GIUGNO-LUGLIO 1975
I recenti passi di Agnelli verso la costruzione dello Stato imperialista delle multinazionali.
Dopo la firma di novembre, del “patto sociale” coi sindacati, altro passo del progetto neo-corporativo, G. Agnelli sta attuando una precisa strategia confindustriale attraverso la quale si propone di intervenire direttamente sullo Stato.
Nel suo ultimo discorso all’assemblea annuale della Confindustria ha accusato “l’insufficienza della guida politica”, lo sviluppo del “parassitismo” e degli “sperperi” dell’industria pubblica. Con i ripetuti richiami all’“efficienza” ha in sostanza voluto reclamare “l’efficienza” stessa come nuovo metro per la distribuzione del potere nella società. E poiché in questi anni di “crisi” secondo Agnelli la struttura più solida ed efficace è stata l’industria privata, questa deve diventare il polo di potere economico, politico ed ideologico, lo Stato deve quindi uniformarsi alle esigenze della stessa.
Auspicando un nuovo modo di governare, Agnelli non intende distogliere l’attenzione della DC come ha dichiarato all’“Espresso”, né un calo troppo forte né un grande rialzo elettorale della DC gli vanno bene.
La risoluzione del problema non viene quindi individuata nella modifica degli attuali equilibri politici tra i partiti dell’area costituzionale, ma nel rinnovamento della DC stessa, che deve sempre rimanere il partito di governo nei suoi uomini e nelle sue funzioni. Una DC che sappia assolvere a pieno alle esigenze economiche e politiche delle grandi multinazionali, che sappia quindi stabilire l’ordine imperialista delle multinazionali nelle strutture dello Stato e nella società.
LA RISTRUTTURAZIONE ALLA FIAT
“All’offensiva sono ancora i padroni e non il movimento. Dobbiamo partire nella nostra analisi da ciò che fa il nemico…..”
Le linee sulle quali la FIAT sta sviluppando la propria ristrutturazione rimangono quelle già espresse nelle relazioni di Marzo: “la fase attuale della ristrutturazione alla FIAT”. Ad esse quindi rimandiamo. Qui possiamo solo fornire alcuni elementi che dimostrano ciò che si era già detto.
Nell’assemblea annuale degli azionisti FIAT, G. Agnelli ha ribadito che “il nuovo modello di sviluppo” è inaccettabile e che la FIAT continuerà a puntare in misura massiccia sulle esportazioni di auto all’estero (che sono salite dal 40% al 45% della produzione con una quota di penetrazione sul mercato comunitario salita dal 16 al 17,59%) e a ridurre i consumi interni (la domanda per il settore dell’auto è caduta in Italia del 22%).
Investimenti fatti dalla FIAT nel ’74 hanno raggiunto un massimo mai raggiunto di 353 miliardi contro i 237 miliardi del ’73, ma questi investimenti come si è visto non sono certo andati nel senso del nuovo modello di sviluppo.
Le richieste di cassa integrazione fatte in questi giorni per lo stabilimento di Termini imerese, stabilimento che secondo i programmi del ’73 doveva essere potenziato, dimostra ulteriormente quali sono le tendenze della FIAT.
Nell’attuazione della strategia di “diversificazione produttiva” e sulla linea dell’efficientissimo produttivista, Agnelli ha ultimamente più volte confermato un obiettivo della FIAT: quello che egli chiama “il massimo utilizzo delle risorse del paese” cioè del capitale e della forza lavoro.
Ciò vuol dire massimo utilizzo degli impianti esistenti, quindi massima intensificazione dello sfruttamento operaio, e puntare ad avere la possibilità di trasferire masse intere di lavoratori da settori di produzione ad altri (dall’auto ai progetti speciali, ai prodotti diversificati, ecc…), oltre ad avere una mobilità operaia all’interno di uno stesso settore, che peraltro è già da tempo praticata in modo massiccio. Ma per il raggiungimento di tale obiettivo, l’ostacolo più grosso che la Fiat si trova a dover superare è sempre la capacità di resistenza e di attacco della classe operaia. Il sindacato deve assumersi da una parte buona parte del compito di abbattere questo ostacolo: lo ha ricordato l’avvocato nelle sue recenti dichiarazioni.
Per il finanziamento della sua ristrutturazione, la Fiat punta ad avere fonti di finanziamento non più solo nell’azionariato, che si dimostra di fornire capitali nettamente insufficienti (nel ’74 per la prima volta nella storia, la Fiat è ricorsa alle banche con la richiesta di 396 miliardi).
I nuovi capitali devono provenire attraverso il credito agevolato delle banche e attraverso i finanziamenti diretti da parte del governo, il quale non deve più indirizzare capitali per mantenere in vita strutture “parassitarie” e “inefficienti”, ma deve con questi finanziare la società multinazionale.
La tendenza della Fiat a sdoppiare la produzione a livello internazionale non riguarda solo il settore auto, ma anche il settore veicoli industriali, come dimostra la costituzione ad Aprile del gruppo internazionale IVECO. Esso comprende 16 stabilimenti per la produzione di autocarri, autobus e veicoli speciali, situati in Italia, Francia e Germania, ed ha la sede centrale ad Amsterdam.
Con tale operazione la Fiat oltre a dimensionare la produzione a livello internazionale tende a comportarsi da multinazionale straniera anche in Italia
I centri decisionali ed i capitali del settore sono stati trasferiti all’estero, in Olanda e gli operai degli stabilimenti italiani sono così stati staccati dall’amministrazione torinese. Inoltre la Fiat può godere dei privilegi che lo Stato dà alle industrie straniere che investono in Italia. E’ una operazione simile a quella fatta nel ’74 con la fusione della Fiat macchine movimento terra e la Allis-Chalmers americana.
Il movimento.
Un dato di fatto che caratterizza il movimento operaio alla Fiat in particolare e nelle fabbriche torinesi più in generale è il grande salto politico dovuto alla coscienza del fatto che il terreno di scontro non può più rimanere rinchiuso all’interno della fabbrica, ma va spostato sul terreno decisivo dello Stato.
Su questo terreno dimostra una forte disponibilità alla mobilitazione ma nello stesso tempo un grosso limite in quanto si esprime, almeno in questa fase, con l’occupazione delle case (nella ultima occupazione dopo l’assassinio del compagno Miccichè come in quelle precedenti gli occupanti sono quasi tutti operai di fabbriche medie e piccole o della Fiat); la lotta ai fascisti; l’autorizzazione delle tariffe telefoniche. Dentro alle fabbriche permane quella situazione di lotte spontanee contro gli aspetti della ristrutturazione e l’intensificazione dello sfruttamento, lotte che però sono una forma di resistenza spontanea fuori da una strategia e da una tattica.
Nonostante il movimento e le avanguardie della Fiat rivolgano sempre più la loro attenzione sul terreno politico, non sono ancora state in grado di elaborare una strategia complessiva.
Dopo mesi di disorientamento e di ricerca di tale strategia le avanguardie autonome di Torino si sono raccolte attorno all’obiettivo “riduzione di orario a parità di salario”.
Si tende quindi a cadere sul terreno piattaformistico.
Per quanto riguarda i rapporti tra sindacato e classe operaia vi è una forte perdita di credibilità nella organizzazione riformista che si esprime con la diserzione delle attività sindacali da parte di delegati (nel consiglio di fabbrica delle Ferriere ci sono state dimissioni in massa) ed anche di elementi attivi anche fuori dalla fabbrica.
Per dare un’ulteriore dimostrazione riportiamo i dati degli iscritti alla FLM alle macchine di Mirafiori negli ultimi 3 anni premettendo che questi dati risentono in modo rilevante anche della politica dei trasferimenti attuata dalla Fiat:
Organico 1/6/1974 operai 15.870
Organico ./4/75 operai 18.000
Tesserati FLM ./12/73 5.979
Tesserati FLM ./12/74 5.438
Tesserati FLM ./4/75 4.513
Inoltre vi è sempre più un rifiuto da parte operaia alla mobilitazione per altri obiettivi come dimostrano le lotte sul terreno sociale e come ha dimostrato la “settimana rossa” dove alla testa dei cortei ed all’assalto della sede del MSI erano tutti operai delle maggiori fabbriche torinesi.
Lo sciopero generale del 22 aprile ha registrato un’adesione ed una partecipazione enorme, ma il movimento si era riversato nelle strade sotto il segno dell’antifascismo militante e non tanto per gli obiettivi per i quali tale sciopero era stato proclamato dalle confederazioni. Ma ormai la scadenza importante per il movimento è a dopo le ferie cioè per i contratti. Questo lo sanno bene anche i padroni e già si stanno preparando per arrivare a quella scadenza su una posizione di forza. Analizzare quali sono e quali saranno i movimenti dei padroni per prepararsi a tale scadenza è fondamentale; all’offensiva sono ancora i padroni e non il movimento: dobbiamo perciò partire nella nostra analisi da quel che fa il nemico per riuscire meglio ad individuare la nostra linea di intervento e le nostre scadenze. Vogliamo sollevare la discussione su un punto. Noi sosteniamo che vi sia in atto un chiaro progetto di spaccatura sindacale; questo progetto si può realizzare in due modi: una spaccatura vera e propria con l’uscita delle forze di destra della Cisl e della Uil per costruire poi un grande sindacato giallo in alternativa; mantenendo una battaglia disgregatoria all’interno dei sindacati da parte della destra e con la costituzione di un sindacato giallo abbastanza forte che oltre a condizionare la stessa destra sindacale funga da elemento di riscatto. Rispetto a questa ultima ipotesi il SIDA ha già iniziato a muoversi. Questo sindacato giallo tende a diventare sempre più forte non tanto dal punto di vista numerico bensì dal punto di vista politico. Il SIDA come primo passo si è unificato a livello provinciale con i sindacati autonomi di altre categorie. L’obiettivo di questa manovra è quello di costruire un sindacato giallo con una configurazione più complessiva per far si che abbia un peso politico che possa essere giocato non più solo rispetto alla Fiat ma per più ampi progetti politici.
DIARIO POLITICO DELLA LOTTA ALLA FIAT MIRAFIORI E SPA DI STURA
La lotta che a Mirafiori era partita ad aprire da settori cosiddetti “privilegiati” come i carrellisti ed i gruisti per i passaggi di categoria, sollevando molte contraddizioni tra classe operaia e burocrazia sindacale, si è via via estesa nelle officine e nei reparti agli operai delle linee.
Nel periodo di maggio e giugno, la lotta si è estesa alle Meccaniche e poi alle Presse su piattaforme di officine, raggiungendo livello di autonomia politica ed organizzativa, sia negli obiettivi che nelle forme di lotta esemplare e rivelando l’alta maturità politica della classe operaia Fiat e delle proprie avanguardie. Lo stesso si può ire per la Spa di Stura e per la Fiat di Rivalta.
All’inizio una certa spinta alla lotta veniva pure dal sindacato; per esso mantenere un certo livello di mobilitazione nella fabbrica serviva a mantenere controllabile quel malcontento esistente che sarebbe potuto esplodere da un momento all’altro in modo irrecuperabile sul piano sindacale. Un altro motivo di questa spinta da parte sindacale è dovuta alle contraddizioni generate all’interno delle proprie strutture di base dalla politica di ristrutturazione della Fiat che, attraverso l’uso indiscriminato della mobilità, toglie ogni possibilità ai delegati sindacali di esercitare qualsiasi potere.
Ma quando la lotta ha rivelato tutto il suo antagonismo di classe e il suo carattere offensivo e di potere, il sindacato non ha tardato a darsi da fare per contenerla, pompietarla ed alla fine reprimerla stipulando accordi con la Fiat che aveva l’unico fine politico di ristabilire la pace sociale in fabbrica, premessa necessaria per la “governabilità” del paese.
Vediamo ora, a partire dall’11 giugno, i movimenti offensivi, antagonistici e le contraddizioni della classe operaia Fiat e delle proprie avanguardie.
Mercoledì 11 giugno 1975. Alle Meccaniche di Mirafiori e da ormai tre settimane che la lotta sulle piattaforme di officina si sta sviluppando coinvolgendo sempre più estesi gruppi di operai.
Oggi, nei corridoi dell’off.76, dopo un incontro con la direzione Fiat la quale ha risposto negativamente su tutti i punti presentati nella piattaforma, oltre 2000 operai partecipano ad una assemblea indetta dal sindacato.
Vi è una atmosfera di combattività e di durezza pari a quella che si sentiva nelle officine al tempo del contratto. Alle Meccaniche le avanguardie stanno sul “chi vive” pronte a respingere le provocazioni della fiat che pratica sempre più frequentemente la messa in libertà, e sono decise ad andare fino in fondo alla lotta trovando una forte rispondenza a livello di massa. In tale atmosfera gli operatori sindacali fanno discorsi “di sinistra” ma evitano di pronunciarsi sugli obiettivi della lotta, anche se non vi si possono contrapporre. Gli obiettivi delle piattaforme sono infatti autonomi: si richiedono passaggi di categoria per tutti con un rifiuto netto del discorso della “professionalità”, punto fermo per il sindacato dal contratto del ’73.
Dagli interventi emerge chiara la volontà operaia di dirigere in prima persona la lotta non delegando più nulla a nessuno. Viene denunciata con forza la latitanza dei delegati più legati al sindacato che, sconcertati dallo sviluppo dell’autonomia, non hanno ancora preso posizione nella lotta.
Alla fine dell’assemblea viene deciso di intensificare la lotta.
Otre alle assemblee sono continuati gli scioperi: i carrellisti scioperano 4 ore, un’ora la sala prova motori e un’ora gli operai dell’off.62. A fine turno la Fiat porta il suo attacco alla lotta: ad una linea del montaggio 128 vengono messi in libertà gli operai con il pretesto che i polmoni sono saturi. Nel giro di pochi minuti gli operai iniziano ad organizzare un corteo e subito i capi invitano a riprendere il lavoro: i polmoni si sono improvvisamente svuotati.
Lotte anche alle Presse. All’off.65 (grandi presse) gli operai aprono lo scontro con due ore di sciopero. Anche qui la piattaforma è autonoma: terzo livello per tutti, abolizione del turno di notte, perequazione salariale con la eliminazione degli aumenti di merito. Sempre alle Presse scioperano due ore i collaudatori dell’off.61 e 63 (piccole e medie presse), gli imbraccatori delle off. Ausiliarie e gli addetti alla manutenzione carrelli.
Negli Enti Centrali scioperano tre ore gli operai dell’off. 61.
Anche alla SPA di Stura continua la lotta per le piattaforme di off. Che hanno per obiettivi le categorie, l’aumento delle pause, gli organici. Oggi scioperano in totale 2000 operai. La lotta si è ormai estesa a tutte le Meccaniche: vengono fatte due ore di sciopero su una lunga serie di lavorazione: per la prima volta alle Meccaniche della SPA si forma un duro e combattivo corteo che gira i reparti spezzando i crumiri. La Selleria continua con una certa sistematicità con due ore di sciopero ogni turno mentre in carrozzeria gli operai delle cabine grandi “imbarcano, ogni giorno la produzione”. Questi hanno già portato avanti una lotta durata 15 giorni e sono pronti a ricominciare in quanto la carrozzeria sta mobilitandosi come pure la sala prove.
Gli operai dei pullman già dovevano scendere in lotta ieri ma una decina di trasferimenti sono riusciti a bloccare la mobilitazione. L’unico punto della fabbrica che non è pronto a partire con la lotta è rappresentato dalle 5 linee del montaggio carri: questo è infatti il punto più debole della fabbrica in quanto è predominante la presenza dei delegati della Uil, i quali, avendo fatta loro la linea del “patto sociale”, non fanno nulla per organizzare la lotta.
Anche altre sezioni Fiat sono investite dalla lotta. Alla sezione Produzioni Elettroniche, 250 operai fanno fermate articolate di mezz’ora per qualifiche e ambiente. Alla Fiat Rivalta i carrellisti delle carrozzerie scioperano oggi 8 ore per turno per le qualifiche: altre fermate vengono fatte in verniciatura.
Al secondo turno si possono calcolare oltre 6000 operai Fiat in lotta nelle varie sezioni. Questa fase di crescita della lotta ha quindi definitivamente perso le sue iniziali caratteristiche di frammentarietà e confusione punteggiata da esplosioni improvvise, per assumere quella di un andamento più organico di alto livello politico.
Giovedì 12, alle Meccaniche di Mirafiori i carrellisti del 1 turno scioperano dalle 6 alle 9 al 100% e gli operai della sala prove fanno due ore scaglionate. La Fiat risponde con la messa in libertà: alle 6 e 30 la linea del montaggio motori della 128 ed alle 7 le 5 linee vengono mandate a casa. In quest’ultimo punto le avanguardie cercano di organizzare un corteo ma la debolezza organizzativa gioca a sfavore. Verso le 8 però gli operai del montaggio motori 128, che nel frattempo hanno imposto la ripresa del lavoro, dichiarano subito sciopero ed organizzano un corteo di circa 400 operai che, dopo aver raccolto anche i compagni delle 5 linee, si dirige alla palazzina per imporre il pagamento dell’ora di “messa in libertà”; giunti sotto la palazzina molti compagni spingono per salire in massa, ma poi sale solo una delegazione. I dirigenti rinviano la trattativa su tale questione al pomeriggio e nel contempo dichiarano ufficialmente che faranno ricorso alle multe contro gli operai che dopo la “mandata a casa” continuano a rimanere in fabbrica. In risposta a tale dichiarazione gli operai dell’off. 83 scioperano immediatamente per mezz’ora.
Al cambio turno è la volta dei democristiani che si presentano incauti a fare la loro propaganda elettorale davanti alla porta 17 delle Presse.
Anche se già sanno che a Mirafiori non hanno spazio, tentano lo stesso. Sono tre figuri, REVELLI, GIRARDI, GATTI che per prudenza si mettono di lato, un po’ nascosti. Appena però i compagni si accorgono della loro presenza si radunano tutti intorno al palco, che inizia a vacillare sotto i calci, e insultano l’oratore, lo interrompono e lo scherniscono. Ai democristiani non resta che chiudere in fretta ed andarsene, mentre il palchetto rovina al suolo. Vi è una grosso soddisfazione tra i compagni del PCI che hanno partecipato attivamente alla festa.
All’interno della fabbrica la DC trova un appoggio attivo solo tra gli uomini del SIDA, che in questo periodo pre-elettorale fanno propaganda per gente come PICCO (sindaco uscente a Torino), ARNAUD e DONAT CATTIN.
A Stura continuano con regolarità gli scioperi alle meccaniche molte lavorazioni si fermano anche oggi per 2 ore: anche la selleria continua la lotta e gli operai delle cabine grandi “l’imbarcamento” della produzione, con una perdita giornaliera di 7/8 cabine. Molti piccoli cortei girano per i reparti durante gli scioperi assicurando la totale pulizia delle linee.
Nel pomeriggio la sala prova motori convoca un’assemblea per scendere anch’essa in lotta. E’ una situazione di fermento, in cui i compagni e le avanguardie si adoperano al massimo per estendere la lotta ad ogni punto della fabbrica.
Verso sera, alla trattativa, la Fiat ribadisce la posizione di netta chiusura verso le richieste della piattaforma. I delegati decidono la rottura della trattativa e l’allargamento della lotta in tutta la fabbrica.
A Rivalta c’è uno sciopero compattissimo di due ore dei 1100 operai delle Presse e un altro, sempre di due ore, dei carrellisti della carrozzeria.
Molti altri scioperi si hanno nelle altre sezioni Fiat come all’Osa Lingotto, alle Produzioni Elettroniche, alla Ricambi di Volvera, all’Ages Fiat di Santena. In totale nelle varie sezioni Fiat sono oggi in lotta oltre 9000 operai per vertenze di reparto e di officina.
Durante la notte vengono colpite le auto di due capi off. di Rivalta:
costoro sono DOMENICO CASERTANO e ADOLFO RIZZUTI. Al primo viene distrutta la 124, mentre per l’auto del secondo il congegno incendiario (purtroppo) non funziona.
Intanto la Fiat applica un ennessimo aumento dei listini di alcune auto, che va dal 5% al 7% circa. Tra i modelli colpiti vi è anche la 126, l’utilitaria che per l’operaio diventa sempre più raggiungibile. In proposito il SIDA fa un suo pubblico intervento di “moderata critica” che La Stampa di domani riporterà addirittura nella pagina “economia finanze” senza fare un minimo accenno alle prese di posizione dell’FLM.
Venerdì 13, alla SPA Stura, alla rottura delle trattative è seguito il rilascio della lotta con una crescita enorme dell’iniziativa operaia autonoma. Alle Carrozzerie, che come già si diceva erano pronte a scendere in lotta, scioperano 2 ore gli operai delle Cabine Grandi; la Selleria che già ieri pomeriggio aveva prolungato lo sciopero da 2 ore a 4 ore contro 2 crumiri, stamattina sciopera altre 4 ore: alla puntatrice, una linea dichiara per la prima volta 2 ore di sciopero, se ne aggiungano altri ed entra in lotta anche il punto più debole della fabbrica, la linea del montaggio carri. Infine, per la prima volta in questa vertenza, scioperano ora gli operai dei pullman.
Il sindacato aveva indetto fermate solo per i reparti già in lotta e tutti alla SPA. Vi è quindi una forte spinta alla generalizzazione della lotta alla SPA sulla spinta della generalizzazione anche nelle altre sezioni Fiati: ed al centro del dibattito, al di là degli obiettivi delle varie piattaforme sta la questione del potere.
A Mirafiori i sindacalisti continuano la trattativa; gli operai continuano la lotta, alle Meccaniche, la sala prova e cabine revisioni scioperano 2 ore la linea della 128 continua la lotta contro la “messa in libertà” rimanendo in fabbrica dopo la sospensione. Sempre in meccanica all’off.78, il capo GENERO trasferisce per rappresaglia un rappresentante sindacale che difende un operaio; il reparto prontamente risponde scioperando e chiedendo il trasferimento di GENERO. Ma questo bastardo fa subito un comunicato alla direzione, in cui richiede provvedimenti contro gli operai che hanno scioperato per “abbandono del posto di lavoro”.
Anche alle Carrozzerie qualche cosa di nuovo: gli operai della pomiciatura 131 si fermano un’ora chiedono il passaggio al terzo livello ed un’ora di sciopero viene fatta da quelli della verniciatura 127 per il quarto livello e l’ambiente.
Lunedì 16 giugno, giorno dopo le elezioni. Non si sanno ancora i risultati elettorali e gli operai sia a Stura che a Mirafiori li aspettano continuando la lotta.
Alla SPA non pochi ostacoli si frappongono alla prosecuzione della grande ondata di lotta che venerdì scorso aveva impegnato praticamente tutta la carrozzeria e molti reparti delle meccaniche. Vi è infatti una sconcertante carenza di indicazioni da parte del sindacato, che ad esempio nel volantino distribuito questa mattina, stranamente, ha dimenticato di indicare le ore di inizio dei vari scioperi; inoltre sono assenti dal lavoro molti delegati impegnati ai seggi elettorali. Nonostante ciò i reparti chiave, quelli si cui si conta per la generalizzazione della lotta hanno continuato la fermata con 2 ore di sciopero. La buona riuscita della mobilitazione sta quindi a dimostrare quali livelli di autonomia e organizzazione ha raggiunto la classe operaia della SPA; questo è dunque un dato politico che caratterizza questa lotta. Un altro dato è che i terreni della lotta in fabbrica e dello scontro politico generale non sono in alcun modo separati nella coscienza operaia; questo è stato dimostrato dal dibattito politico sul terreno più generale dello scontro di classe che si è sviluppato tra la classe operaia (non solo della Spa) e ha segnato le varie tappe della campagna elettorale, dibattito nel quale la DC viene individuata come il centro politico della reazione e quindi come nemico da colpire con ogni mezzo fino alla sconfitta (si pensi alla cacciata dei democristiani a Mirafiori).
Anche a Mirafiori, pur essendo oggi lunedì, non è giorno di “morta”:
una seria nutrita di fermare blocca per periodi diversi molti reparti delle Meccaniche.
Martedì 17 sono noti i risultati elettorali.
A Torino il PCI è il primo partito con 305.790 voti, pari al 37%; la DC prende solo 194.747 voti, pari al 24%; una decisa sconfitta per il partito democristiano! La lista di Democrazia Operaia prende 10.500 voti ottenendo un seggio al Comune. La Stampa che esaltava a “Torino Laica” dopo il referendum sul divorzio, deve ora constatare, con molta preoccupazione, che Torino è rossa.
Un’ondata di entusiasmo entra in tutte le fabbriche Fiat. Nei reparti c’è aria di festa ed una accesa discussione che esalta non tanto la vittoria del PCI, come partito, bensì la generale avanzata a sinistra come duro colpo alla DC. Alle Ausiliare delle presse i compagni alzano su una linea una improvvisata bandiera rossa. Sulle linee, durante il lavoro, molti operai se ne stanno con la radiolina all’orecchio per ascoltare i risultati.
Ai discorsi che mettono in luce la stangata democristiana, si affiancano quelli dei proletari che fino ad oggi hanno lottato con l’occupazione delle case, l’autoriduzione delle bollette ecc… e che vedono nel “Comune rosso” la possibilità immediata della soddisfazione dei propri bisogni. E’ con queste richieste, e con la richiesta di potere che viene sempre più forte dagli operai delle grandi fabbriche, che il Comune “rosso” dovrà fare presto i conti a Torino.
Anche la struttura di comando della Fiat ha avuto le sue reazioni ai risultati elettorali nelle officine i capi se ne stanno muti e girano per i reparti con molto timore, per non dire con paura!
Con l’entusiasmo dei risultati elettorali, continua la lotta: il sindacato ha dichiarato per oggi un’ora di sciopero per una serie di reparti della Meccanica di Mirafiori che registra un’adesione totale; la Sala Prove motori allunga lo sciopero di un’altra ora.
Anche alla Spa di Stura l’entusiasmo delle elezioni rafforza la lotta.
Quasi tutte le meccaniche fermano due ore. Alla “linea grande” del montaggio motori, la direzione decreta la “messa in libertà”, gli operai però non se ne vanno e dichiarano lo sciopero fino a fine turno. Al reparto acciai vari operai scioperano dalle 9 e 20 fino a fine turno in risposta all’arrivo dei cronometristi. Contro i carichi di lavoro, gli operai della verniciatura telai scioperano 6 ore. Altre fermate si hanno in Carrozzeria. Vengono decise due ore di sciopero per domani per diversi reparti con l’intenzione di generalizzare il più possibile la lotta.
Alle Meccaniche della Spa, durante le due ore di sciopero, si verifica un episodio abbastanza singolare: gli operai formano un corteo che, dopo essere uscito dalla fabbrica, si va ad accomodare sui giardini antistanti la palazzina, sotto la direzione. Qui una radio viene attaccata agli altoparlanti e per un certo periodo di tempo gli operai presenti ascoltano risultati elettorali tranquillamente stesi sull’erba.
Mercoledì 18 giugno. La riflessione politica sul significato dei risultati elettorali e sul futuro sviluppo dello scontro di classe va avanti dento la fabbrica sull’onda delle fermate di reparto. Alle Meccaniche di Mirafiori scioperano due ore gli operai dell’off.72 per il 4° livello; la prima ora era programmata mentre la seconda ha avuto una gestione autonoma Anche le cinque linee fermano un’ora. In sala prova gli operai del collaudo 127, 131, 132, scioperano due ore in orari diversi determinando il blocco della produzione sull’intera lavorazione per oltre un’ora.
Ma la Fiat non subisce passivamente i colpi e si prepara a sferrare una serie di attacchi diretti alla lotta. Verso le 11 viene messa in libertà la linea della 127 alle Carrozzerie; la manovra coglie di sorpresa gli operai che non organizzano alcuna risposta. Questa prova di debolezza del movimento delle carrozzerie va ricollegato al periodo di stasi che sta vivendo questo settore.
Al secondo turno, durante le ore di sciopero programmate, un piccolo corteo esce dalle meccaniche e si dirige sotto la palazzina, dove si stanno svolgendo le trattative; giunti sul posto, gli operai decidono di mandare una delegazione ad assistere alle trattative. Ma un controllo operaio alle trattative sindacali è per la Fiat una cosa troppo grossa e che quindi non intende accettare passivamente. Verso le 17, infatti, mandata a casa anche per le Meccaniche; vengono messe in libertà le lavorazioni della 127 e della 131.
Ma la risposta operaia è decisa più che mai: dalle Meccaniche 1 e 2 si forma una unico corteo nel quale rimbalza subito la parola d’ordine “Tutti in palazzina!”.
L’imponente corteo di circa 3.000 operai parte al grido “Torino è rossa, dirigenti nella fossa” e “Potere agli operai” e va a presidiare la palazzina. Sotto l’urto di questo imponente corteo si apre subito la porta e un centinaio di operai sale negli uffici dove si svolgono le trattative per imporre il pagamento della messa in libertà. E ciò viene realmente imposto al vice direttore del personale DIONISIO che sotto una tale pressione è costretto a cedere. Così alle 18 e 15 sta per scadere il termine che gli operai hanno fissato per la risposta della Fiat, giunge la notizia che le ore di messa in libertà saranno tutte pagate. Allora al canto di Bandiera Rossa ed al grido di “vittoria, vittoria”, si riforma il corteo che va a girare per le officine.
Anche alla SPA continuano gli scioperi e le fermate di reparto con una spinta ulteriore venuta dagli scioperi e dai cortei dei giorni scorsi che hanno innescato un processo di consolidamento e di generalizzazione della lotta.
Giovedì 19, mentre i giornali riportano le preoccupazioni di Agnelli per i risultati elettorali, alle 7 e 30, davanti alla porta 8 della Fiat Rivalta, un nucleo rivoluzionario armato colpisce, sparandogli sei colpi dei quali solo 4 lo colpiscono alle gambe, il vice capo officina PAOLO FOSSAT, noto persecutore della classe operaia e più volte denunciato e processato dal movimento. Il nucleo armato spara al FOSSAT mentre questi sta scendendo dalla sua 127 con una pistola calibro 7, 65 munita di silenziatore. Le ferite provocate al FOSSATO sono però lievi e la prognosi è di soli 15 giorni.
Sul posto si recano CC di Orbassano con il maresciallo RE, il capitano FORMATO del nucleo investigativo di Torino e la squadra politica della Questura. La zona di Rivalta viene immediatamente bloccata e rimane presidiata da posti di blocco che fermano tutti. L’azione viene gestita con un comunicato dato dalla stampa che riportiamo per intero:
“Questa mattina, alle ore 7 e 45, difronte al cancello n. 8 della sezione Fiat di Rivalta abbiamo colpito nella persona di FOSSAT PAOLO (via De Amicis 11, Rivalta), vice capo officina del reparto di verniciatura, uno fra i più solerti esecutori dell’attacco che, sotto il nome di ristrutturazione, l’azienda torinese sta portando avanti contro l’organizzazione operaia di fabbrica. Le recenti lotte dei compagni di Rivalta, conclusesi con il processo di massa e con l’espulsione dalla fabbrica di altri due capi, l’hanno individuato non solo come fedele galoppino della direzione, ma come principale artefice e diretto responsabile di numerosi provvedimenti disciplinari; licenziamenti, trasferimenti, multe. Nel momento in cui la crisi evidenzia le caratteristiche violente e arbitrarie della schiavitù salariale è compito all’ordine del giorno dell’organizzazione rivoluzionaria smascherare e distruggere le sue articolazioni.
GUERRA DI CLASSE PER IL COMUNISMO
P.S.: onore alla compagna MARA caduta combattendo per il comunismo.
L’Unione Industriale, la direzione Fiat il SIDA e l’FLM prendono subito posizione.
I dirigenti dichiarano “noi capi rivendichiamo il diritto di gestire l’organizzazione della fabbrica”; verso sera un gruppo di capi si reca a chiedere protezione al prefetto di Torino.
A Rivalta l’FLM, sollecitata dalla direzione Fiat, dichiara subito un’ora di sciopero in solidarietà di FOSSAT. Ma come vadano questi scioperi ormai si sa: lo sciopero viene rifiutato. Dove non si lavora è solo perché la Fiat blocca le linee: in carrozzatura, al 2° turno gli operai impongono al consiglio di settore di revocare lo sciopero minacciando di andare in palazzina per chiedere il pagamento dell’ora non lavorata se la Fiat avesse bloccato le linee.
La solidarietà, che doveva essere per FOSSAT, va tutta a favore dell’azione armata. Oltre a questo, per quanto riguarda le reazioni ed il dibattito che tale azione ha suscitato a Rivalta non sappiamo dire altro. Conosciamo meglio le reazioni avutesi a Mirafiori e di queste parleremo man mano, seguendo la lotta. Al mattino, alle Meccaniche, corre la voce che è stato ucciso un dirigente a Rivalta: a livello di massa, le reazioni più negative a questa voce che corre di bocca in bocca, sono di indifferenza, le più positive di entusiasmo. Ma non si sa ancora alcuna notizia precisa e il dibattito non si approfondisce. Intanto la lotta continua con un forte dibattito sulla lotta di ieri pomeriggio: alle 9 iniziano le due ore programmate per la meccanica e gli operai si riuniscono in assemblea. Si aspettano tutti la messa in libertà e tra gli operai corre la voce “se ci mandano a casa, andiamo in direzione e li gettiamo dalla finestra”.
E infatti, alle 10.30, arriva la provocazione di Agnelli, ma questa volta di più grosse proporzioni: tutte le Meccaniche vengono messe in libertà.
Ma di grosse proporzioni è anche la risposta che viene immediatamente data che, al grido “E’ ora, potere a chi lavora” si dirige, più duro e più combattivo di quello di ieri, sul consueto obiettivo: la palazzina dei dirigenti! Qui giunti, un centinaio di compagni sale in direzione e va a scovare DIONISIO per imporgli ancora una volta il pagamento delle ore di messa in libertà. Il grosso del corteo si ferma sotto e presidia la palazzina; sui muri vengono fatte scritte, due bandiere rosse vengono innalzate come testimonianza del potere proletario e gli impiegati vengono “invitati” ad uscire. Dopo un po’, un altro corteo arriva dalla Meccanica 2 e va a rafforzare il presidio alla palazzina.
Questa giornata di lotta entusiasmante, così come quella di ieri, fa rilevare alcuni dati politici che è giusto sottolineare. Una enorme combattività e decisione ormai come un dato costante, la scelta senza mediazioni della palazzina dei dirigenti come obiettivo sul quale indirizzare la forza dei cortei, le parole d’ordine al cui centro sta la questione del potere, testimoniano del livello di coscienza delle avanguardie alla Mirafiori; una inaspettata adesione di massa che dimostra come questi livelli di scontro assolvano ad un bisogno politico di massa; la partecipazione attiva di molti delegati che, rifiutano sempre più la gestione sindacale dello scontro, si ritrovano al fianco delle avanguardie autonome e rivoluzionarie a guidare lotte di potere.
Intanto in direzione, DAZZI (dr. Del personale alle meccaniche) e Dionisio, suo vice, dimostrano che la Fiat ha ormai deciso di porsi frontalmente contro gli operai; Dionisio dichiara che la promessa fatta ieri del pagamento al 100% delle ore di messa in libertà, gli è stata estorta con la forza e gioca a scaricabarile con Annibaldi ed i massimi dirigenti Fiat; alla fine propone la continuazione della discussione all’AMMA in cambio della ripresa del lavoro: i dirigenti sono disposti a trattare di tutto, ma fuori dalla fabbrica e lontano dagli operai. Questa mattina in particolare, e i dirigenti, che hanno appreso con precisione che cosa è successo ad un loro collega di Rivalta, hanno molta paura. La proposta di Dionisio viene però accettata come un grande cedimento della delegazione: la capacità di direzione autonoma della lotta ha fatto un grande salto, ma i pompieri della lotta, i delegati “del patto” hanno ancora un certo peso e sono in grado di farlo valere.
Viene comunque ottenuta una grande vittoria sul terreno della mobilità: cinquanta trasferimenti decretati ieri dalla Meccanica alla Carrozzeria, vengono immediatamente revocati!.
Verso mezzogiorno l’assedio alla palazzina viene tolto ed il lavoro riprende. La lotta di oggi non è stata un’esplosione spontanea, ma è una espressione di un livello ormai consolidato di coscienza e di organizzazione della classe operaia Fiat.
Alla SPA Stura la lotta prosegue incontrando una certa difficoltà alla generalizzazione a causa di una certa opposizione dei delegati dei tre sindacati. Quelli delle UIL in particolare si comportano da veri e propri sabotatori della lotta. Lotta Continua, in un volantino e poi sul giornale, ne attacca uno di questi: costui si chiama NARDI e si fa aiutare da un gruppo di delegati UIL che lui organizza.
Venerdì 20 giugno. La prosecuzione della lotta, dopo gli enormi cortei dei giorni è orami un dato costante. In diverse lavorazioni delle Meccaniche di Mirafiori anche oggi viene fatta un’ora di sciopero; alle off.81, 82, 83 quattrocento operai scioperano 2 ore per il 4° livello e la perequazione salariale; viene anche decisa l’entrata in lotta per la prossima settimana degli operai che lavorano agli ingranaggi delle off. 73,74,75. Le off.71 e 72 fanno un’assemblea di un’ora e mezza nella quale il dibattito viene incentrato sul come organizzare la lotta per rispondere agli attacchi della direzione aziendale; viene anche duramente condannato un comunicato della Fiat (un grosso manifesto verde) che la direzione ha fatto attaccare, in tutti i punti dove era possibile attaccarlo, dentro la fabbrica. Ne riportiamo alcuni stralci per far meglio capire il clima esistente alla Fiat. Il comunicato inizia così: “Episodi di intimidazione, di violenze, addirittura di ferimenti di persone, si sono succeduti in questi ultimi tempi contro dirigenti e capi” e dopo aver parlato di FOSSAT, prosegue: “nel corso di uno sciopero…..il Direttore (Dionisio, n.d.r.) è stato costretto da alcuni facinorosi (oltre 2.000 operai) penetrati con la forza nella palazzina degli uffici, ad accogliere richieste relative a temi che erano in discussione con le organizzazioni sindacali”. La Fiat dimostra tutta la paura che questa situazione le incute, ma dimostra anche la propria volontà di porsi sul terreno dello scontro frontale contro quel movimento che neppure più il sindacato riesce a controllare. Quali le mosse future della Fiat, sia a breve che a lunga scadenza, non pare difficile capirlo. Una più attenta valutazione su quest’ultimo punto andrà comunque fatta.
All’off. 67 (sett. Presse) L’attacchinaggio dei comunicati della Fiat viene fatto da due uomini del Sida che sono…..
Ma molti di questi manifesti non rimangono a lungo in quanto vengono subito strappati da compagni ed operai.
Nel contempo si sviluppa il dibattito sull’azione armata contro Fossat.
L’entusiasmo, il consenso generalizzato, l’incazzatura contro il sindacato per l’ora di sciopero proclamata a Rivalta, sono elementi che chiunque può cogliere. Ma il dato nuovo e più positivo è che anche questo livello di scontro, è ormai recepito ed accettato a livello di massa; la grande vittoria elettorale delle sinistre, le lotte vincenti di questi giorni rendono legittimo nella coscienza di tutti i compagni, compresi molti del PCI, l’attacco armato che nuclei di avanguardia portano alla struttura di comando. Ma soprattutto si p verificata negli ultimi tempi una grossa maturazione politica delle avanguardie che ormai individuano l’attacco ai capi, dirigenti, fascisti ecc…., come un terreno di scontro da praticare e da generalizzare. Tentativi di organizzazione su questo terreno già si sono avuti, oltre, naturalmente, a quel nucleo di avanguardie che ha operato in modo eccellente a Rivalta. All’off. 76 delle Meccaniche di Mirafiori, ad esempio, alcune settimane fa, un gruppo di avanguardie autonome appende sui muri un manifesto, nel quale vengono denunciati due capi, in modo semiclandestino.
Un altro fatto è rappresentato da un bollettino operaio, uscito qualche giorno fa, che si propone lo scopo di “denunciare per nome e cognome e smascherare i responsabili della politica padronale, individuarli nei loro luoghi di provocazione, indicarli a tutti gli operai” e pone l’invito a tutti gli operai a muoversi su questo terreno.
Anche la Fiat non se ne sta ferma nella sua opera di attacco alla lotta e, visto che non riesce a spuntarla alle Meccaniche, sposta ritorsioni nuovamente alle Carrozzerie: alle 20 vengono messi in libertà gli operai della verniciatura e del montaggio della 132. Gli operai accennano ad un piccolo corteo, ma poi se ne vanno. Ma diversità dell’atteggiamento operaio di fronte alle provocazioni della Fiat, tra le Meccaniche e le Carrozzerie, è la conseguenza del vuoto di iniziativa esistente in questa sezione che è sempre stata, ai tempi dei contratti, la più combattiva e la più “esplosiva”. La classe operaia delle Carrozzerie di Mirafiori dimostra la propria incapacità di uscire dallo spontaneismo e di sapersi costruire un’organizzazione autonoma stabile. In tale situazione riescono ad avere buon gioco i liquidatori della lotta, i fautori del “patto sociale”, che non fanno nulla per promuovere la lotta alle carrozzerie, evitando addirittura di parlare della lotta sviluppatasi alle Meccaniche, e stipulano accordi sulla mobilità con la direzione, senza quasi informare gli operai.
Alla SPA, anche stamane vengono fatte due ore di sciopero in tutte le Meccaniche, registrando una partecipazione massiccia, un piccolo corteo gira per le officine a caccia di crumiri. Vengono decisi per stasera e domani i picchetti alle porte, in coincidenza con lo sciopero del turno di notte alle Meccaniche e per impedire gli straordinari al sabato, in quanto questi sono stati insistentemente richiesti dai capi in quantità rilevante.
Intanto la Fiat lancia sul mercato un nuovo modello di auto, la 128/3P, il cui presso supera i due milioni e mezzo. Ciò dimostra quali siano gli orientamenti produttivi della fiat nel settore auto in Italia.
Lunedì 23 giugno. Alla trattativa in fabbrica si accompagna quella a Roma, alla quale partecipa, al fianco dei massimi dirigenti Fiati, il vice direttore dell’Unione Industriale di Torino, Aldo Baro. I tre segretari dell’FLM ribadiscono qui la loro volontà di contribuire sulla strada della ristrutturazione. I dirigenti Fiat dichiarano di accettare parzialmente il discorso dell’”arricchimento e della rotazione delle mansioni”. Non vale la pena ripetere che ciò vuol dire cumulo delle mansioni e mobilità nelle officine. Questo è ciò che è rimasto del tanto fumo fatto sulla “nuova organizzazione del lavoro”, visto che ormai le isole di montaggio (la Fiat ha ribadito la propria chiusura su questo discorso) si sono dissolte come neve al sole.
Per oggi il sindacato non ha dichiarato ore di sciopero, ma la lotta va avanti lo stesso: due ore di sciopero vengono fatte nelle off. 65 e 67 delle presse di Mirafiori, alle Carrozzerie e presse di Rivalta ed alle presse del Lingotto. Alla SPA la situazione sta bollendo: oggi, quasi tutte le officine scendono in sciopero per tre ore.
Verso le due di notte, una bomba carta viene fatta esplodere nel cortile della villetta, in via del Colletto a Pinerolo, del Capo Officina della Fiat di Rivalta GIACOMO FARINETTI.
Martedì 24 Giugno, a Torino è festa del patrono; nella varie sezioni Fiat non vengono organizzati i picchetti contro gli straordinari.
Mercoledì 25 giugno. Da Roma le trattative si spostano all’AMMA, a Torino.
Qui, la Fiat pone come punto primo di discussione la richiesta di 1580 trasferimenti dalle officine meccaniche di Mirafiori, Rivalta, Lingotto alle officine di carrozzeria degli stessi stabilimenti.
In fabbrica continuano le fermate, per le meccaniche il sindacato dichiara due ore ma i carrellisti ne fanno tre. Alla sala prove viene fatta un’assemblea sui due turni: il sindacato riparla dei passaggi di livello legati alla professionalità.
Alle Presse, l’FLM, dichiara due ore di sciopero per le off. 67, 65, 63, 61, ed ausiliarie. Ma questo sciopero, al di fuori che l’off.65 dove riesce meglio, nelle altre officine riesce male: pochi operai scioperano.
Questo fatto impone una riflessione alle avanguardie sullo stato e sulle esigenze del movimento. Alla mal riuscita dello sciopero alle Presse hanno contribuito diversi fattori: principalmente poca chiarezza sugli obiettivi dovuta anche al sindacato che continua ad opporre alla richiesta operaia del 3° livello per tutti, il discorso dei passaggi di categoria legati alla professionalità, ostinandosi ad andare a ricercare le aree professionali dove ormai non esistono più, cancellate dalla ristrutturazione.
La sezione Presse è infatti una tra le più colpite dalla ristrutturazione interna che passa, oltre che con una mobilità pazzesca, attraverso l’introduzione di macchinari super-automatizzati che, oltre a far scomparire ogni area professionale, permettono alla fiat di aumentare la produzione diminuendo l’organico. Un altro motivo per il quale lo sciopero è riuscito male, è rappresentato dalla situazione di sempre maggior rifiuto da parte operaia delle forme di lotta sino ad ora adottate, cioè delle due ore di sciopero fatte due o tre volte la settimana. Gli scioperi col “contagocce” (così come vengono definiti) sono ritenuti inutili e l’esigenza diventa sempre più quella di passare a forme di lotta più incisive: frequenti sono i richiami alla lotta della SPA e a quella delle Meccaniche. Ma il fatto gravo è che la debolezza dell’organizzazione operaia autonoma delle Presse non è riuscita a cogliere e a rilanciare questa spinta operaia realmente esistente nelle officine, permettendo, di conseguenza, il determinarsi di tali situazioni, nelle quali il rifiuto della forma di lotta “inutile” non è accompagnato dallo sviluppo di forme di lotta che sappiano meglio assolvere ai bisogni politici del movimento. La passività e la latitanza dei delegati sindacali non aiuta certo la risoluzione di questa situazione. All’off. 65 (grandi presse), grazie ad una forte organizzazione autonoma che si è costruita e rafforzata passo a passo dalle lotte del ’73, si riuscirà a superare questa situazione e la lotta darà gli sviluppi che vedremo, mentre nelle altre officine (61, 63, 67) la lotta avrà sì uno sviluppo ma molto più contenuto.
Alla SPA, la situazione che già nei giorni scorsi stava bollendo, sta per esplodere. Anche qui la lotta “col contagocce” è sempre meno gradita ed alle due ore di sciopero dichiarate dal sindacato per le meccaniche, non si registra una grande partecipazione. Ma anche qui la scarsa riuscita dello sciopero non è dovuta al fatto che la classe della SPA si crumira, e la dimostrazione di ciò non tarda ad aversi.
Giovedì 26, dal malcontento si passa all’indurimento e dalla generalizzazione della lotta: gli operai, più di mille, del turno di notte entrato ieri sera, attuano il blocco dei cancelli. E’ come una scintilla che incendia un campo di grano. Gli operai del turno del mattino prendono immediatamente il posto di quelli della notte: vengono organizzate le ronde nei reparti per gettar dalla fabbrica i pochi crumiri, i capi e gli impiegati che man mano vengono scovati. E’ un blocco durissimo forte più duro di quello del ’73; vengono lasciati entrare solo gli operai che vogliono dar man forte al blocco; neppure quelli delle imprese possono entrare; nella strada si formano lunghe file di camions che dovrebbero portare la merce dentro. Per tutta la mattina il blocco rimane nonostante i frenetici tentativi dei sindacalisti di far smobilitare tutto. Il pompieraggio dei revisionisti, di questi liquidatori della lotta, non ottiene risultati e la fabbrica rimane completamente in mano agli opera. Le bandiere rosse ai cancelli come testimonianza del potere proletario, la durezza della lotta, i picchetti sempre più numerosi e combattivi, una compattezza ed una unità esemplari, sono un passo importante e di grosso rilievo nell’evoluzione dello scontro di classe non solo alla SPA, ma anche in tutte le altre sezioni Fiat.
Al secondo turno, gli operai che non si fermano a presidiare, se ne tornano subito a casa. Di fronte a tale unità e compattezza, i fascisti, i provocatori del Sida non trovano alcuno spazio per il loro interventi canaglieschi e preferiscono non farsi neppure vedere.
Il livello di organizzazione raggiunto alla SPA, fa sentire ad Agnelli i primi sintomi negativi della politica dei trasferimenti. Infatti, la maggior parte delle avanguardie trasferite dalla Mirafiori sono state mandate alla SPA, con il rifiuto di disarticolare sì la lotta a Mirafiori, ma di favorire una nuova situazione di lotta.
Di fronte a tale situazione, la Fiat dichiara la sospensione delle trattative, dimostrandosi disponibile a riaprirla in cambio del rientro nei confini tradizionali della lotta.
Ma questa non può essere altro che una manovra di ricatto per i sindacalisti e non per gli operai che proseguono con la massima risolutezza nel blocco dei cancelli.
Vista la inefficienza di tale manovra, la Fiat imbocca nel pomeriggio un’altra strada che è quella di riaprire la trattativa e cercare di arrivare al più presto ad un accordo col sindacato. Su questa proposta non trova certo riluttanti e riformisti, che interessati anch’essi al ristabilimento del controllo sulla classe operaia della SPA, accettano di buon grado e danno subito alla fiat una prova della loro serietà: verso le 17 riescono a far togliere i picchetti, questa spina nel fianco di chi auspica la pace sociale. La fabbrica rimane però ugualmente bloccata: linee ferme, luci spente, nessuno lavora. Non si può qui gridare al cedimento delle avanguardie rivoluzionarie, che sotto le pressioni dei sindacalisti hanno tolto i picchetti; si può solo dire che l’organizzazione autonoma alla SPA di Stura e molto giovane e perciò ancora debole sia organizzativamente ma soprattutto politicamente. La lotta di questi giorni contribuisce notevolmente alla propria crescita.
Verso le undici di sera i cancelli si riaffollano all’arrivo del turno di notte, quello che aveva dato inizio al blocco, ed il presidio riprende.
Alle Meccaniche di Mirafiori, la situazione è sempre buona ed alle Presse, nonostante la scarsa riuscita dello sciopero di ieri, la situazione si sta riprendendo; diverse fermate vengono fatte in diverse lavorazioni ed officine di queste due sezioni, con una buona partecipazione. Alla sala prove lo sciopero è di otto ore.
La Fiat, continua a far sentire la propria autorità attraverso l’uso della mandata a casa: questa volta vengono colpite le Carrozzerie e le Meccaniche.
Alle Carrozzerie ancora una volta non viene organizzata nessuna risposta; al contrario, alle meccaniche un corteo di circa 400 operai si forma immediatamente e si dirige in palazzina per il pagamento della messa in libertà.
La stampa di stamane si lamenta dei “975 scioperi di reparto riguardanti piccoli gruppi di lavoratori e per periodi limitati da un quarto d’ora ad un’ora al giorno avutisi alla Fiat negli ultimi due mesi”. Accanto a questa manifestazione di preoccupazione per la situazione esistente alla Fiat, La Stampa riporta le pesanti dichiarazioni che Agnelli ha fatto a Venezia in riferimento ai prossimi contratti: qui l’avvocato ha decisamente affermato che ogni trattativa sindacale sarà condizionata dal problema della maggiore produttività e dalla flessibilità della forza lavoro; ha inoltre detto che non esiste, e non potrà esistere, alcuna disponibilità ad un miglioramento dei salari e della normativa se non vi sarà una ripresa di incremento della produttività a tutti i livelli. E’ con queste dichiarazioni di guerra che i padroni prendono posizione rispetto alla stagione contrattuale, ed a queste il sindacato dovrà dare presto una risposta.
Venerdì 27 giugno.
Alla SPA il blocco dei cancelli continua fino alle 6 di stamane, fino a quando, cioè, i sindacalisti vengono davanti ai cancelli ad annunciare che è stata raggiunta una bozza d’accordo con la Fiat. Con i megafoni invitano pressantemente gli operai ad entrare in fabbrica; poche le parole sui punti dell’intesa, la preoccupazione più grande dei sindacalisti è che il lavoro venga ripreso e la situazione si normalizzi. Il blocco viene così tolto con grande sollievo di Agnelli e dei riformisti. Ma ciò non è indolore: davanti ad alcune porte si chiede l’assemblea fuori dai cancelli e in diversi casi gli scontri tra compagni e sindacalisti non sono solo verbali. Nelle assemblee che poi vengono fatte dentro la fabbrica, nonostante il numero di presenti sia limitato, vi è uno scontro durissimo tra le avanguardie autonome ed i sindacalisti, appoggiati questi ultimi dai delegati del PCI. Molte contraddizioni si sono aperte nelle stesse strutture sindacali: molti delegati ed alcuni operatori sindacali non se la sentono di difendere l’accordo. Ma i sindacalisti, per vanificare le critiche e le proposte di continuare la lotta, arrivano persino a dire che l’accordo è già stato firmato definitivamente e non vi è più nulla da fare, mentre è stata solo firmata una bozza d’intesa.
Al pomeriggio, gli operai del montaggio motori piccoli tentano uno sciopero contro l’accordo, ma la debolezza organizzativa gioca a sfavore.
Non ci interessa scendere nella critica dei punti specifici dell’accordo; questo lo lasciamo fare a coloro che si pongono a “sinistra” del sindacato, ma sempre su una posizione piattaformistica. La firma dell’accordo alla SPA è politica; ed è sul terreno politico che le avanguardie devono ora riflettere. Su questo punto non ci soffermiamo per ora, ma vi ritorneremo più avanti.
Lunedì 30 giugno.
La lotta della SPA è stata chiusa, ma padrone e sindacato non sono riusciti a cancellare quel fattore di spinta che tale lotta ha rappresentato per le altre sezioni Fiat e soprattutto per la Mirafiori.
In questa ultima sezione, infatti, la lotta sta avendo sviluppi molto importanti. Alle carrozzerie, dopo il lungo periodo di stasi e di vuoto di iniziativa, riprende la lotta, al primo turno scioperano un’ora per il terzo livello gli operai delle linee che oliano le macchine. Lo sciopero intasa e blocca completamente la produzione; i piazzali si riempiono ed il montaggio motori rimane fermo per due ore. E’ un colpo grosso per la Fiat, tanto che il direttore del personale scende nei reparti per chiedere la ripresa del lavoro. Al secondo turno si fermano per due ore le cabine antirombo.
Alle Meccaniche la lotta prosegue con due ore di fermata in diverse lavorazioni. Alle Presse si riunisce il consiglio di settore. Il discorso che più preme fare ai sindacalisti sugli obiettivi è sempre quello del riconoscimento delle aree professionali per i passaggi di categoria; per quanto riguarda l’organizzazione della lotta, invece, tendono a mantenere il vuoto dell’iniziativa.
Molti delegati, però, premono per l’indurimento e la generalizzazione della lotta; la riunione si chiude senza proposte o programmi precisi.
Allee 19, nell’ora di pausa per la cena, vengono fatte le assemblee in mensa.
Alla volontà dei sindacalisti di liquidare la lotta, gli operai dell’off. 65 (grandi presse) rispondono dichiarando sciopero fino a fine turno; si forma subito un duro e combattivo corteo di circa 300 operai, che gira anche nelle altre officine delle presse per trascinarle nella lotta. Ma sia all’off. 67 che alla 63, aderiscono al corteo solo le avanguardie, mentre il resto degli operai sciopera non compatto solo per due ore. Dopo aver girato per l’officina, il corteo si dirige subito a bloccare i cancelli. E’ la seconda volta nel giro di due mesi che le presse vengono presidiate (la volta scorsa sono stati bloccati i cancelli contro la mandata a casa). Il blocco prosegue fino a fine turno, per poi passare agli operai del turno di notte che entrano solo per ritirare la busta paga, poi escono compatti estendendo anche la lotta alle ausiliarie.
All’off. 68 (lastroferratura) viene licenziato un compagno per “assenteismo”. La squadra sciopera immediatamente due ore. La lettera di licenziamento è firmata dal direttore MILLO.
Martedì 1 luglio, al mattino le off. 67 e 63 rimangono ferme fino alle 7 per discutere sulla continuazione della lotta. La 65 dichiara la prosecuzione dello sciopero fino a fine turno ed altre 8 ore per il secondo turno; le altre officine, invece, dichiarano solo 2 ore di sciopero.
Alla 65 l’adesione allo sciopero è totale, e non poteva essere diversamente; un corteo di 300 compagni gira duro e combattivo per le officine; il canto di “bandiera rossa” e le parole d’ordine “E’ ora, è ora, potere a chi lavora” e “Il potere deve essere operaio” echeggiano instancabilmente nei reparti; lo striscione del consiglio di fabbrica che in genere veniva portato nei cortei, viene abbandonato e sostituito con un altro, il migliore che si trova nella sede sindacale interna, che porta la scritta “no al fascismo”. Fino alle 9 il corteo gira mentre nuclei nutriti di compagni, come di consueto, presidiano le linee perché nessuno lavori.
Durante il corteo alcuni compagni sabotano il collegamento elettrico di alcune presse.
Alla 67, le due ore di sciopero dichiarate stamattina registrano una scarsa partecipazione; la situazione venutasi a creare nei giorni scorsi perdura, ed ancora una volta il pompieraggio e la latitanza dei delegati del “patto sociale” vince sulla debolezza del movimento.
Al secondo turno, come previsto, la 65 non attacca neppure a lavorare e prosegue fino a fine turno, con l’organizzazione di un corteo che gira per le officine. Stessa cosa fa il turno di notte.
Lo sciopero ad oltranza dell’off. 65 mette già in difficoltà la Fiat che è costretta per mancanza di pezzi a far tirare a ritmi dimezzati le linee della carrozzeria; questa volta sotto il terrore che la lotta possa generalizzarsi anche alle carrozzerie, la Fiat preferisce ridurre i ritmi invece della solita mandata a casa:
Alle Meccaniche un’ora di sciopero blocca diversi reparti. La critica a questi scioperi di una o due si fa sempre più esplicita; proprio in relazione a ciò in alcuni reparti lo sciopero ha registrato una lieve flessione. Alle officine ausiliarie della meccanica 2, un corteo di un centinaio di compagni si dirige alla palazzina senza motivi specifici, ma con il solo intento di indurire lo scontro.
In Carrozzeria si riuniscono in assemblea le officine collegate. Dai discorsi e dai commenti degli operai si avverte un certo fermento per il rilancio della lotta. Il sindacalista afferma che la lotta alle presse si sta sgonfiando; è un vero sabotaggio in quanto non si vuole neppure propagandare lo sviluppo della lotta delle presse, come già è stato fatto per quella delle meccaniche, per paura che le carrozzerie possono essere contagiate.
Mercoledì 2 luglio. L’off. 65 prosegue lo sciopero ad oltranza con una durezza e una compattezza tremenda. Il primo turno forma subito un corteo che gira per le officine cercando anche di coinvolgere la 63. Poi si dà come obiettivo preciso, come ormai in tutte le sezioni Fiat, la palazzina dei dirigenti.
Verso lee 9, riprende la trattativa in palazzina e il corteo scorta la delegazione fin sotto gli uffici della direzione; qui arrivato si ferma a presidiare fino a mezzogiorno, l’ora in cui la delegazione ritorna. In questa trattativa la Fiat dimostra di voler andare ad uno scontro frontale: sui punti della piattaforma pone un netto rifiuto o fa concessioni del tutto provocatorie. Inoltre la Fiat si prepara a tale scontro con le sue bieche manovre; ultima in ordine di tempo è il trasferimento di una grande quantità di stampi dalle linee dell’off. 65 e di lamiere a Rivalta e al Lingotto con lo scopo di garantirsi la produzione altrove, per poter tenere duro nello scontro con la lotta della 65. La manovra iniziata alle 8 di stamani è di grosse dimensioni: si parla di 80 camion carichi. Altre manovre di divisione vengono tentate in questi giorni all’off. 67 dove la direzione concede sotto banco, alcune categorie dietro contrattazione individuale.
Lo sciopero del primo turno prosegue fino a fine turno; ed il secondo turno appena entrato organizza subito il corteo. Verso le 16 le manovre della fiat subiscono una dura risposta. Il corteo, dopo aver girato nelle officine si dirige a presidiare il cancello 14 per impedire l’uscita dei camion con gli stampi. I sindacalisti cercano subito di far togliere i blocchi sventolando come spauracchio la possibile rottura della trattativa. Ma tali ricatti non hanno alcun perso: la questione è il potere, non la trattativa! Il blocco continua con una partecipazione attiva a livello di massa; nessun camion riesce più ad uscire. La direzione cerca allora di farli uscire da un’altra porta non sottoposta direttamente al controllo operaio. Ma la vigilanza effettuata dagli operai non lascia molto tempo a questa manovra e la voce di ciò che sta succedendo arriva subito al picchetto della porta 14.
Qui, senza bisogno di indicazioni, un grosso gruppo di operai parte e si dirige a bloccare anche questo nuovo punto; questa volta non viene fatto un normale picchetto, bensì una vera e propria barricata dentro la fabbrica con cassoni, cassette, asce, e tutto ciò che può servire allo scopo. Vista l’efficienza di ciò, la barricata viene controllata ed in seguito viene aperto un varco sufficiente per lasciar passare le autoambulanze, le auto ecc… ma nessun camion viene lasciato filtrare. Il dato significativo di questo episodio è che la sua realizzazione non è stato il frutto di un’indicazione precisa delle avanguardie che hanno diretto la lotta dall’inizio, ma il frutto della creatività di uno strato di avanguardie di lotta nate nel corso della lotta stessa. Sempre durante il blocco, alcuni compagni si organizzano e sabotano la produzione finita “rigando” con dei chiodi diverse 131 pronte ad uscire.
Grande preoccupazione, intanto, all’Amma dove Fiat e sindacati stanno dandosi da fare per cercare di arrivare ad un accordo che normalizzi la situazione e riserva il problema del “pulviscolo di vertenze”.
Ma la Fiat continua ad attaccare anche in fabbrica: alle 21 viene decretata la messa in libertà per le carrozzerie e durante il turno di notte alla 65 vengono racimolati un gruppo di crumiri e viene fatta andare una linea.
A Rivalta gli operai del primo turno alla carrozzatura scioperano due ore ed organizzano un corteo di 200 operai che gira per l’officina. Al secondo turno un altro corteo parte dalla carrozzatura e dalla verniciatura e dopo aver percorso molte officine, esce dalla fabbrica e si dirige sotto la palazzina dove viene tenuta una assemblea. In 200 poi riprendono il corteo e giungono alla lastroferratura che scende anch’essa in sciopero.
Giovedì 3, il sindacato ha dichiarato due ore di sciopero anche alla Fiat per la vertenza dei trasporti. All’off. 65 lo sciopero viene prolungato fino a sei ore. Alle carrozzerie, la lotta che era partita lunedì ha oggi uno sviluppo esplosivo: il secondo turno, che vuole rispondere alla mandata a casa di ieri sera, non attacca neppure a lavorare, dalla lastratura e dai montaggi si forma un corteo di oltre 2.000 operai che esce dalla fabbrica e si dirige sotto la palazzina di corso Agnelli (p.ta 5) dove tiene un’assemblea. Poi il corteo rientra nelle officine e prosegue lo sciopero fino a fine turno.
A Rivalta lo sciopero di due ore viene prolungato dai 2.000 operai del montaggio contro il licenziamento di un operaio.
Venerdì 4 luglio viene firmato nel pomeriggio all’Amma un’ipotesi di accordo tra la Fiat e l’FLM.
All’off. 65 la lotta prosegue ugualmente. Al 2° turno gli operai lavorano fino alle 20, poi riprendono lo sciopero fino a fine turno andando a bloccare i cancelli 15-16 e 17 per impedire l’entrata del turno di notte, in quanto ieri sera si era presentato il problema dei crumiri.
Nella settimana successiva si avranno alti momenti di lotta; al consiglio di settore delle Presse, lo scontro tra le avanguardie autonome ed i sostenitori dell’accordo sfiora più volte lo scontro fisico; ma ormai la vertenza è stata chiusa, anche se con un colpo di mano, e poiché ci si avvicina alle ferie, la disponibilità operaia a proseguire lo scontro viene a meno; pensiamo anche che il livello di massa, nonostante tutto era sempre più presente l’esigenza di chiudere la lotta. Ciò che ora è importante, è che le avanguardie della Fiat riflettano sui contenuti politici ce la lotta ha saputo esprimere, sul significato politico dell’accordo col quale si è voluto decretare la chiusura della lotta per ristabilire la pace sociale in Fiat, e sui compiti e le proposte con le quali le avanguardie si apprestano ad affrontare la nuova fase di scontro che si aprirà a settembre, al periodo dei contratti.
La firma dell’accordo tra FLM e Fiat ha un carattere espressamente politico ed esprime l’esigenza congiunta di padrone e sindacato di ristabilire quel controllo sul movimento che ormai avevano completamente perso. Ciò è dimostrabile guardando come la lotta sia stata sempre predominante ed in alcuni momenti l’unica (come la lotta dell’off. 65) sin dalla formulazione delle piattaforme, per tutto il corso della lotta.
Gli obiettivi delle piattaforme autonome tendevano ad attaccare il processo di ristrutturazione in quanto puntavano a togliere potere ai capi, eliminando strumenti di divisione padronali come gli aumenti di merito, i passaggi di categoria legati alla professionalità ecc…, a difendere l’organizzazione operaia, in fabbrica con il rifiuto della mobilità, la riduzione dello sfruttamento con la riduzione delle pause e l’eliminazione del 3° turno dove questo esiste. Su questi obiettivi, già essi antagonisti alla linea sindacale, la lotta si è sviluppata in un crescendo tumultuoso non tanto sugli obiettivi specifici della piattaforma, ma sul terreno dei rapporti di forza esprimendo tutto il suo antagonismo di classe. La lotta non era quindi solo un mezzo per ottenere obiettivi materiali, ma era diventata un mezzo col quale gli operai esercitavano il loro potere in fabbrica. Quando dicevamo che la questione non era la piattaforma ma il potere intendevamo dire proprio questo.
Basti pensare alla lotta delle meccaniche di Mirafiori ed a quella, ultima in ordine di tempo, delle Carrozzerie contro la “messa in libertà”, questo strumento politico che la Fiat da anni usa, al di fuori di ogni giustificazione tecnico-produttiva per attaccare direttamente le lotte autonome; lotta che si è sviluppata con gli imponenti cortei alla palazzina, le delegazioni di massa in direzione, i processi al dr. del personale Dionisio. Si pensi anche al blocco dei cancelli della porta 14 di Mirafiori e le barricate dentro la fabbrica per impedire l’uscita dei camion con gli stampi, per impedire, cioè un’altra manovra con la quale la Fiat si proponeva di attaccare direttamente la lotta. Ed inoltre, le parole d’ordine che per tutto il periodo della lotta hanno echeggiato nei cortei, ponevano al centro come sola ed unica la questione del potere; le bandiere rosse rialzate sui cancelli di Mirafiori e della SPA Stura, come quella alzata dentro la fabbrica il giorno dopo le elezioni, a testimonianza del potere proletario. Oltre a questi, tanti altri fatti, ed ancor più il dibattito sviluppatosi sul ferimento di Fossat e sull’azione di attacco contro uomini del Sida e dirigenti Fiat condotta dalle Brigate Rosse il 15 Maggio scorso (vedi volantino) e i momenti di organizzazione su tali indicazioni, dimostrano quali siano i livelli politici espressi dalla classe operaia Fiat negli ultimi mesi di lotte e quale sia la richiesta di potere del movimento di classe.
Il sindacato, o meglio la “sinistra” sindacale, che all’inizio aveva dato una certa spinta alla mobilitazione, si è trovato immediatamente fuori campo quando sono stati formulati gli obiettivi delle piattaforme. E fuori campo, con la sua capacità di controllo sempre più minata, vi è rimasto per tutto il corso della lotta, la quale, nel suo sviluppo, generava sempre maggiori contraddizioni all’interno delle sue strutture di base, si che molti delegati ed anche operatori sindacali rifiutavano sempre più la linea de “patto sociale” con padroni e della “cogestione della crisi” e si ritrovavano sempre più spesso al fianco delle avanguardie autonome e rivoluzionarie nelle lotte di potere.
Con la firma dell’accordo, i sindacati hanno dato una ulteriore prova della volontà di proseguire sulla strada iniziata il 30 novembre scorso, poiché, oltre ad essere riusciti con un colpo di mano a bloccare momentaneamente la lotta, hanno stravolto il significato politico degli obiettivi, riconducendoli dentro i confini di una politica di cogestione della ristrutturazione del grande monopolio a tutto vantaggio di quest’ultimo. Viene infatti garantita la mobilita nelle officine, i trasferimenti tra i diversi stabilimenti (che non significa altro che licenziamenti più o meno selettivi ed incontrollabili) ed inoltre viene dato più potere ai capi (gli aumenti di merito sono stati lasciati, i passaggi di categoria decisi sempre dai capi così come i trasferimenti ecc….) favorendo il consolidamento dell’assetto di potere interno alla fabbrica.
Il significato dell’accordo Fiat viene meglio compreso se inquadrato nelle tesi uscite dai convegni sindacali di Ariccia e di Bologna. La strategia sindacale per l’autunno di impostare i contratti con una lotta generale per l’occupazione e un nuovo sviluppo economico, parte del dato incontestabile che le Confederazioni sindacali, come abbiamo già detto, hanno accettato la politica di ristrutturazione delle multinazionali; hanno accettato il ruolo corporativo che questi gruppi economici hanno loro affidato nel progetto di costruzione dello Stato Imperialista delle multinazionali.
E’ un’assurdità proporre una lotta generale per l’occupazione, cedendo poi continuamente nelle fabbriche sul terreno della ristrutturazione, in una fase in cui l’espansione della base produttiva e l’accumulo del capitale sono in netta contraddizione in quanto la restrizione della base produttiva è la condizione dell’accumulo dei capitale. In poche parole, dove la lotta per l’occupazione vince realmente, la crisi capitalistica è destinata ad aggravarsi, almeno in una situazione di crisi del capitalismo.
Sotto il discorso delle Confederazioni traspare quindi la necessità di favorire la ripresa produttiva e non l’occupazione.
L’accordo Fiat ne è un esempio, ma ne è anche un esempio la lotta del settore “indotto auto”, dove si è posto fine alla lotta intransigente contro i licenziamenti e la chiusura delle piccole fabbriche per demandare tutto ad una vertenza generale del settore che non ha nessun potere per la difesa dell’occupazione.
La lotta per l’occupazione, così come la intende il sindacato, deve eliminare ogni campo che possa diventare terreno di SCONTRO POLITICO.
“Dobbiamo evitare una drammatizzazione ed una politicizzazione dello scontro contrattuale” ha dichiarato Marianetti ad Ariccia.
Come si sta preparando, e con quali proposte politiche, il partito di Mirafiori ad affrontare la nuova fase di scontro che si aprirà a settembre?
Una parte di avanguardie continua a riproporre il discorso della riduzione d’orario a 35 ore a parità di salario. Noi sosteniamo che tale proposta è nettamente perdente poiché arroccarsi ancora su posizioni piattaformistiche vuol dire non essere assolutamente in grado di assolvere ai bisogni politici che la classe operaia Fiat ha espresso negli ultimi mesi di lotta. E’ un discorso senza vie di sbocco e non porta altro che ad allearsi con la destra del movimento. E’ una proposta che va rifiutata e giustamente criticata.
Una parte più ristretta di avanguardie si è invece organizzata sul terreno dello scontro armato di potere ed ha già assestato duri colpi alla struttura di comando della Fiat. All’operato di questi compagni diamo tutto il nostro appoggio politico anche se con una necessaria dialettizzazione andranno meglio chiarite le proposte e le linee di intervento più generali di queste avanguardie.
Le nostre proposte. Punto centrale del programma di lotta rimane l’attacco al progetto politico che abbiamo sintetizzato nelle parole “Patto Corporativo”, progetto politico in larga misura realizzato grazie alla grande disponibilità delle Confederazioni Sindacali, ma che trova sempre maggiori difficoltà a consolidarsi a causa del sempre più forte sviluppo della lotta di classe e della lotta armata dentro le fabbriche.
Attaccare il “Patto Corporativo” perseguendo l’attacco e la disarticolazione della cinghia di trasmissione di tale progetto che ha nella Confindustria il proprio cervello politico. Attaccare e colpire, cioè, la struttura politico-militare del comando ed in specifico, i dirigenti, i capi, i guardioni; attaccare, inoltre i sindacati gialli come centri organizzativi della reazione e di propagazione dell’ideologia corporativa. Su quest’ultimo terreno, l’azione condotta contro il SIDA ha dato ottimi risultati. Nell’ultimo periodo, l’attacco alla struttura di comando nelle fabbriche torinesi è stato portato contro dirigenti, capi, uomini del Sida scelti semplicemente perché nemici odiati dalla classe operaia o perché responsabili di manovre antioperaie. Nel futuro sarò necessario disarticolare più a fondo questa struttura, mettendone in luce le proprie strutture organizzative, i propri modi di funzionamento, i legami con i centri politici della reazione e col disegno più generale. In questo discorso, dobbiamo inserire anche il problema dei fascisti che, anche se fino ad ora dentro la Fiat si sono limitati all’attacchinaggio saltuario di manifestini anticomunisti organizzandosi in modo più o meno clandestino, si ripresenteranno senza dubbio a settembre ed in maniera certamente diversa da come si presentavano due anni fa: un problema quindi da rivalutare in tutta la su portata.
Lo sviluppo e l’intensificazione dei movimenti autonomi di lotta contro gli aspetti della ristrutturazione, oggi più che mai possiamo dirlo, non è sufficiente per mettere seriamente in crisi il “Partito Corporativo”; questi livelli di scontro sono altresì importanti in quanto, se ben indirizzati, possono minare la capacità di controllo del sindacato e mantenere lo scontro su un terreno politico. Questo è ciò che abbiamo potuto verificare nell’ultimo periodo di scontro alla Fiat.
Un altro problema al quale dobbiamo assolvere è quello di saper tradurre in organizzazione i livelli politici che la classe operaia sta esprimendo. Ciò non vuol dire organizzare i comitati politici operai, come alcuni a Torino sostengono, o, come altri pare dicano, organizzare squadre di operai armati durante le lotte, bensì vuol dire costruire e rafforzare gli organismi di combattimento clandestini sul fronte della lotta di fabbrica che sappiano rendersi sempre più interpreti dei bisogni politici che la classe operaia o meglio il suo strato più avanzato, sta esprimendo.
Luglio 1975
Tutto il potere
Al popolo armato!
Brigate Rosse
Fonte: Lotta armata per il comunismo