioni rispetto alle Brigate Rosse, con l’uso politico connesso.
Di fronte a questa situazione fare fino in fondo una critica pratica all’abiura ed al relativo e grottesco gioco del gambero significa anche e soprattutto essere chiari sulle cause, sui punti di riferimento e sulle finalità della lotta delle BR, di cui rivendichiamo tutta l’attività politico-militare, la sua impostazione strategica, il suo patrimonio teorico-politico.
Ne riaffermiamo il peso politico e la valenza conquistata nel campo proletario nel percorso di direzione e costruzione del processo rivoluzionario aperto a suo tempo con la proposta alla classe della strategia della Lotta Armata. Unica strategia, fin da subito praticata dall’avanguardia armata, in grado di affrontare globalmente il nemico di classe dando una prospettiva di soluzione alla questione del potere politico e della instaurazione della dittatura proletaria.
Scelta suffragata dal grado di sviluppo del capitale e dai mutamenti intervenuti nelle sue forme di dominio, che sul finire degli anni ’60 posero all’avanguardia rivoluzionaria la necessaria ridefinizione della strategia, e della forma politico-organizzativa adeguata allo sviluppo della lotta rivoluzionaria in un paese del centro imperialista.
Per quanto riguarda il quadro generale, nella seconda metà degli anni ’60 all’interno dei paesi a capitalismo avanzato è emersa una determinata sovraccumulazione capitalistica e si sono sviluppati i sintomi della fine del “fordismo” come forma egemone e modello di sviluppo del modo di produzione capitalistico.
Sul piano politico però è il ’68 il vero anno di svolta rispetto alla situazione precedente ed il vero anno di rinascita della lotta rivoluzionaria a livello internazionale.
Nel ’68, in una situazione caratterizzata dall’equilibrio strategico a livello militar-nucleare fra USA e URSS, dall’evidenziarsi della crisi della forte egemonia imperialistica USA nel sistema capitalistico internazionale e dall’approfondirsi della crisi d’egemonia politica dell’URSS nel campo dei paesi a “socialismo reale” e rispetto al movimento comunista e rivoluzionario internazionale, si determinano diverse condizioni favorevoli ad uno sviluppo differenziato ma diffuso della lotta rivoluzionaria nel mondo.
Dal 1968 la guerriglia, condotta con i criteri della clandestinità e guidata dalla politica rivoluzionaria, si diffonde nei paesi a capitalismo avanzato e si sviluppa ulteriormente in diversi paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina con modalità connesse alla situazione concreta di ognuno di questi paesi, quindi con modalità molto differenziate.
Per le forze rivoluzionarie presenti nei paesi a capitalismo avanzato comincia così ad essere più chiaro che «il compito fondamentale della guerriglia metropolitana è portare la lotta antimperialista nelle retrovie dell’imperialismo» (Ulrike Meinhof).
In seguito il problema diventa come realizzare questo compito, cioè come radicare la lotta rivoluzionaria combattente nei paesi centrali del sistema capitalistico internazionale, ed a tale domanda le BR, fondate nel ’71, cominciano a dare una risposta abbastanza originale.
Dai primi anni ’70 in poi le BR si sono sempre commisurate con l’andamento della lotta di classe e col mutare delle fasi e delle congiunture politiche interne ed internazionali per poter radicare la guerriglia metropolitana nel paese. Al tempo stesso hanno mantenuto sempre gli elementi fondamentali della propria politica rivoluzionaria ed anche i propri punti di riferimento a livello ideologico e storico.
Nel documento-autointervista del settembre 1971 le BR dichiarano in modo esplicito qual è il filone ideologico e storico a cui esse si collegano: «i nostri punti di riferimento sono il marxismo-leninismo, la rivoluzione culturale cinese e l’esperienza in atto dei movimenti guerriglieri metropolitani.»
Il richiamo al marxismo-leninismo è soprattutto un richiamo alla forma razionale della dialettica, a «Il capitale» di Marx in primo luogo, ed alla essenza dell’impostazione di Lenin rispetto al problema del rapporto fra Stato e rivoluzione nell’epoca dell’imperialismo.
Il richiamo alla rivoluzione culturale cinese è soprattutto un richiamo alla concezione di Mao secondo cui la lotta del proletariato e delle masse deve continuare a svilupparsi anche nelle società scaturite da rivoluzioni socialiste vittoriose, perché in tali società esiste il pericolo di una parziale o completa restaurazione capitalistica.
Inoltre il richiamo all’esperienza dei movimenti guerriglieri metropolitani è riferito prevalentemente alla lotta rivoluzionaria combattente di organizzazioni attive negli USA ed alla lotta della RAF tedesca; quindi, proprio perché le BR teorizzano la necessità di unire in un’unica organizzazione rivoluzionaria l’attività politica e quella militare nel quadro della lotta per il socialismo e per il comunismo, è riferito alla forma ed ai contenuti fondamentali (antimperialisti e anticapitalisti) della guerriglia che viene condotta all’interno dei paesi a capitalismo avanzato.
In linea generale, anche grazie al riferimento al marxismo-leninismo, alla rivoluzione culturale cinese ed all’esperienza dei movimenti guerriglieri metropolitani, le BR guardano con particolare attenzione ai fenomeni di autonomia proletaria espressi fuori dalle “regole del gioco“ del sistema economico, politico e sociale.
Le BR non sono un semplice portato delle lotte di massa del ’68-’69, come oggi viene largamente sostenuto nell’ambito dell’opportunismo e del collaborazionismo per blaterare della presunta fine dell’epoca della guerriglia, ma fin dalla loro nascita esse costituiscono l’avanguardia rivoluzionaria rispetto all’autonomia proletaria.
L’autonomia proletaria è abbastanza variegata ed eterogenea ma al suo interno diverse componenti comuniste e rivoluzionarie sottolineano quanto sia veramente assurdo pensare che gli USA, la NATO, la CIA, la DC e la grande borghesia lascino sviluppare la lotta di classe, ed anche quella via “nazionale, parlamentare e pacifica al socialismo” che era stata iniziata dal PCI di Togliatti, senza un continuo ed approfondito utilizzo della controrivoluzione preventiva come portato costante del dominio borghese.
Fra l’altro, la costituzione materiale, lo sviluppo di potentati capitalistici industriali e finanziari, la subordinazione dei servizi segreti italiani alla CIA, l’adesione dell’Italia alla NATO e la sostanziale continuità burocratico-militare fra il regime fascista ed il regime democristiano già avevano mandato in frantumi ciò che di progressista c’era nella carta costituzionale della prima Repubblica.
Con questa consapevolezza le BR iniziano la propria attività rivoluzionaria e propongono la strategia della Lotta Armata in un percorso di guerra di lunga durata, caratterizzata fondamentalmente dalla guerriglia metropolitana e dal rapporto fra quest’ultima e l’autonomia proletaria, come strategia per un lungo processo di lotta finalizzata alla conquista proletaria del potere politico ed a creare le condizioni politiche per iniziare la costruzione di una società libera dal dominio capitalistico.
In quegli anni le BR si pongono nel vivo dello scontro aprendo la fase della “propaganda armata”, cioè la propaganda tra le masse della possibilità-necessità della propria strategia, cercando quindi di radicare la coscienza politica di tale necessità fra le avanguardie di lotta del proletariato, ed a tale scopo effettuano delle azioni in dialettica con le lotte operaie di diverse grandi fabbriche. Nel 1974, in una situazione di preciso accerchiamento borghese nei confronti delle lotte operaie, compiono un salto politico di qualità con l’assunzione dell’attacco al “cuore dello Stato” (cioè dell’attacco al progetto politico dominante della grande borghesia nella congiuntura) come aspetto fondamentale della propria politica rivoluzionaria: il sequestro del giudice Sossi ha questo significato e con tale azione danno un piccolo ma significativo contributo politico a far saltare il progetto neo-gollista della DC di Fanfani (e della Montedison di Cefis). Inoltre, con quel primo attacco al “cuore dello Stato”, cercano anche di dimostrare che il “compromesso storico” proposto dal PCI costituisce una linea di resa di fronte alla borghesia imperialista internazionale ed ai ricatti terroristici della controrivoluzione preventiva e psicologica.
Dopo le elezioni politiche generali del 20 giugno ’76 il PCI rilancia il “compromesso storico”, si apre la fase della “solidarietà nazionale”, in cui per altro è sempre e soprattutto la DC a governare, e le BR diventano il principale punto di riferimento per l’autonomia proletaria e per i movimenti antagonisti.
Tutto ciò significa che anche negli anni ’70, in cui i rivoluzionari hanno pur commesso numerosi errori politici, la strategia proposta e praticata dalle BR presuppone una piena coscienza dell’importanza dell’autonomia proletaria e non ha nulla in comune con le concezioni militariste, spontaneiste e fochiste del processo rivoluzionario.
L’idea stessa delle BR secondo cui è necessario agire a livello politico-militare per poter costruire il Partito comunista combattente non ha nulla di militarista, spontaneista o fochista.
Secondo le BR l’attività per costruire il Partito è un’attività che tende a realizzare questo obiettivo nell’ambito di un lungo e concreto percorso di lotta rivoluzionaria, anche e soprattutto perché sono necessarie determinate condizioni oggettive e soggettive favorevoli affinché tale processo di costruzione possa compiere, senza voli pindarici, il salto decisivo e giungere allo stadio della propria maturità.
In particolare, come è stato ulteriormente precisato nell’ultimo decennio, è necessario agire da Partito per costruire il Partito.
In linea generale, è questa impostazione che negli ultimi due decenni ha permesso alle BR di esplicitare una tattica rivoluzionaria sostanzialmente corretta, cioè ha reso possibile quasi sempre il lancio delle iniziative e delle campagne di lotta più corrette – quanto meno in senso relativo – nelle diverse fasi e nelle diverse congiunture che si sono determinate dai primi anni ’70 in poi.
In diversi casi ci sono stati errori anche gravi nelle scelte tattiche delle BR, ma questi errori non derivano affatto dagli elementi fondamentali e costitutivi della politica brigatista.
Riaffermiamo, anzi, come in tutto il proprio percorso le BR hanno definito, in stretta dialettica con l’autonomia di classe, non soltanto le specificità di sviluppo della strategia della Lotta Armata nel nostro paese ma anche e soprattutto gli assi strategici su cui si rende possibile l’organizzazione rivoluzionaria e proletaria dentro la prospettiva di avanzamento della guerra di classe di lunga durata, e cioè: l’attacco al cuore dello Stato ed alle politiche centrali dell’imperialismo.
I passaggi fondamentali di questo processo rivoluzionario, pur nel suo andamento fortemente discontinuo, hanno inciso profondamente nelle condizioni e nei caratteri dello scontro tra le classi in modo tale da condizionarne sostanzialmente lo stesso svolgimento e, con esso, i rapporti politici, gli equilibri generali dei rapporti di forza e gli stessi termini di sviluppo dell’autonomia di classe.
In tal modo hanno altresì posto e consolidato la proposta strategica della Lotta Armata come piano di forza irreversibile dello scontro di classe nell’ambito degli interessi generali del proletariato da cui nessuna componente dello scontro può prescindere.
Questi fattori non possono essere eliminati in quanto nella prassi rivoluzionaria di questi venti anni vive la propositività della prospettiva rivoluzionaria messa in campo dalle BR e confermata dialetticamente dallo stesso approfondimento del rapporto fra rivoluzione e controrivoluzione. Non possono essere eliminati perché la pacificazione auspicata dalla borghesia imperialista facendo leva sulla controrivoluzione degli anni ’80 non è riuscita né a sradicare la portata della proposta politica rivoluzionaria sedimentata nello scontro di classe dalle BR né ad annullare il peso dell’autonomia proletaria.
In sintesi, la maturità assunta dal processo rivoluzionario nel nostro paese costituisce il dato politico centrale che informa lo scontro di classe, le sue dinamiche di sviluppo, condizionando gli stessi modelli di gestione del conflitto da parte dello Stato anche all’interno dell’attuale quadro di rapporti di forza favorevoli alla borghesia imperialista. Nonostante i processi di riassetto e rafforzamento del dominio capitalistico e del potere della borghesia imperialista, tali condizioni non consentono allo Stato di ratificare globalmente una situazione di svolta nelle relazioni tra le classi.
Al tempo stesso si evidenziano i tentativi di approfondimento del piano controrivoluzionario. Non a caso, ad esempio, la gestione del processo d’appello del “Moro-ter” fa parte della più generale “campagna di pacificazione” necessaria alla borghesia imperialista nostrana per chiudere, insieme alla prima Repubblica, anche il processo rivoluzionario.
Mentre non è possibile decretare la chiusura del processo rivoluzionario attraverso interventi di carattere formale, si sviluppano i tentativi di approfondimento di tutti i termini della controrivoluzione preventiva con atti concreti tesi a conseguire posizioni ancor più favorevoli alla borghesia, in modo tale che essa possa dispiegare i programmi di attacco alle conquiste del proletariato ed i concreti progetti guerrafondai internazionali.
Consapevoli della sostanziale irrilevanza dei riti giuridici rispetto allo scontro di classe, ci interessa solo sottolineare le ragioni della giustezza e validità strategica della proposta della nostra Organizzazione.
Attraverso il processo di riadeguamento intrapreso nel quadro della ritirata strategica, le BR per la costruzione del PCC hanno posto con maggior chiarezza e determinazione gli ulteriori passaggi per il proseguimento e lo sviluppo del processo rivoluzionario nel nostro paese.
In pratica, hanno ridefinito i termini e le modalità concrete entro cui è possibile e necessario sviluppare la strategia della guerra di classe di lunga durata nelle attuali condizioni dello scontro.
All’interno dello stesso processo di riadeguamento si sono definiti i termini dell’attuale fase rivoluzionaria di ricostruzione.
Questa fase è tutta interna alle caratteristiche generali della ritirata strategica, cioè di un periodo in cui «l’attività rivoluzionaria è prevalentemente tesa ad un ripiegamento delle forze, mantenendo e rilanciando nel contempo la capacità offensiva della guerriglia».
Nel suo sviluppo e nelle sue finalità la fase di ricostruzione comporta l’attrezzare su tutti i piani le forze proletarie e rivoluzionarie alle condizioni dello scontro in maniera da poter ristabilire i termini politico-militari per nuove offensive.
La fase di ricostruzione si pone come uno dei primi necessari passaggi per il mutamento dei vigenti rapporti di forza tra rivoluzione e controrivoluzione e tra campo proletario e Stato.
Nello sviluppo del processo prassi-teoria-prassi e nel confronto costante con i nodi dello scontro fra le classi, le BR hanno potuto riadeguare l’impianto e ridefinire gli assi programmatici concreti e prospettici dello svolgimento del processo rivoluzionario.
Lo hanno fatto a partire dall’attività di combattimento, intervenendo sia sulle contraddizioni di volta in volta dominanti fra campo proletario e Stato che sul terreno specifico dell’antimperialismo, cioè misurando la propria iniziativa politico-militare al punto più alto dello scontro.
Tale iniziativa si è dispiegata infatti nell’attacco ai progetti neo-corporativi perseguiti in questi anni dallo Stato, cioè nelle azioni contro Giugni e Tarantelli, ed in seguito nell’attacco al più organico progetto di rifunzionalizzazione degli apparati e dei poteri dello Stato con l’azione contro Ruffilli; nello stesso tempo le BR si sono misurate sul terreno dell’antimperialismo con le azioni contro Hunt e Conti, confrontandosi con la proposta del Fronte combattente contro l’imperialismo in Europa occidentale e contribuendo al suo sviluppo.
L’attività generale della nostra Organizzazione si è sviluppata in stretta relazione con l’autonomia proletaria, con i contenuti più avanzati da essa espressi, e lo stesso processo di riadeguamento si è forgiato nel vivo dello scontro, nel duro confronto con lo Stato e con le politiche imperialiste, poiché per la guerriglia anche il riadeguamento si opera nell’unità del politico e del militare e con il criterio del primato della prassi.
All’interno delle mutate condizioni dello scontro, il processo di riadeguamento non poteva essere intrapreso senza far tesoro degli insegnamenti conseguiti dalla prassi complessiva che l’Organizzazione fin dalla sua nascita ha messo in campo, cioè non poteva essere avviato senza il mantenimento dei criteri fondamentali che consentono alla guerriglia di operare nello scontro: strategia della Lotta Armata, unità del politico e del militare, la concezione della guerra di classe di lunga durata, clandestinità e compartimentazione.
Tutto ciò significa che solo attraverso il metodo prassi-teoria-prassi si può regolare la definizione dei principi fondamentali e delle leggi che governano il movimento e lo sviluppo della guerra di classe nelle metropoli imperialiste.
A partire dalle condizioni dello scontro di classe nelle metropoli imperialiste ed in particolare dalla sostanza che informa il dominio borghese nelle democrazie rappresentative contemporanee, lo Stato assolve il duplice ruolo di rappresentante del potere capitalistico egemonizzato dalla borghesia imperialista e di mediatore del conflitto fra le classi.
La prassi espressa dalle BR, al cui interno sono situati i momenti qualificanti dell’attacco al cuore dello Stato, ha scandito i passaggi salienti dello sviluppo della guerra di classe di lunga durata in stretta relazione con i nodi dello scontro in generale ed in dialettica con i contenuti espressi dalle istanze più mature dell’autonomia proletaria.
Questa dinamica si è affermata nel corso di venti anni di processo rivoluzionario come capacità di riferirsi da un lato alle principali politiche antiproletarie e controrivoluzionarie della borghesia imperialista e dall’altro alla resistenza politica ad esse da parte del movimento di lotta proletario:
– il fallimento del progetto fanfaniano di stampo neogollista, che esprimeva le spinte reazionarie della borghesia di fronte al movimento operaio e proletario con forti caratteristiche antistatuali, antistituzionali e antirevisioniste e al nascere della sua avanguardia armata;
– la disarticolazione del progetto moroteo di “unità nazionale”, il quale operava il tentativo di cooptazione organica delle rappresentanze istituzionali della classe operaia al fine di depotenziare le spinte di forte conflittualità politica che da quest’ultima venivano e, al tempo stesso, per assestare un duro colpo alla guerriglia che proprio in quegli anni maturava un poderoso salto di qualità;
– l’attacco al progetto politico demitiano teso alla rifunzionalizzazione degli apparati e istituti dello Stato dentro il più generale disegno di riassetto delle forme di dominio borghese nella cornice delle “democrazie mature” e di approfondimento dei termini della controrivoluzione preventiva.
Per le BR, quindi, l’attacco al cuore dello Stato significa attacco alle sue politiche centrali, inceppamento dei suoi progetti e degli stessi processi di rafforzamento dello Stato e di affinamento della dittatura borghese.
Questo criterio fondamentale consente all’avanguardia rivoluzionaria di muoversi dentro il reale scontro tra le classi e di indirizzarlo al fine di spostare i rapporti di forza a favore del campo proletario.
Nell’attacco al cuore dello Stato si esprime la capacità e la possibilità della guerriglia di disarticolare i progetti politici che di volta in volta costituiscono la contraddizione dominante che oppone lo Stato alla classe proletaria. Si esprime la capacità e la possibilità di scompaginare gli equilibri raggiunti intorno a tali progetti; si esprime inoltre un possibile rafforzamento temporaneo del campo proletario che deve tradursi in termini costruttivi, cioè nella disposizione ed organizzazione sul terreno della lotta armata, ed in modo calibrato alla fase di scontro.
Questa complessa dinamica permette di definire la dialettica centrale di movimento, articolata nei periodi di attacco, costruzione, organizzazione, nuovo attacco. Permette di definire la dialettica in cui si esprime la valenza e la portata dell’unità del politico e del militare come il solo modo di far vivere e sviluppare la politica rivoluzionaria nei paesi a capitalismo maturo.
L’attacco al cuore dello Stato, dunque, rappresenta contemporaneamente un asse strategico di combattimento, un elemento di programma ed infine una parola d’ordine prioritaria su cui si costruiscono i termini del rapporto fra guerriglia ed autonomia proletaria e del processo di costruzione del Partito comunista combattente.
La stessa prassi delle BR ha inoltre posto l’antimperialismo come l’altro asse caratterizzante l’attività rivoluzionaria.
Nella propria impostazione politica e strategica le BR hanno definito fin da subito l’indirizzo antimperialista ed internazionalista del processo rivoluzionario entro cui collocare e costruire lo sviluppo stesso della guerra di classe e dell’organizzazione intorno ad essa delle avanguardie di classe del proletariato.
Secondo le BR, dopo la seconda guerra mondiale, la catena imperialista ha raggiunto un alto livello di internazionalizzazione ed interconnessione economica, nonché un alto grado di integrazione militare e politica, ed è stato definito un sistema di relazioni imperialiste altamente gerarchizzato sotto la dominanza USA.
Sulla base di questa analisi, già nella Risoluzione della Direzione Strategica del 1975 le BR affermano: «Si vuol dire più in generale che la guerra di classe rivoluzionaria nelle metropoli europee è anche guerra di liberazione antimperialista, perché l’emancipazione di un popolo da un contesto imperialista deve fare i conti con la repressione imperialista. Non esistono vie nazionali al comunismo perché non esiste nella nostra epoca la possibilità di sottrarsi singolarmente al sistema di dominio imperialista».
Nell’ambito delle caratteristiche dello scontro nelle metropoli europee, la configurazione più esatta dell’internazionalismo proletario viene espressa concretamente dalle BR attraverso l’assunzione della proposta politica più adeguata per misurarsi con tale problema: il Fronte Combattente Antimperialista.
L’attacco al generale NATO Dozier contribuisce sostanzialmente a definire i termini di riferimento per il Fronte Combattente Antimperialista, inserendo e relazionando la nostra Organizzazione all’interno della prassi combattente antimperialista che veniva dispiegata su più fronti dalla guerriglia europea (RAF in testa) e per altro verso da forze rivoluzionarie antimperialiste e nazionaliste del movimento di liberazione arabo.
L’individuazione dell’Europa come il centro nevralgico delle contraddizioni del sistema imperialista, nonché il loro intrecciarsi ai rapporti fra Europa, paesi mediterranei e mediorientali ed il netto configurarsi e dispiegarsi delle politiche guerrafondaie dell’imperialismo, sono i termini analitici ed i riferimenti concreti attraverso i quali viene individuato e precisato il ruolo strategico che la NATO va ad assumere.
Questo ruolo è caratterizzato dalla duplice funzione di guerra esterna e di guerra interna. Fin dalla sua nascita, infatti, la NATO ha svolto un ruolo di deterrenza verso i paesi dell’Est, e al tempo stesso, un ruolo di controrivoluzione interna nel cuore dell’imperialismo, contribuendo così a compattare i paesi a capitalismo avanzato rispetto all’interesse generale dell’imperialismo.
Nel contesto di scontro in cui si è inserito l’attacco a Dozier, la NATO guidava le scelte politico-militari di fondo dei paesi a capitalismo maturo (a partire dal dispiegamento degli arsenali missilistici lungo l’asse di confine con i paesi dell’Est e nel fianco Sud della NATO) riqualificando i termini della sua stessa “dottrina” dentro l’attiva responsabilizzazione dei paesi dell’Europa occidentale.
Quel contesto generale faceva risaltare la necessità rivoluzionaria del Fronte Combattente Antimperialista per cominciare gli attacchi alle politiche centrali dell’imperialismo e della NATO.
Comunque è soltanto la prassi antimperialista successiva e la ricerca attiva del confronto con le altre forze rivoluzionarie che consente di caratterizzare meglio l’approccio al Fronte da parte della nostra Organizzazione.
A partire dall’analisi concreta della situazione concreta, per le BR il contributo al Fronte Combattente Antimperialista si dà all’interno di una politica di alleanze da conseguire sulla base di una pratica antimperialista che non deve essere ostacolata dalle differenze di impostazione e di finalità delle forze rivoluzionarie.
Per questo il Fronte è l’organizzazione politico-militare adeguata ad impattare l’imperialismo, unendo le forze rivoluzionarie in un attacco mirato e cosciente.
Con questi presupposti politici le BR si sono relazionate con i passaggi che il Fronte ha operato, quindi con il testo comune AD-RAF e la connessa attività politico-militare.
In seguito il contributo delle BR-PCC all’attività del Fronte è stato espresso nel settembre ’88 con il testo comune RAF-BR concretizzato dall’azione Tietmeyer.
In tale testo vengono ulteriormente chiariti gli obiettivi da perseguire; si tratta di costruire la forza politica e pratica adeguata ad incidere al livello raggiunto dal rapporto fra imperialismo ed antimperialismo, superando anche le posizioni dogmatiche che risultano inadatte per affrontare lo scontro.
Il realismo politico che contraddistingue questo momento di unità nel Fronte gli fornisce una valenza che va oltre il risultato immediato raggiunto perché apre la prospettiva di praticare una politica di alleanze allargata alle forze rivoluzionarie di liberazione nazionale che operano nella regione mediorientale e che si confrontano con lo stesso nemico: le politiche imperialiste fatte proprie dagli Stati imperialisti europei.
Nonostante le mutate condizioni internazionali a favore del campo dei paesi a capitalismo avanzato, anzi a maggior ragione, lavorare al rafforzamento ed al consolidamento del Fronte significa «organizzare la forza politica e pratica per attaccare l’imperialismo» e per contribuire a far avanzare il processo rivoluzionario.
L’attacco al cuore dello Stato e l’attacco alle politiche centrali dell’imperialismo sono quindi gli assi di combattimento principali intorno a cui finora le BR-PCC hanno organizzato e dato sviluppo alla guerra di classe di lunga durata.
Per questo motivo, nell’attuale “fase di ricostruzione” il compito dei rivoluzionari è proprio quello di ricostruire attraverso un’attività calibrata e razionale un percorso tendente a mantenere gli assi di combattimento principali, ed è proprio in questo modo che nell’attuale fase si verifica la giustezza della linea politica e si articola la parola d’ordine dell’unità dei comunisti nel processo di costruzione del Partito comunista combattente.
I mutamenti intervenuti negli ultimi due anni nella situazione internazionale con il crollo economico, politico e sociale dell’URSS e del relativo Patto di Varsavia hanno determinato un nuovo “ordine mondiale” dominato dai paesi imperialisti sotto la leadership USA.
Lungi dal raggiungere la tanto decantata “pace mondiale”, tale situazione ha prodotto un passo ulteriore nella tendenza alla guerra, dovuto al concreto sviluppo imperialista con relativo aumento dell’impossibilità di valorizzazione dei capitali sovrapprodotti.
Dopo oltre 15 anni di sostanziale stagnazione nell’economia si passa alla recessione che determina condizioni sempre peggiori per il proletariato di tutto il mondo e per tutti i popoli della periferia imperialista.
La guerra del Golfo, già inscritta all’interno dei mutamenti dei rapporti di forza internazionali, è stata solo il primo assaggio della nuova barbarie.
Questa nuova fase determina con forza la necessità strategica ed epocale di combattere il “nuovo ordine mondiale” imposto sull’ulteriore sfruttamento dell’uomo sull’uomo e specificamente sull’ulteriore subordinazione di miliardi di uomini agli interessi sempre più famelici del capitale.
Impone ad ogni rivoluzionario e proletario cosciente di frapporre la propria attività ad argine di tale disegno criminoso, riaffermando altresì i valori del socialismo a cui dal ’68 in poi le lotte proletarie e l’attività delle Brigate Rosse hanno alluso nel nostro paese.
Rafforza inoltre la necessità di riaffermare il valore dell’uomo rispetto agli interessi imperialisti per costruire una società basata su nuovi rapporti sociali, per garantire la liberazione di ognuno dall’oppressione, nonché la necessità di combattere, dal centro del sistema imperialista alla sua periferia, per far progredire e maturare il processo di liberazione dell’umanità dallo sfruttamento fino al comunismo.
Questa lotta è necessaria e noi sappiamo che è possibile e, sempre più, giusta.
I militanti prigionieri delle BR-PCC: Antonino Fosso, Sandro Padula
Febbraio 1992
Un pensiero su “Roma, processo d’appello Moro-ter – Documento dei militanti prigionieri delle Br-Pcc Antonino Fosso e Sandro Padula allegato agli atti”