Non siamo qui per reclamare Giustizia, nessun tipo di Giustizia, né borghese né proletaria né rivoluzionaria. Non siamo qui per sostenere l’innocenza di Silvano né per ribattere alle fumose costruzioni pubblicate dal Manifesto o dal giornale di don Ciotti o dall’ormai celeberrimo Luna Nuova, in base alle quali lo si vuol dipingere come personaggio sospetto, come vorrebbe il copione della magistratura.
Siamo qui per far sentire a Silvano la nostra vicinanza in un momento per lui senz’altro durissimo rispetto a chiunque altro, ma soprattutto per smascherare l’inchiesta sui sabotaggi in Val Susa.
Il giudice Laudi non può ammettere che non esista alcuna banda chiamata Lupi Grigi. Il giudice Laudi non può ammettere l’evidente concreta e fondata possibilità che tutti questi attacchi, portati non solo contro la costruenda linea dell’Alta Velocità siano stati effettuati da varie e diverse persone che hanno ogni buon motivo per muoversi in tal senso, senza essere né terroristi, né rivoluzionari, né anarchici o quant’altro. Il giudice Laudi non può riconoscere pubblicamente le responsabilità di un progetto come questo, che, come tanti altri simili, può far esplodere chiunque nei modi più inattesi e non controllabili.
Questa è l’ipotesi più pericolosa per lo Stato e per i suoi servitori, per chi ne dipende, per coloro che se ne servono. Questo è ciò che non potranno mai dichiarare.
Il tipo di isolamento e di efferatezze cui hanno costretto Silvano, e prima anche Edoardo e Soledad, costituiscono il percorso obbligato dello Stato che non può intraprendere altra strada che non quella della criminalizzazione e dell’annientamento di chi gli si oppone apertamente.
In questo senso vanno letti anche gli sforzi dei media e dei politicanti d’ogni sponda di ricondurre tutta la faccenda alla “questione giovanile” o alle storie della difesa dei “centri sociali”.
Di queste balle poco ci interessa rispetto alla questione fondamentale: c’è chi – e non ci interessa sapere chi – attacca i progetti dello Stato e del Capitale. Noi come sempre siamo d’accordo con chi si muove con mezzi e metodi che riteniamo affini ai nostri. Non ci stupiamo neanche delle rappresaglie repressive dello Stato. Questo non influisce sul fatto di provare un odio indicibile contro questi magistrati che per ragion di Stato e di carriera uccidono alla cieca, contro coloro che hanno condotto questa indagine e contro coloro che hanno arrestato e detenevano prigionieri Silvano, Soledad e Baleno.
L’unica risposta possibile è l’attacco discriminato contro ogni e qualsiasi struttura di questo sistema di potere che ha permesso tutto ciò. Non possono difendere tutto per sempre. Gli assediati devono diventare loro. Loro hanno tutto da perdere. Loro sono quelli che possiedono tutto, che controllano tutto, ed è tempo di minare a fondo questo potere.
Non acclamiamo bande armate né atteggiamenti rambistici e truculenti; ognuno nel suo può essere dannoso contro questo sistema, senza la pretesa di veder riconosciute le proprie ‘gesta’. Se è l’odio che vi anima, basterà l’amore per il gesto distruttivo, anche se le vostre bandiere non sventoleranno mai. Guardatevi attorno, oggi, domani, sempre. Attaccare è sempre possibile, ovunque, con ogni strumento a disposizione, senza palcoscenici.
Non sfoghiamoci soltanto. Ogni giorno, ognuno di noi ha motivi a sufficienza per esprimere praticamente il proprio odio. O noi o loro, senza mediazioni. Il resto è mera sopravvivenza.
18 Luglio ’98 – El Paso occupato
Né centro né sociale né squat