Nuclei Comunisti Combattenti – Volantino dell’azione contro la Confindustria

Il giorno 18 ottobre 1992 i NUCLEI COMUNISTI COMBATTENTI hanno attaccato la sede della Confindustria a Roma. Questa iniziativa politico-militare, sebbene riuscita solo parzialmente a causa di problemi tecnici, rappresenta per noi un primo momento del più generale e complesso rilancio della iniziativa rivoluzionaria che le Avanguardie comuniste combattenti devono saper operare all’interno del processo di GUERRA DI CLASSE DI LUNGA DURATA aperto a suo tempo, con la proposta a tutta la classe della strategia della lotta armata. Con questa iniziativa i Nuclei comunisti combattenti hanno voluto attaccare il patto Governo-Confindustria-sindacati, concretizzatosi con l’accordo sul costo del lavoro del 31 luglio scorso, con il quale tra l’altro si è voluta sancire la fine della scala mobile ed eliminare di fatto la contrattazione aziendale, spianando il terreno alla trattativa tutt’ora in corso sulla «riforma della busta paga» e più in generale sulle «nuove relazioni industriali» ossia quel complesso di procedure e meccanismi che regolano il rapporto tra il grande capitale e il proletariato, a partire dai livelli di mediazioni possibili, tenendo conto della maggiore o minore forza che la classe sfruttata assume nello scontro con la borghesia.
Questo accordo rappresenta un punto di arrivo delle politiche anti-proletarie che la borghesia imperialista ha portato avanti negli ultimi anni attraverso i vari governi che si sono succeduti, con la partecipazione attiva degli altri organismi istituzionali, sindacato confederale in testa. Attraverso tali politiche i vari esecutivi hanno operato continue forzature, tese a «ingabbiare» la conflittualità operaia e proletaria, con i continui attacchi al diritto di sciopero, con l’uso sfrenato della precettazione, con l’intervento dei prefetti, magistratura e polizia nelle vertenze sindacali, nella misura in cui queste grazie all’opposizione operaia tendevano a rompere i vincoli imposti dai vertici Cgil-Cisl-Uil.
L’attacco che oggi viene portato contro tutto il proletariato mira a creare le condizioni idonee per un maggiore sfruttamento della forza-lavoro, sia sul piano del suo impiego, (vedi flessibilità e mobilità aziendale, intensificazione dei ritmi di lavoro, etc.) piegando ulteriormente la classe alle nuove esigenze di valorizzazione del capitale, nel quadro della crisi generalizzata.
Un attacco che per ottenere i risultati sperati della borghesia imperialista deve innanzitutto dispiegarsi contro la forza politica del proletariato, contro le istanze più mature dell’autonomia di classe, contro le Avanguardie comuniste combattenti, per impedire che la forte opposizione di classe ai nuovi progetti della borghesia imperialista si traduca in iniziativa rivoluzionaria sul terreno strategico della lotta armata per la conquista del potere politico. In sostanza le modificazioni che la borghesia imperialista intende imprimere nel rapporto con il proletariato rimandano direttamente al più generale progetto di «riforma dello Stato». Nell’attuale quadro internazionale segnato da una profonda crisi economica e dall’accentuarsi dei passaggi della tendenza alla guerra, il processo di ridefinizione degli apparati e organismi politico-istituzionali dello Stato assume un’importanza fondamentale al fine di adeguare i propri organi e istituti di governo tanto alle nuove condizioni in cui si deve procedere nel governo dell’economia, quanto ai nuovi problemi che emergono dai tentativi di governare il conflitto di classe.
Da un lato quindi lo Stato si pone come garante degli interessi generali della borghesia imperialista adeguando il proprio intervento in campo economico alle esigenze generali del capitale multinazionale-moltiproduttivo, (vedi la manovra economica del governo Amato, lo smantellamento dello Stato sociale, le politiche di privatizzazione che ricalcano le politiche liberiste adottate da tempo negli altri paesi della catena imperialista, i processi di deindustrializzazione etc.) dall’altro andando ad affinare e intensificare ciò che ormai è divenuta una politica costante e comune a tutti gli Stati imperialisti: la CONTRORIVOLUZIONE PREVENTIVA.
Nella sostanza il progetto di «riforma dello Stato» tende a sancire i differenti rapporti di forza tra le classi scaturiti in quest’ultimo decennio segnato da una profonda offensiva controrivoluzionaria della borghesia imperialista tesa a recuperare forza di fronte all’incalzare delle lotte proletarie e all’avanzare del processo rivoluzionario diretto dalla guerriglia e in particolare dall’Organizzazione BRIGATE ROSSE – PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE.
La necessità è quella di creare le condizioni idonee per costruire di volta in volta le maggioranze di governo intorno a un esecutivo forte che svincolato dalle spinte antagoniste che si producono nello scontro di classe sappia affrontare incisivamente e in tempi rapidi i problemi posti dall’economia nel suo sviluppo critico, nonché dall’accentuarsi degli elementi di instabilità nel quadro internazionale, andando così a garantire una certa stabilità politica svuotando di fatto il parlamento stesso dei suoi poteri, garantendo il funzionamento della democrazia formale e accentrando i poteri reali nelle mani dell’esecutivo.
In sintesi, nel contesto della crisi generalizzata che investe tutti i paesi a capitalismo avanzato, di fronte quindi ai minori margini di manovra imposti dalla crisi del modo di produzione capitalistico, la borghesia imperialista è posta nella condizione di dover operare delle sostanziali svolte nel governo dell’economia scaricando i costi della crisi sulla pelle della classe operaia e tutto il proletariato, a partire dal costo del lavoro come il blocco dei salari dimostra, con lo smantellamento di fatto dello Stato-sociale attraverso il quale lo Stato può recuperare parte della ricchezza socialmente prodotta da indirizzare a sostegno dei grandi gruppi industriali, intensificando lo sfruttamento dei lavoratori e chiudendo quei comparti della produzione non più funzionali alla valorizzazione del capitale, facendo aumentare così il numero dei disoccupati.
Il tutto in nome dell’«azienda Italia», per recuperare competitività nei mercati internazionali, per permettere di abbassare l’attuale livello del deficit pubblico e mettersi al passo con il resto dei partners europei in vista della scadenza del gennaio ’93, giorno in cui entrerà in vigore il mercato unico europeo, un passaggio questo del processo in atto di coesione politico-economica e militare dell’Europa occidentale. Il «nuovo» patto sociale, la «nuova» stagione dei sacrifici tanto invocata da Governo-Confindustria-sindacati, questi ultimi vere appendici statuali incuneate nel proletariato, deve poter garantire la stabilità politica e la tenuta del governo Amato, svincolando l’esecutivo dall’inevitabile e forte opposizione di classe che si produce nello scontro con la borghesia. Nella gestione di questo delicato passaggio un ruolo di primo piano è assunto tanto dalle forze revisioniste a partire dal Pds quanto da Cgil-Cisl-Uil, le quali ormai appiattite sulle posizioni della borghesia imperialista annullano così anche quei residui di rappresentanza formale a livello istituzionale degli interessi del proletariato (non dimentichiamo a tale proposito le posizioni scioviniste assunte dai vertici sindacali e dal Pds in occasione del massacro del popolo iracheno a opera delle potenze imperialiste Italia inclusa); un ruolo teso a contenere e reprimere le proteste operaie e proletarie, a mistificare la reale natura antiproletaria degli accordi sottoscritti e delle manovre del governo Amato, Una condizione questa dello scontro che ripropone interamente la validità e praticabilità della strategia della lotta armata.
Vent’anni di attività politico-militare della guerriglia e in particolare il patrimonio politico-teorico e militare delle BRIGATE ROSSE – PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE hanno segnato un punto di non ritorno nello scontro di classe del nostro Paese e più in generale nelle metropoli del centro imperialista, la strategia della lotta armata rimane l’unica in grado di affrontare globalmente il nemico di classe dando prospettiva alla questione della conquista del potere politico da parte del proletariato; l’unica prospettiva possibile di fronte alla crisi della borghesia imperialista è la GUERRA DI CLASSE DI LUNGA DURATA, che con l’attacco al cuore dello Stato laddove cioè si determinano i rapporti di potere, e alle politiche centrali dell’imperialismo al fine di ridimensionare la sua forza favorendo così lo sviluppo dei processi rivoluzionari, avanza attaccando il nemico di classe e favorendo la costruzione dell’organizzazione della classe sul terreno strategico della lotta armata per il comunismo. Il livello raggiunto oggi dalla crisi del modo di produzione capitalistico spinge i paesi della catena imperialista a una maggiore coesione a esercitare il proprio dominio in tutte le aree del mondo con il ricorso sempre più massiccio all’uso della forza per far rispettare le regole del «NUOVO ORDINE MONDIALE» a inasprire gli attacchi al proletariato a elaborare manovre economiche-finanziarie che mirano a recuperare i margini di profitto perduti con la grave recessione economica, un movimento questo che procede all’interno della dinamica della tendenza alla guerra imperialista.
Il modo di produzione capitalistico infatti storicamente può trovare soluzione alle sue crisi solamente con la guerra imperialista, con l’immensa distruzione di capitali sovraprodotti, donne e uomini, mezzi di produzione, con l’acquisizione di nuovi mercati e una nuova divisione internazionale del lavoro, solo così la borghesia potrà rilanciare il processo di valorizzazione del capitale. In questo quadro la proposta del FRONTE ANTIMPERIALISTA COMBATTENTE rimane l’unica in grado per costruire la forza materiale per attaccare-indebolire-ridimensionare l’imperialismo in un processo di costruzione di alleanze possibili con tutte le forze rivoluzionarie che combattono l’imperialismo nell’area geopolitica mediterranea-mediorientale.
Ciò che si è potuto verificare, a partire dall’alto livello di integrazione economica e interdipendenza raggiunto dagli stati della catena imperialista, è la necessità che oggi per favorire l’avanzare dei processi rivoluzionari all’interno degli specifici contesti economico-politico-sociali nell’area è indispensabile attaccare e indebolire tutta la catena imperialista.
ATTACCARE IL PATTO GOVERNO CONFINDUSTRIA SINDACATO! ATTACCARE E DISARTICOLARE IL PROGETTO ANTIPROLETARIO E CONTRORIVOLUZIONARIO DI «RIFORMA DELLO STATO»!
COSTRUIRE E ORGANIZZARE I TERMINI ATTUALI DELLA GUERRA DI CLASSE PER ATTREZZARE IL CAMPO PROLETARIO ALLO SCONTRO PROLUNGATO CONTRO LO STATO!
ATTACCARE LE POLITICHE CENTRALI DELL’IMPERIALISMO E IN PARTICOLARE I PROGETTI DI COESIONE POLITICA E MILITARE DELL’EUROPA OCCIDENTALE E DI «NORMALIZZAZIONE» DELLA REGIONE MEDITERRANEO-MEDIORIENTALE CHE PASSANO PRINCIPALMENTE SULLA PELLE DEI POPOLI PALESTINESE E LIBANESE.
COSTRUIRE-CONSOLIDARE IL FRONTE ANTIMPERIALISTA COMBATTENTE!
ONORE AL MILITANTE COMUNISTA DELLA GUERRIGLIA CARLO PULCINI MORTO A TORINO IL 23 MARZO 1992!
ONORE A TUTTI I COMUNISTI E RIVOLUZIONARI ANTIMPERIALISTI CADUTI COMBATTENDO!
COMBATTERE INSIEME!
NUCLEI COMUNISTI COMBATTENTI
per la costruzione del
PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE
Ottobre 1992.
Pubblicato in Fedeli alla linea, Red Star Press, Roma 2015

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