Ivana Sciacca
25 aprile 2015
“Sebben che siamo donne” è il titolo della raccolta di storie di rivoluzionarie, curata dalla scrittrice militante romana Paola Staccioli e presentata ieri al Circolo Experia.
Non è stato casuale l’aver fatto coincidere la presentazione di questo libro, impregnato del coraggio di alcune donne, con la vigilia della Festa della Liberazione. E’ stato voluto per sottolineare l’importanza della donna nei processi di cambiamento e (perché no?) di rivoluzione della società.
Alla serata è stata presente l’autrice e Silvia Baraldini, militante che ha scontato venticinque anni di carcere negli Stati Uniti per le sue attività in sostegno del Black Liberation Army e il movimento indipendentista di Puerto Rico.
Il titolo del libro è rivelatorio in qualche modo e la copertina riporta la fatidica frase usata spesso dai giornali di qualche decennio fa: “Nel commando c’era anche una donna”. E su quell’anche scatta l’amara ironia dell’autrice: come se il fatto che una donna compia una scelta ben precisa sia un evento di chissà quale eccezionalità.
“Non dovete pensare che sia una scelta semplice anelare alla giustizia sociale e intraprendere nello stesso tempo la via della lotta armata. Ogni qualvolta è successo è stato solo perché è stato ritenuto inevitabile” Paola Staccioli lo dice con un tono chiaro e deciso che non tradisce minimamente la sua vocazione di attivista militante. Cominciano a scorrere fotografie storiche e la sua voce inizia a narrare senza pietismo le speranze, la forza, l’audacia di donne che nei movimenti rivoluzionari hanno trovato il sentiero della propria esistenza, anche quando sono state costrette a sacrificarla.
Come la storia di Maria Soledad Rosas, fotografata il primo aprile del ‘98 con le manette ai polsi con il dito medio di entrambe le mani alzato, mentre esce dall’obitorio dopo l’ultimo saluto al suo compagno Edoardo Massari, suicida nel carcere torinese Le Vallette. Qualche tempo dopo sarà lei ad impiccarsi con un lenzuolo al tubo della doccia.
Entrambi considerati ecoterroristi perché iniziatori del movimento Anti-Tav in Val Susa, volto ad impedire la devastazione del territorio mediante “sabotaggi contro mostri di ferro e cemento. Piccoli gesti contro grandi interessi”.
Chi decide di perseguire sino in fondo una scelta consapevole di come volesse fosse il mondo e lotta per ottenerlo sceglie di essere controcorrente, e chi sceglie di essere controcorrente lo fa per amore: amore della libertà, della giustizia e della rivoluzione. Elena, Margherita, Annamaria, Silvia e tante altre sono solo alcuni dei fiori nati sull’asfalto nell’immondezzaio che circonda…