Come prigionieri comunisti esprimiamo la nostra piena solidarietà agli ergastolani, nuovamente in lotta, dal 1° dicembre ’08, contro il “fine pena-mai!”.
È una lotta giusta perché, portando in primo piano l’aberrazione dell’ergastolo, smaschera concretamente l’ipocrisia della funzione “rieducatrice” del carcere. Una lotta che si colloca in un momento di grave decadimento delle condizioni di vita in tutto il sistema carcerario italiano. Le “normali” costrizioni repressive sono acuite in una situazione di sovraffollamento, spinta al limite della sopportabilità. Nella media, 2/3 detenuti sono costretti in celle concepite per una sola persona (con picchi fino a 5).
Questo è uno dei risultati del decadimento generale delle condizioni di vita di gran parte delle masse popolari, e delle campagne repressive che la borghesia e le sue istituzioni mettono in atto per far digerire alle masse stesse gli effetti della crisi del suo sistema.
Questa crisi infatti approfondisce tutte le contraddizioni.
Per gli imperialisti diventa necessario militarizzare il territorio ed aumentare la carcerazione anche nei paesi cosiddetti “avanzati”, dove si estende l’uso della repressione contro le lotte sociali (come nel caso delle denunce a studenti e operai).
Allo stesso modo diventa necessario sviluppare guerre vere e proprie, per l’accapparamento delle risorse e per imporre soglie maggiori di sfruttamento nei paesi del cosiddetto Terzo Mondo.
La lotta contro l’ergastolo ha il valore di essere un segnale controcorrente. Contro la repressione, contro le logiche securitarie, contro il martellare reazionario sulla sicurezza con cui il governo della borghesia ammorba i rapporti sociali, per mantenere il controllo coercitivo sulle masse e riprodurre il suo potere.
Militanti Comunisti prigionieri del processo PCP-M.
Milano, novembre 2008