Il dibattito che l’operazione compiuta contro Alessandrini ha scatenato all’interno del movimento rivoluzionario è stato in gran parte privo di una analisi sul quadro generale dello scontro di classe in questa fase, e caratterizzato invece rispetto a schemi interpretativi della realtà e dell’iniziativa rivoluzionaria assolutamente inutilizzabili. Non mette conto, evidentemente, prendere in considerazione per il dibattito le interpretazioni, gli isterismi dei riformisti, stile: “più morti più caos, i terroristi sparano sulla sinistra, nel mucchio, sulle persone perbene non gli sfruttatori, servono alle destre e sono al soldo dei servizi segreti”. Ci interessa molto di più invece riportare il dibattito, il confronto, lo scontro se si vuole, su questioni riguardanti in maniera pertinente una prospettiva rivoluzionaria e la definizione in questo quadro di riferimento, di giudizi sullo sviluppo dell’antagonismo di classe, sulla tattica e la strategia del proletariato e delle sue organizzazioni rivoluzionarie nel suo percorso di liberazione. La mole dei problemi sollevati dalla discussione – dalla questione della legittimità delle organizzazioni rivoluzionarie ad eliminare dei nemici al rapporto fra lotta armata e movimento di massa – non può essere affrontata fuori da un quadro generale che tenga conto delle tendenze dello scontro, dei rapporti di forza fra le classi, della reale posta in gioco in questa fase storica, della maturità rivoluzionaria del proletariato moderno, della mostruosità della macchina che il capitale tenta di sperimentare sulla pelle dei proletari. È di questo che vogliamo discutere, cominciando a fornire alcuni parziali elementi al dibattito con questo intervento che, per il suo carattere di urgenza, ci ripromettiamo di arricchire o di proporre al più presto in maniera più definita ed articolata.
La dimensione nuova dello scontro di classe.
Si tratta di proporre e verificare dei riferimenti precisi che definiscono la dimensione attuale dello scontro di classe, la posta in gioco, e cioè quella capacità di cooperazione sociale, quel livello di rapporto uomo-natura che pone l’attività sociale dell’uomo in grado di modificare tutte le condizioni della sua esistenza. Oggi più che mai ci troviamo di fronte all’alternativa tra un percorso di riappropriazione capillare e globale da parte della classe di tutte le condizioni che permettono l’esistenza e la crescita di un individuo sociale ricco di bisogni e la distruzione da parte del capitale, in maniera drammatica, della vita e dei bisogni dei proletari. A questa dimensione generale dello scontro, che ha come esito il destino dell’intera umanità, è necessario riferirsi: una dimensione che ha come protagonista un proletariato nuovo che lotta per esistere e crescere, che combatte per non essere distrutto, frantumato dall’evoluzione del modo di produzione capitalistico, che nella lotta e nel combattimento esprime una propria socialità antagonista, una propria soggettività dentro e contro un modo di produzione in continua riconversione e riorganizzazione. A colpo d’occhio l’iniziativa proletaria in Italia ha prodotto spezzoni di lotta e momenti di pratica soggettiva che hanno evidenziato e combattuto ogni aspetto della società del capitale: ha evidenziato nella storia delle lotte di questi anni il maturare delle contraddizioni, la risposta del capitale allo sviluppo dell’antagonismo sociale, il saldarsi di questa risposta su scala internazionale, il modificarsi della composizione di classe in questo processo di trasformazione dei rapporti di forza mondiali, il ridefinirsi del proletariato dentro questa nuova situazione: l’imparare ad esistere e a confrontarsi con questa nuova realtà da una parte, e il prodursi, dall’altra, di forme complesse di organizzazione ed iniziativa soggettiva, che sono strumento per la riproduzione dell’antagonismo di classe, ma ancora ben lontane dall’aver offerto alla sezione di classe di questo paese una presa di coscienza, un’indicazione iniziale del peso delle sue lotte nei nuovi processi di trasformazione sociale, che non siano le ciance sull’”anello debole della catena imperialista”, vera panacea per ogni problema politico, definizione universale di ogni speranza rivoluzionaria. In passato si sono elevate alcune esperienze politiche (la rivoluzione bolscevica e quella cinese) a paradigma generale, a definizione perfetta della prassi rivoluzionaria. Successivamente non è esistito alcun soggetto rivoluzionario in grado di compiere un suo specifico percorso di rottura di assetti della società capitalistica e di definire una legge generale di movimento delle contraddizioni di tutta la società dell’uomo. La storia ci ha consegnato più modestamente, ma più utilmente, percorsi completi di sezioni di proletariato mondiale, di soggetti politici che si muovevano nella loro specifica situazione, dentro le contraddizioni generali di questa fase storica. Oggi il grado di sviluppo delle forze produttive, il dispiegarsi dell’antagonismo di classe, da una parte, definiscono il grado di interconnessione, di raggiunta omogeneità fra le diverse sezioni della società dell’uomo, dall’altra il modo di produzione che nasce come risposta del capitale alle contraddizioni di classe di questa fase, si dispiega su tutto il complesso della società: non si dà attività economica e produttiva che possa essere definita isolatamente dalla realtà dei rapporti di produzione complessivi. La semplice conseguenza di questa affermazione è che esistono limiti invalicabili alla lotta rivoluzionaria di una sezione del proletariato che non affronti esplicitamente lo scontro, misurandosi da subito con la lotta che le altre sezioni di classe conducono, producendo effetti determinanti sugli assetti di comando che su di esse pesano. In questa tendenza va sottolineato il rapporto di identità fra la lotta rivoluzionaria e transizione, la distruzione della definizione di una società futura verso la quale comincia la transizione in una qualche par-te del mondo: la società di transizione assume i caratteri della socialità antagonista, oggi da subito: la classe comprende la possibilità di una società nuova unicamente entro un percorso di lotta in continua evoluzione, ma che ha sempre come riferimenti precisi le forme e i contenuti di una socialità antagonista al capitale che il proletario si dà nella sua lotta, da un lato, e le forze che in termini distruttivi si contrappongono alla sua esistenza di individuo sociale ricco e antagonista. Si tratta di un processo enorme di innovazione della composizione di classe, che è realizzato e prodotto proprio dai processi di lotta, di organizzazione politica della classe: è la nascita di un proletariato nuovo che vive e si sviluppa nell’unica dimensione oggi possibile, quella della guerra. Lo schieramento rivoluzionario oggi vive nell’esperienza di lotta delle diverse sezioni di classe e dei diversi movimenti di guerriglia — dalle concentrazioni metropoli-tane del capitalismo maturo, ai paesi emergenti, agli Stati socialisti — che rappresentano riferimenti e fasi concrete della formazione di una cooperazione sociale internazionale e di una coscienza di classe del proletariato internazionale. E con ciò non ci riferiamo tanto a rapporti più o meno diplomatici tra istituzioni politiche, siano essi stati o organizzazioni rivoluzionarie, quanto alla circolazione della critica di massa alle società dominanti, alla circolazione su scala mondiale delle esperienze più o meno transitorie di lotta armata e di esercizio del potere operaio e proletario. Dai cicli di lotta in Italia e in Europa, alle rivolte nei paesi socialisti, ai movimenti popolari e proletari nei paesi emergenti di quest’ultimo anno, alle esperienze di guerra popolare e di guerriglia: si tratta di un tessuto di esperienze che è poi della classe nel suo complesso, che ancora non è vissuta come esperienza unitaria, profondamente contraddittoria, per un’ideologia della lotta rivoluzionaria che sta lentamente andando in pezzi mentre preme per emergere la nozione nuova del processo di transizione rivoluzionaria di tutto il proletariato, come processo complesso che può essere attuale a partire da alcuni riferimenti precisi: dall’antagonismo delle diverse sezioni di proletariato alle esperienze di lotta e di combattimento che oggi si giocano nel mondo. E torniamo così al concreto, cioè il rapporto da costruire tra soggetti politici esistenti, agenti nella dimensione dello sviluppo complessivo della contraddizione fra le classi.
Centralizzazione internazionale del comando capitalistico
La scelta del comando capitalistico per la prossima fase è quella di dare forma istituzionale più precisa, di dare regole più determinate all’assetto sociale, così come si è realizzato dopo un lungo processo di ristrutturazione, di riconversione dei rapporti sociali. È una scelta compiuta a livello europeo, con una forte accelerazione dell’iniziativa capitalistica di concentrazione del potere. Effetti di questo tentativo di ripresa di comando da parte del capitale sono la distruzione della valorizzazione del proletariato come classe antagonista, la ridefinizione dei costi di riproduzione della classe tornata ad essere solo forza-lavoro disciplinata e la ridefinizione del tempo di lavoro necessario. Si tratta, banalmente, dell’operazione contraria a quella compiuta dalla lotta proletaria, che ha dilaniato i costi di produzione, che ha reso impossibile al capitale fare i suoi conti con uno stravolgimento dei ritmi produttivi, del reddito, del salario e dei servizi per la propria riproduzione. La definizione dei nuovi contratti di lavoro, la ridefinizione della scala mobile, la riorganizzazione delle istituzioni che governano il mercato del lavoro con una istituzionalizzazione della mobilità della forza-Iavoro e della molteplicità di rapporti di lavoro a tempo parziale, a tempo determinato sono passaggi necessari per il capitale per sanzionare la frantumazione di ogni lotta operaia, necessità molto chiara dopo la prova di forza dei lavoratori ospedalieri e molti settori del pubblico impiego, cui si risponde con la trasformazione del loro contratto in legge dello Stato. È il tentativo di reimposizione della vigenza della legge del valore, della proporzione determinata di lavoro necessario e pluslavoro, misura assurda della produzione sociale. La capacità di confrontare istantaneamente le condizioni di produzione di ogni parte del mondo è la condizione necessaria per la ricostruzione della macchina sociale del capitale, con il diretto obbiettivo di distruggere soggettività proletaria, la socialità antagonista alle regole di questa macchina. D’altra parte, è un errore politico la sottolineatura esclusiva di questo obbiettivo, poiché il capitale non è diventato un puro mostro sadico: resta vero – e oggi più di prima – che l’unico linguaggio, l’unica descrizione di sé comprensibile a questa macchina sociale sono le qualità della sua valorizzazione, indubbiamente diventate il sogno folle di una macchina impazzita.
E infatti proprio nei paesi socialisti si scopre oggi, dentro una forma di comando totalizzante, che l’unica forma di programma che si contrappone allo sviluppo della soggettività proletaria è quella dell’imposizione delle proporzioni necessarie alla riproduzione del capitale. Questi passaggi si presentano profondamente contraddittori per il capitale, costretto ad accelerare la riorganizzazione degli istituti fondamentali della società, dei ceti sociali che gestiscono il comando: questa accelerazione di un processo di trasformazione attraversa in primo luogo i partiti politici e l’apparato giudiziario, ed il rapporto complessivo tra apparato centrale e decentrato dello Stato. È in questa fase che si manifesta la necessità di esprimere ad un esecutivo in grado di dare forma e forza alla volontà collettiva del ceto capitalistico di reimporre in pieno il proprio comando, anche in presenza di contraddizioni che lo lacerano nei passaggi più difficili di questo processo. Si capisce bene quale sia il significato in cui il comando capitalista sulla società si realizza per una sua estensione ad ogni momento della vita sociale e per l’esistenza momenti di comando sempre più alti cui compete definire i vincoli generali della riproduzione sociale. Si capisce bene quale sia il significato di un nuovo esecutivo a livello nazionale e sovranazionale: mantenere il più possibile compatti i diversi momenti del comando in presenza di un quadro di rapporti di forza tra le classi e tra i centri di potere capitalistico – poli di riproduzione del rapporto sociale di capitale – in trasformazione per un lungo periodo ed in presenza di un polarizzarsi dello schieramento tra le classi. In particolare la necessità di concertare le diverse forme di azione del comando capitalista nasce dal manifestarsi della iniziativa proletaria in forma combattente. Il capitale ha incorporato nel suo esistere una capacità di distruzione delle condizioni che conducono allo scontro di massa, senza peraltro impedire che esso si manifesti, ma limitandone sostanzialmente la tenuta e la continuità, questo ha reso sempre più evidente ai proletari la necessità di trasformare ogni momento della lotta in momento di attacco alle gerarchie di comando, di costruzione di forza proletaria combattente. Mai come in questo momento sono esistite le condizioni per un dibattito di massa sulla guerra di classe, sulla condizione dello scontro di classe con altri mezzi: questa è la condizione per l’apertura di una fase in cui le forze del combattimento proletario siano concentrate e dirette alla realizzazione di una tattica unitaria.
L’esercito antiguerriglia
L’apparato di comando capitalistico si sta concentrando sull’obbiettivo di una sconfitta proletaria che mostri perdente ogni scelta di combattimento come forma dello scontro di classe e sull’annientamento delle forze dei comunisti, che lavorano a rendere possibile questo passaggio nella vita sociale dei proletari, nella loro lotta quotidiana contro lo sfruttamento, a preparare in esso le condizioni per la costruzione dell’esercito proletario, della sua direzione strategica operando da subito per la costituzione di vasti settori della classe in movimento comunista in atto, in forza rivoluzionaria organizzata, in sezione combattente del proletariato internazionale. Dopo aver misurato l’estraneità del proletariato ai suoi progetti, alle sue necessità, l’azione controrivoluzionaria del comando del capitale è profondamente impegnata ad impedire i processi di trasformazione dello scontro di classe capillare in combattimento, in forza comunista capace di organizzare, dirigere e promuovere la guerra di classe in tutta la sua (…) e ad ogni livello di scontro necessario. Il centro delle capacità di elaborazione strategica del comando capitalistico nelle società multinazionali, nei loro momenti di elaborazione coordinata a livello internazionale, lavora a produrre un’amministrazione centrale e decentrata dello Stato, un personale della controguerriglia con un tipo di intelligenza analogo a quello che ha guidato la prima fase della riconversione capitalistica. In particolare tutto l’apparato delle leggi della magistratura che le applica è in trasformazione nel tentativo di dare forma definitiva a nuovi rapporti sociali, a nuove relazioni tra strati che emergono dalla riconversione a nuove forme del governo e dello scontro di classe. In Italia l’Arma dei CC si è evidenziata come l’unico centro sul terreno dell’antiguerriglia capace di indirizzare il lavoro per tutti e sotto la sua supervisione si stanno costituendo gli altri elementi che garantiscano il procedere di questo progetto. Il lavoro di Dalla Chiesa — ormai riconosciuto da tutte le forze politiche — filiazione diretta di tutte le massime esperienze europee sull’antiguerriglia stimola tutte le strutture dello Stato ad adeguarsi: la formazione in tutte le città di nuclei di CC e di magistrati che hanno imparato a lavorare insieme, la creazione della banca dei dati sul terrorismo, la centralizzazione alla procura di Roma di tutte le inchieste e le informazioni che riguardano i comunisti, il controllo sociale, la schedatura generalizzata delle masse, risultano lo scopo principale di tutte le riforme in discussione. La logica della guerra — di cui CC e magistratura si fanno protagonisti – diventa la logica generale in cui regolare i rapporti sociali. In questo progetto si risolvono le contraddizioni fra le varie correnti della magistratura unite nel salvare comunque e a qualunque costo, il “quadro democratico”, la funzione del magistrato (e la sua incolumità fisica) nella logica dell’inchiesta e del processo, messi in discussione dalla guerriglia. In questa logica, alcuni magistrati accettano definitivamente di assumersi responsabilità dirette di costituire e dirigere una struttura di guerra. Interi strati di funzionari “civili” diventano di fatto dei militari; la loro funzione, la loro stessa vita è regolata come quella degli ufficiali in guerra anche se questa è solo una tendenza: non è certo facile proteggere dall’iniziativa dei rivoluzionari tutti questi personaggi. Questo mentre Pertini, il presidente che garantisce l’unità antifascista dei partiti e delle forze sociali, sceglie come consigliere militare il gen. Ferrara, vero governatore dei CC, svolgendo un ruolo che assicura la continuità del potere politico e la centralizzazione degli istituti fondamentali dello Stato. In questa fase, particolarmente rilevante è il ruolo dell’Istituto per i problemi dello Stato del Pci: Pecchioli è di fatto l’alter-ego di Dalla Chiesa, e il suo lavoro garantisce ai CC l’intelligenza e la copertura politica di fronte alle masse. Ma questo personale, alla cui selezione e formazione il comando capitalistico sta lavorando, non è collocato interamente in partiti o associazioni: attraversa in maniera orizzontale tutto lo schieramento politico e sociale e per la sua individuazione non servono classificazioni come “destra” o “sinistra”, conservatori o riformisti, autoritari o progressisti: anche se evidentemente, la penetrazione riformista che le organizzazioni riformiste hanno nel corpo della classe fornisce loro maggiore lucidità, una più alta comprensione politica dei percorsi rivoluzionari. È assolutamente evidente come Alessandrini si collocasse organicamente rispetto a questo ceto politico-militare: da tempo stava lavorando a Milano alla banca dei dati sul terrorismo, guidava un gruppo di magistrati che aveva cominciato a studiare i problemi della lotta armata non solo a Milano e che si occuperà dei processi ai comunisti e alle Organizzazioni rivoluzionarie: il tutto nella completa “clandestinità” , tenendo ad occultare agli occhi (e quindi all’iniziativa) dei rivoluzionari uomini e strutture addette a tale compito, secondo i più stretti insegnamenti dei nuclei speciali di Dalla Chiesa.
I compiti dei rivoluzionari
Non si possono nascondere le difficoltà dei rivoluzionari a colpire le strutture fondamentali dell’antiguerriglia, tenendo presente la necessità di operare una selezione degli obbiettivi secondo criteri di subordinazione ad azioni di guerra, a fronti di combattimento di individuazione dei centri di direzione delle forze nemiche. Va condotto un attacco intelligente che spezzi le articolazioni del comando, che unifichi l’azione di combattimento della classe nelle sue diverse espressioni, che costringa lo Stato a misure prive di respiro strategico e di radicamento nel corpo della società, incapaci di coordinare l’azione capillare di governo dei rapporti sociali di cui la moderna società del capitale ha bisogno. È necessario andare avanti: come ad ogni proletario la prospettiva della lotta pone la prospettiva dei colpi che il nemico di classe porta alle sue possibilità di sopravvivenza, così i servi zelanti del comando capitalistico debbono avere costantemente davanti agli occhi ciò che il proletariato d’ora in avanti riserverà loro. Lo sforzo delle organizzazioni combattenti comuniste deve essere orientato a organizzare il combattimento proletario secondo questi criteri. Il rapporto dei militanti comunisti, dei proletari, con tutta la macchina della giustizia non sarà quindi altro che l’assunzione di una logica di guerra di classe, subordinata al ruolo che ogni proletario, ogni militante gioca nell’organizzazione dello scontro, secondo il criterio di coordinazione crescente di ogni azione di combattimento, di formazione di obbiettivi generali da attaccare e da distruggere, di rovesciamento dei tentativi di frantumazione del fronte proletario in momenti di riaffermazione dell’unità strategica dell’iniziativa rivoluzionaria di lotta, di combattimento di attacco della classe. Organizzare in esercito rivoluzionario i reparti avanzati degli operai e dei proletari comunisti. Costruire il partito della guerra civile di lunga durata.
Milano 1979
Prima Linea
Fonte: PROGETTO MEMORIA, Le parole scritte, Sensibili alle foglie, Roma 1996.