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Comunicato congiunto BR e NAP su azioni contro caserme dei CC in varie città (1976)

Compagni,

le multinazionali, Agnelli, Cefis, la Confindustria hanno da tempo sferrato un pesante attacco alla Classe Operaia, creando con massicci licenziamenti ed il crescente costo della vita, un clima di terrore con il quale sperano di avere poi carta bianca per ristabilire i loro profitti che le lotte hanno definitivamente compromesso.

Ma sanno che tutto ciò non basta e che il loro “ordine” dovrà essere imposto con le armi. In questo progetto i CC rappresentano la punta di diamante ed il nucleo strategico della repressione armata controrivoluzionaria. È così che negli ultimi tempi la pratica dell’omicidio contro i proletari con la quale i CC hanno costruito la loro “luminosa” storia, si è scatenata nel tentativo di liquidare le avanguardie rivoluzionarie.

La messa in campo di tutto il loro apparato terroristico vuole raggiungere l’obbiettivo di scoraggiare e sconfiggere ogni momento di resistenza proletaria.

La “licenza di uccidere” della famigerata legge Reale è ora diventata un esplicito “ordine di uccidere”.

La politica seguita dal partito di Berlinguer, che fino ad ora poteva essere scambiata per vergognosa compiacenza con i padroni, ora si dimostra quale vera e propria complicità nei piani di ristabilimento dell’ordine imperialista delle Multinazionali della Classe Operaia:

  • organizzarsi sul terreno della guerra di classe, della Lotta Armata per impedire che attraverso l’oppressione militare, lo Stato delle Multinazionali Imperialista decreti la sua sconfitta.
  • lottare in ogni ambito per approfondire la crisi della borghesia perché i bisogni proletari sono, oggi più che mai, antagonisti alle aspettative padronali ed il loro unico interesse è la Rivoluzione Comunista.
  • unificare il movimento operaio attorno alla strategia della Lotta Armata per il potere proletario isolando e sconfiggendo i paladini del “Compromesso” e dell’ “Interesse Nazionale”.

 

L’attacco alle caserme dei CC non ha il respiro della rappresaglia, ma indica una linea di combattimento che insieme a tutte le forze rivoluzionarie combattenti intendiamo percorrere FINO ALLA VITTORIA!

PORTARE L’ATTACCO ALLO STATO!

CI DEVE ESSERE UNA SOLA FORZA ARMATA: I PROLETARI CON IL FUCILE IN SPALLA.

LOTTA ARMATA PER IL COMUNISMO!

 

Il giorno 1 marzo 1976 nuclei armati delle Brigate Rosse e dei Nuclei Armati Proletari hanno attaccato simultaneamente le seguenti caserme dei CC distruggendo numerosi mezzi militari.

MILANO: Comando di Compagnia di Rho, in via Buon Gesù.

TORINO: Stazione di Madonna di Campagna, in via Zubrieno.

GENOVA: Comando Compagnia di Sampierdarena, corso L.A. Martinetti n. 7.

ROMA: sono state attaccate tre caserme dei CC, tra cui la Stazione di Quadraro, di via Quintilli 130 e la Stazione Garbatella, di Luigi Orlandi 8.

NAPOLI: Caserma zona Fuorigrotta, via Benedetto Cariteo.

FIRENZE: Stazione del Campo di Marte.

PISA: La BRIGATA D’ASSALTO “DANTE DI NANNI” ha attaccato la caserma dei CC di via Guido da Pisa.

 

Compagni,

il presente comunicato è firmato da due organizzazioni combattenti: Brigate Rosse e Nuclei Armati Proletari.

Nella prospettiva della costruzione del Partito Combattente occorre operare per la riunificazione di tutto il movimento rivoluzionario, facendo ogni sforzo perché da ogni esperienza di Lotta Armata nasca una sempre maggiore capacità politica, militare e di organizzazione del proletariato rivoluzionario.

In questo senso è da tempo in corso un confronto politico tra le Brigate Rosse e i Nuclei Armati Proletari. Verificato che non esistono sostanziali divergenze strategiche tra le due organizzazioni, permangono tuttavia delle diversità di prassi politica dovute soprattutto alla diversa storia delle Br e dei NAP ed al diverso cammino fin qui percorso.

Quindi nel rispetto della propria autonomia, le BR e i NAP possono fin da ora praticare comuni scadenze di lotta e realizzare una unità d’azione in un unico fronte di combattimento.

Alla borghesia che ha tutto l’interesse a presentare le forze combattenti come divise, frantumate, disperse, occorre contrapporre una sempre maggiore unità delle Organizzazioni Rivoluzionarie che nella strategia della Lotta Armata combattono per una società comunista.

DI FRONTE AL NEMICO COMUNE UNITA’ DELLE FORZE COMBATTENTI!

TUTTO IL POTERE AL POPOLO ARMATO

Milano, 1-3-76

Brigate Rosse
Nuclei armati proletari

 

Fonte: Nuclei Armati Proletari, Quaderno n. 1 di CONTROinformazione

Comunicato congiunto Br-Nap su azione contro Ispettorato Distrettuale di prevenzione e pena

Giovedì, 22 Aprile 1975, un nucleo armato delle BRIGATE ROSSE e dei NUCLEI ARMATI PROLETARI ha occupato e perquisito la sede dell’Ispettorato Distrettuale di Prevenzione e Pena di Milano, in Via Crivelli 20.

Le carceri rappresentano l’ultimo anello della catena della repressione antiproletaria.
Le carceri sono lo strumento attraverso il quale lo STATO della borghesia continua la sua opera di distruzione fisica della massa dei proletari emarginati e delle avanguardie rivoluzionarie in particolare.
La segregazione umana in cui vengono tenuti i compagni detenuti non è solo il prodotto della mente malata di qualche carceriere sadico (che pure ha la sua parte di responsabilità), ma corrisponde alla scelta della borghesia di eliminare con ogni mezzo le avanguardie comuniste e di liquidare il movimento dei detenuti.

È cosi che negli ultimi tempi sono state adottate, a partire dal carcere di Alghero, tecniche di tortura psicologica già abbondantemente sperimentate in Germania dai nazisti vecchi e nuovi.
Peraltro non vengono scartati metodi meno raffinati come l’accoltellamento di tre compagni nel carcere di S. Vittore, eseguito con la complicità di tutta la gerarchia carceraria.
Si tenta inoltre di fiaccare la resistenza dei compagni detenuti, che nel carcere continuano a mantenere il loro ruolo di rivoluzionari, sottoponendoli ad ogni sorta di angherie, che vanno dalla perenne reclusione nelle celle di isolamento, ai pestaggi, ai continui ed improvvisi trasferimenti.
Il funzionamento di questa mostruosa macchina omicida viene diretta dai vari Ispettorati di Prevenzione e Pena, con i relativi Ispettori che sono i diretti responsabili.
Parlare della riforma delle carceri come fanno alcuni borghesi “illuminati” e alcuni partiti cosiddetti di “sinistra” è solo il tentativo di portare, con altri mezzi più efficienti e più moderni, l’attacco controrivoluzionario, tendente a distruggere ogni forma di organizzazione comunista armata, che si esprime dentro e fuori le carceri.
LE CARCERI DELLA BORGHESIA VANNO DISTRUTTE E NON RIFORMATE!

TUTTI I COMPAGNI DEVONO ESSERE LIBERATI!

Compagni,
l’attacco all’occupazione, i vari licenziamenti, l’intensificazione dello sfruttamento e l’uso sempre più massiccio dell’apparato dello stato contro i proletari sono una dimostrazione di come la borghesia vuole risolvere la sua crisi!

Il carcere in questo contesto è uno degli strumenti fondamentali usati per isolare e distruggere ogni focolaio di resistenza proletaria, utilizzato anche in maniera terroristica nei confronti delle classi in lotta.

Di fronte alla GUERRA scatenata dai padroni compito delle avanguardie è quello di organizzarsi sul terreno della LOTTA ARMATA sviluppando ovunque l’attacco contro i centri di potere dello Stato delle MULTINAZIONALI, i suoi uomini e le sue strutture!

È su questa direttrice che si deve sviluppare la lotta e l’organizzazione armata del proletariato, cogliendo la contraddizione fondamentale che contrappone oggi il proletariato, al suo nemico: LA LOTTA ARMATA PER IL POTERE!

Non è quindi con la pratica di inutili incendi che si intacca il potere della borghesia. Essi sono facile esca per la provocazione anti-operaia e per la speculazione riformista.

 

PORTARE L’ATTACCO ALLO STATO!

ATTACCARE E DISTRUGGERE I COVI DELLA REPRESSIONE CARCERARIA!

COSTRUIRE IL POTERE PROLETARIO ARMATO!

LOTTA ARMATA PER IL COMUNISMO!

Milano, 22-4-1976

BRIGATE ROSSE

NUCLEI ARMATI PROLETARI

Nuclei armati proletari (Nap)

Scheda storica

1974
Settembre
Nucleo esterno movimento dei detenuti, volantino

Ottobre
Nucleo esterno movimento dei detenuti, volantino
Nucleo fiorentino, volantino in ricordo di Luca Mantini e Sergio Romeo
Nucleo fiorentino, volantino relativo all’incursione nella sede della Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti

1975
Nucleo Armato 29 ottobre, Intervista ai compagni dei Nap

Marzo
In ricordo di Vito Principe

Maggio
Nucleo Armato 29 ottobre, Azione Di Gennaro, volantino
Nucleo Armato 29 ottobre, Azione Di Gennaro, Comunicato N.1
Nucleo Armato 29 ottobre, Azione Di Gennaro, Comunicato N.2
Nucleo Armato 29 ottobre, Azione Di Gennaro, Comunicato N.3
Gruppo Sergio Romeo, Comunicato ai proletari detenuti nel manicomio lager di Aversa

Giugno
Nucleo interno, Azione Di Gennaro, Autointervista
Nucleo Armato 29 ottobre, Autointervista

Luglio
Comunicato in onore di Annamaria Mantini

Ottobre
Nucleo Armato Giovanni Taras, Rivendicazione azione contro Cosimo Vernich

1976

Gennaio
Nuclei Armati Proletari, Rivendicazione azione contro Pietro Margariti

Febbraio
Nucleo Armato 29 ottobre, Rivendicazione azione contro Antonio Tuzzolino

Marzo
Comunicato congiunto Br-Nap su azioni contro caserme dei CC in varie città

Aprile
Comunicato congiunto Br-Nap su azione contro Ispettorato Distrettuale di prevenzione e pena

Maggio
Nucleo Armato Annamaria Mantini, Rivendicazione azione contro Paolino Dell’Anno

Dicembre
Onore al compagno Martino Zichittella
Rivendicazione azione contro Alfonso Noce

Scheda storica Nap

I dannati della terra, da Lotta continua ai Nap

Nel 1969 si sviluppa in Italia un vasto movimento, che trae la sua forza innovativa dal collegamento fra le lotte operaie e studentesche. In questo contesto nascono le prime organizzazioni della sinistra extraparlamentare, fra cui Lotta continua, che indirizza il proprio intervento verso soggetti e settori proletari detenuti, disoccupati, militari di leva fino ad allora esclusi dai percorsi di trasformazione sociale e politica. Dopo aver costituito nel 1970 una Commissione carceri, per sostenere le lotte dei proletari prigionieri, l’anno successivo il gruppo dedica a questi temi una rubrica del suo giornale, che intitola I dannati della terra, come la celebre opera di Frantz Fanon, in cui il sottoproletariato è considerato un soggetto determinante nel processo rivoluzionario per il superamento del modo di produzione capitalista. I sempre più frequenti arresti di militanti della sinistra extraparlamentare favoriscono la crescita di una coscienza fra i detenuti comuni, che porta alla formazione di numerose avanguardie di lotta e organizzazioni interne. Come le Pantere rosse nate nel carcere di Perugia, che guidano le proteste e le rivolte anche violente moltiplicatesi nelle carceri italiane dalla fine degli anni Sessanta. L’obiettivo principale è un miglioramento delle condizioni di vita, tramite una riforma che abolisca il Regolamento per gli istituti di prevenzione e pena, firmato dal guardasigilli Alfredo Rocco nel 1931, fedele traduzione dell’ideologia fascista nel settore penitenziario.

Alla metà del 1972, l’iniziale attività di solidarietà ai detenuti promossa dal Collettivo teatrale La Comune, di cui erano animatori Dario Fo e Franca Rame, si trasforma in una vera e propria struttura nazionale, il Soccorso rosso militante, che riprende il nome di una storica organizzazione del movimento comunista e coordina gli «avvocati rivoluzionari», per fare fronte alle accresciute esigenze di sostegno legale ed economico determinate dagli arresti di militanti politici.

Mentre si sviluppano le iniziative di solidarietà nei confronti dei detenuti, e in molti vogliono mettere in pratica la parola d’ordine lanciata da Lotta continua con il libro pubblicato nel 1972, Liberare tutti i dannati della terra, l’anno successivo il gruppo sente sfuggire di mano la situazione. Scioglie la Commissione carceri e indirizza il proprio intervento verso obiettivi e contenuti che a molti militanti appaiono sfumati e insufficienti. Alcuni abbandonano l’organizzazione.

A Firenze nasce il Collettivo George Jackson mentre a Napoli, dove la mobilitazione si diffonde anche in seguito allo scoppio di una epidemia di colera, si realizza un incontro fra i proletari extralegali, strappati per la prima volta al controllo della destra, e gli studenti universitari, determinati a condurre una lotta contro il sistema. Da queste realtà nel 1974 nascono i Nuclei armati proletari (Nap), che si dotano di strutture clandestine. Pur operando anche al nord, intendono proseguire il lavoro con il proletariato prigioniero collegandolo allo slancio rivoluzionario dei soggetti sociali emarginati del Sud Italia.

Gli inizi: la propaganda armata

Il simbolo scelto dai Nuclei armati proletari è quello di una brigata partigiana. Falce e martello in una stella a cinque punte. Il martello poggia sull’impugnatura della falce, e la stella ha una punta più corta. Il timbro viene regalato a un militante da un tipografo milanese, ex partigiano. Un ideale passaggio di consegne.

La prima azione dimostrativa dei Nap, che apre la campagna Rivolta generale nelle carceri e lotta armata dei nuclei esterni, è finanziata con il sequestro lampo di Antonio Gargiulo, figlio di un noto professionista napoletano. Viene effettuata fra la sera del 1 ottobre 1974 e la mattina del giorno successivo davanti a tre grandi carceri. Poggioreale a Napoli, Rebibbia a Roma, San Vittore a Milano. Un messaggio registrato rivolto ai detenuti, diffuso tramite altoparlanti che si autodistruggono dopo la trasmissione, poi ripreso in un volantino di rivendicazione.

Attenzione, state lontani, questa apparecchiatura e questo luogo sono minati ed esploderanno al minimo tentativo di interrompere questo messaggio. Compagni e compagne detenuti nel carcere, questo messaggio è rivolto a tutti voi dai Nuclei Armati Proletari che si sono costituiti in clandestinità all’esterno dei carceri per continuare la lotta dei detenuti contro i lager dello Stato borghese e la sua giustizia; il nostro è un appello alla ripresa delle lotte per il conseguimento degli obbiettivi espressi nelle piattaforme dal ’69 in poi. Una ripresa delle lotte nei carceri che ci vede uniti, ora come dal ’69 in poi, al proletariato; contro il capitalismo violento dei padroni, contro lo Stato dei padroni ed il suo governo. […] Compagni proletari detenuti, per i nostri diritti, contro la violenza di stato nelle carceri, nelle fabbriche, nei quartieri, nelle scuole e nelle caserme, contro il rafforzamento della repressione, rivolta generale nelle carceri. Rifiutiamo il modo di vivere impostoci dalla classe borghese con lo sfruttamento, la miseria e l’oppressione; rifiutiamo di continuare ad essere l’alibi delle struttu- re poliziesche ed antiproletarie dello Stato. Compagni, la repressione su di noi affianca e perfeziona il fascismo delle leggi di Stato, conferma che il potere calpesta il diritto del proletariato più debole preparandosi a calpestare la libertà di tutto il proletariato. Noi non abbiamo scelta: o ribellarsi e lottare o morire lentamente nei carceri, nei ghetti, nei manicomi dove ci costringe la società borghese e nei modi che la sua violenza ci impone. Contro lo Stato borghese, per il suo abbattimento, per la nostra autoliberazione di classe, per il nostro contributo al processo rivoluzionario del proletariato, per il comunismo: rivolta generale nei carceri e lotta armata dei nuclei all’esterno.

Gli obiettivi immediati dei Nap sono: abolizione dei manicomi giudiziari e dei riformatori minorili; amnistia generale e incondizionata, tranne che per i reati di mafia e per la «sbirraglia nera»; inchiesta da parte di una commissione «composta da compagni, avanguardie di lotta delle fabbriche e dei quartieri» sulle torture, gli abusi e gli omicidi nelle carceri; la verità sulla morte di Del Padrone, detenuto ucciso nel corso della rivolta alle Murate, a Firenze, e sulla strage che ha stroncato la rivolta di Alessandria. L’azione è riuscita.

I primi caduti

Ma non del tutto. I militanti fiorentini non ce l’hanno fatta a effettuare il volantinaggio davanti al quarto carcere previsto, le Murate. L’insuccesso brucia. Mentre il nucleo napoletano prosegue le azioni effettuando tra l’altro l’irruzione in una sede dell’Unione cristiana imprenditori dirigenti (Ucid), legata alla Democrazia cristiana, a Firenze viene organizzato in tutta fretta un esproprio in banca per acquistare una partita di armi. La preparazione è così approssimativa che il gruppo agisce il 29 ottobre 1974, giorno di sciopero. La filiale è chiusa e i cinque ripiegano sulla prima aperta. Mentre sono all’interno vengono intercettati dai carabinieri e alla loro uscita scoppia un conflitto a fuoco. I militanti, feriti, riescono a salire in macchina quando il ventottenne Luca Mantini, alla guida, si accorge che uno di loro è rimasto a piedi. La reazione è istintiva. Mette la retromarcia per tornare a prenderlo. Viene freddato da una raffica di mitra insieme al ventenne Giuseppe Romeo (nome di battaglia Sergio), ex detenuto napoletano. Pasquale Abatangelo e Pietro Sofia, feriti, sono arrestati, Nicola Pellecchia riesce a fuggire. Per l’organizzazione è un duro colpo. La rabbia è forte ma si va avanti.

A dicembre a Napoli viene sequestrato a scopo di finanziamento Giuseppe Moccia, imprenditore cementiero ed ex sindaco democristiano di Afragola. Un miliardo di lire di riscatto, e l’industriale viene liberato. I soldi il cui successivo parziale ritrovamento da parte delle forze di polizia farà collegare il sequestro all’organizzazione sono usati per aprire basi a Roma e acquistare armi ed esplosivi. Ma proprio quando la disponibilità economica permette una maggiore libertà d’azione, nei Nap nascono divergenze fra i militanti che vogliono continuare a concentrare l’iniziativa prevalentemente sull’antifascismo, le carceri e la repressione, e chi ritiene invece sia giunto di momento di iniziare l’attacco al cuore dello Stato. Fedele alla linea iniziale è soprattutto Fiorentino Conti, che forma un gruppo romano determinato ad agire in autonomia rispetto al resto dell’organizzazione.

L’uso di esplosivo e le morti accidentali

Mentre proseguono le azioni, ma anche gli arresti di alcuni militanti, l’organizzazione perde altri due membri, per incidenti collegati all’utilizzo di esplosivo, di cui i Nap fanno largo uso, a differenza delle Brigate rosse, contrarie a tecniche indiscriminate di intervento. L’11 marzo 1975 muore a Napoli Giuseppe Vitaliano Principe, per lo scoppio accidentale di un ordigno che sta confezionando, volto a colpire una divisione dei carabinieri, mentre resta gravemente ferito Alfredo Papale. Parte dell’organizzazione napoletana viene individuata.

Il 30 maggio perde la vita Giovanni Taras, appartenente al gruppo guidato da Conti, a causa dello scoppio anticipato della carica esplosiva, collegata a un registratore, che sta sistemando sul tetto del manicomio giudiziario di Aversa per diffondere un messaggio di solidarietà con gli internati. Nonostante il fallimento, l’azione, rivendicata dal Nucleo Sergio Romeo, fa salire l’attenzione su quello che da più parti è definito un lager sanitario, una fabbrica di tortura dove si vive in condizioni disperate e si muore per incuria.

Il sequestro del giudice

A Roma, il 6 maggio 1975, viene effettuata l’azione più clamorosa condotta dai Nap, il sequestro di Giuseppe Di Gennaro, consigliere di Cassazione e capo di un ufficio della Direzione generale degli istituti di prevenzione e pena del Ministero di Grazia e giustizia. Di Gennaro è considerato un magistrato democratico, lavora alla riforma carceraria. Per i Nap è un «servo dello Stato» in funzione antiproletaria e repressiva, perché attraverso la riforma e la creazione di carceri più «umane», intende indebolire le lotte dei detenuti. In particolare, lo accusano di aver creato una schedatura elettronica e aver realizzato, con la collaborazione dell’architetto Sergio Lenci, ferito da Prima linea nel 1980, un testo sull’architettura penitenziaria e il nuovo carcere di Rebibbia. Ma Di Gennaro ha tanti nemici nei suoi ambienti e subisce un violento attacco mediatico.

Il 9 maggio nel carcere di Viterbo tre detenuti, Pietro Sofia, Giorgio Panizzari e Martino Zichittella, dopo aver tentato senza esito l’evasione, sequestrano alcuni agenti di custodia e rivendicano ai Nap il rapimento del giudice. Consegnano un comunicato, di cui chiedono la diffusione via radio, e la foto di Di Gennaro. Il sequestro ha anche lo scopo di evitare ritorsioni nei confronti dei detenuti in caso di fallimento dell’evasione. Di Gennaro viene rilasciato il 10 maggio in «libertà provvisoria», dopo che il comunicato è stato letto al giornale radio del mattino. Appena uscito riprende il suo lavoro. Per i Nap è comunque una vittoria politica. Hanno dimostrato di riuscire a entrare nei centri nevralgici del potere, mentre nelle carceri proseguono le evasioni.

In una riflessione sull’impostazione politica e organizzativa diffusa in forma di autointervista nel giugno 1975 si dice, tra l’altro: I Nap sono nati da precise esperienze di massa in vari settori, che hanno spinto alcuni compagni a porsi concretamente il problema della clandestinità. […] Noi vediamo la sigla Nap non come una firma che caratterizza un’organizzazione con un programma complessivo, ma come una sigla che caratterizza i caratteri propri della nostra esperienza. […] La nostra esperienza ha portato alla creazione di nuclei di compagni che agiscono in luoghi e situazioni diverse, in maniera totalmente autonoma e che conservano tra di loro un rapporto organizzativo e di confronto politico.

Il 26 luglio 1975 viene promulgata la legge n. 354/75, una riforma dell’ordinamento penitenziario che introduce elementari diritti di dignità umana. Nelle carceri si sviluppano proteste e rivolte per la sua applicazione, mentre i Nap si battono per mutamenti più radicali.

L’uccisione di Annamaria Mantini e le azioni con le Br

Fra il 1974 e la primavera del 1975 i Nap effettuano azioni anche contro associazioni di imprenditori, sedi e uomini di partiti, in particolare il Msi-Dn e la Dc, individuata come responsabile della trasformazione dell’Italia in una provincia dell’impero americano. L’attenzione è concentrata su Andreotti e i suoi uomini di fiducia. Ma i contrasti interni alla Dc sono così forti, che quando i Nap tentano di colpire Filippo de Jorio, nonostante i volantini di rivendicazione in molti pensano sia un regolamento di conti interno al partito.

Nell’estate del 1975 vengono scoperte varie basi e arrestati numerosi militanti. L’8 luglio, a Roma, una squadra dell’antiterrorismo si apposta nell’appartamento di Annamaria Mantini che, al suo rientro, viene uccisa a freddo. Il Nucleo 29 ottobre ne vendica la morte ferendo a Roma, il 9 febbraio 1976, Antonino Tuzzolino, il vicebrigadiere che ha sparato ad Annamaria ed è stato prosciolto dai giudici. Il successivo 5 maggio stessa sorte tocca al magistrato Paolino Dell’Anno, accusato di avere nascosto la vera dinamica dell’esecuzione. Il 14 dicembre viene ferito il capo dei Servizi di Sicurezza di Lazio e Abruzzo, Alfonso Noce. Nell’azione muoiono un agente di scorta e un nappista, Martino Zichittella, colpito da un suo compagno per un errore risultatogli fatale.

Tra la fine del 1975 e i primi mesi del 1976 i Nap intensificano le azioni contro il personale di custodia delle carceri e dirigenti e sedi del Ministero di Grazia e giustizia. Nell’ambito di questa campagna, che mira a colpire le carceri e la controrivoluzione, realizzano una alleanza operativa con le Brigate rosse, nonostante le profonde differenze fra le due organizzazioni. Le Br hanno infatti un impianto marxista-leninista fondato sulla centralità operaia, una precisa strategia di attacco al cuore dello Stato, una struttura centralizzata e un metodo rigoroso. Nella notte del 1 marzo 1976 vengono attaccate in contemporanea caserme a Torino, Milano, Genova, Firenze, Pisa, Roma, Napoli. Il volantino di rivendicazione congiunto si conclude così: Di fronte al nemico comune, unità delle forze combattenti! Tutto il potere al popolo armato!

Una seconda azione comune viene effettuata il 22 aprile, contro l’Ispettorato degli Istituti di prevenzione e pena di Milano.

L’organizzazione alla sbarra

Nel novembre 1976 inizia il grande processo contro i Nap, in cui i militanti dell’organizzazione adottano le tecniche del processo guerriglia un processo di rottura che non riconosce lo Stato borghese già sperimentate in un procedimento per la tentata evasione di alcuni nappisti dal carcere di Poggioreale.

Pochi giorni prima dell’udienza, circa quindici militanti vicini ai Nap irrompono a Napoli nel Circolo della stampa in appoggio ai compagni detenuti, che possono contare sulla solidarietà di vasti settori di proletariato urbano e della sinistra rivoluzionaria napoletana. A difenderli, ci sono gli avvocati del Soccorso rosso, tra i migliori legali della sinistra. Ma i nappisti revocano i difensori e minacciano quelli d’ufficio. Solo gli imputati minori, non presenti in aula, accettano il giudizio dichiarandosi estranei all’organizzazione. Nel processo, che si svolge in un ex convento blindato per l’occasione, i nappisti scelgono un comportamento che mira a ribaltare le parti. Sotto accusa deve essere lo stato delle multinazionali [che] pretende di processare i militanti comunisti delle organizzazioni combattenti.

Durante le udienze i detenuti leggono comunicati, cantano Bandiera rossa e L’Internazionale, battono le manette sulla gabbia di legno. Il pubblico presente in aula applaude, esibisce striscioni e grida slogan, mentre gli avvocati del Soccorso rosso rimasti a difendere gli imputati minori presentano numerose eccezioni di incostituzionalità e richiami alla difesa dei diritti umani. Ci sono frequenti interventi dei carabinieri, scontri fisici, sospensioni delle udienze. Un corteo in appoggio ai compagni processati viene caricato e si conclude con l’arresto di tre partecipanti. Lo Stato appare impreparato e incapace di gestire la situazione. La sentenza arriva a febbraio del 1977. Tra le ventidue condanne, le più pesanti vanno dai 20 ai 22 anni.

Le evasioni

La storia dei Nap è accompagnata da tentativi, riusciti o falliti, di evasione. La liberazione dei detenuti è un obiettivo prioritario dell’organizzazione, che insieme alla capacità di mediazione nei confronti delle direzioni, dà ai suoi militanti prestigio e credibilità nelle carceri. Il 20 agosto 1976 dal carcere di Lecce evadono venti detenuti, tra cui Martino Zichittella, Giuseppe Sofia e il bandito Graziano Mesina.

Ma la fuga più eclatante, la prima in Italia in un carcere femminile, avviene nel gennaio 1977. Mentre a Napoli è in corso il processo, due imputate, Franca Salerno e Maria Pia Vianale evadono dal carcere di Pozzuoli. Il direttore viene sospeso. Nel processo viene letto un comunicato. Sabato 22 gennaio, alle ore 4, l’organizzazione comunista combattente Nap ha attaccato il carcere lager di Pozzuoli. L’azione tendente alla liberazione delle compagne Pia e Franca, militanti dell’Organizzazione, si è sviluppata con un attacco coordinato interno-esterno ed ha raggiunto in pieno l’obiettivo fissato. […] È solo sulla parola d’ordine portare l’attacco al cuore dello stato che si supera la parzialità delle esperienze di lotta armata e si ricompone l’unità della classe delle sue avanguardie armate nel partito combattente.

L’epilogo

Per lo Stato l’evasione è un forte smacco, e si scatena la caccia alle due nappiste. Il 22 marzo 1977 su un autobus, a Roma, l’agente di polizia Claudio Graziosi riconosce Maria Pia Vianale. Antonio Lo Muscio lo colpisce a morte, per impedire l’arresto della sua compagna. Nella ricerca dei due nappisti i poliziotti uccidono per errore una guardia zoofila, unitasi alle ricerche.

La sera del 1 luglio 1977 a Roma, sulla scalinata di San Pietro in Vincoli, una pattuglia di carabinieri individua tre militanti dei Nap. Maria Pia Vianale e Franca Salerno, incinta, sono percosse a sangue e arrestate. Antonio Lo Muscio, ferito da raffiche di mitra mentre tenta di aprire una via di fuga, viene finito con un colpo di pistola.

Il bilancio

Si conclude così la breve e intensa storia dei Nap. Pagata con un alto tributo di morti e feriti. Alcuni prigionieri confluiscono nelle Brigate rosse, i restanti scontano la pena senza aderire a altre organizzazioni. Per i Nap sono state inquisite 65 persone.

Nel maggio 1977, con un decreto interministeriale (Difesa, Interno, Grazia e giustizia), vengono istituite le carceri speciali, riservate ai militanti della lotta armata e ai detenuti comuni più pericolosi. Il generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, a cui viene affidato il coordinamento della sicurezza interna ed esterna degli istituti penitenziari, individua e predispone in gran segreto le strutture destinate a diventare di massima sicurezza. Durante il mese di luglio centinaia e centinaia di detenuti vengono prelevati dalle diverse carceri italiane e trasferiti nelle sezioni speciali, situate spesso in luoghi scomodi da raggiungere (come l’isola dell’Asinara), o comunque distanti dalla zona di residenza delle famiglie. Per i prigionieri politici sottoposti a trattamento differenziato, il carcere diviene un fronte di lotta in cui si realizza l’incontro fra detenuti dei Nap e delle Br. Nascono le Brigate di campo, i Comitati di lotta. Proteste e rivolte proseguono negli anni successivi. Il 20 dicembre 1980, a Napoli, Alberto Buonoconto, militante dei Nap, si impicca nella casa dei genitori. Torturato dopo l’arresto, nel 1975, per anni aveva subito un pesante trattamento carcerario e ripetuti trasferimenti. Durante il sequestro Moro nella trattativa viene proposto il suo nome, ma la liberazione non è accettata dai giudici. È scarcerato, per motivi umanitari, quando le sue condizioni sono ormai gravi. Un anno dopo muore suicida.

Scheda tratta da: Paola Staccioli, Sebben che siamo donne. Storie di rivoluzionarie, Roma, DeriveApprodi 2015.

Nuclei Armati Proletari, Rivendicazione azione contro Pietro Margariti

Oggi 28 gennaio 1976 alle ore 8 è stato colpito dai Nuclei Armati Proletari il consigliere di Corte d’Appello Pietro Margariti, direttore dell’ufficio III del ministero di Grazia e Giustizia, responsabile del trattamento, delle punizioni, dei trasferimenti, delle schedature cui vengono sottoposti i proletari detenuti. Questo porco, solo negli ultimi mesi ha sotto la sua diretta responsabilità:
1.    la tentata strage contro i proletari detenuti a Rebibbia durante la rivolta dell’agosto 1975 e il loro trasferimento nei carceri più schifosi d’Italia.
2.    i pestaggi, le provocazioni, i trasferimenti nei lager di Alghero, Lecce, Volterra, Porto Azzurro cui sono stati sottoposti i compagni Pietro Sofia, Pasquale Abatangelo, Martino Zichitella, Giorgio Panizzari.
3.    i continui trasferimenti e le provocazioni che colpiscono i compagni delle Brigate Rosse in maniera sistematica e continua.
4.    la repressione infame con cui si è voluto schiacciare la bellissima ribellione delle donne proletarie detenute a Rebibbia e i successivi trasferimenti.
5.    i pestaggi operati alle Murate di Firenze da secondini mascherati contro i detenuti che protestavano in maniera pacifica.
6.    l’accoltellamento avvenuto a San Vittore contro i compagni Miagostovic e Morlacchi delle Brigate Rosse, Siriani di Lotta Comunista, e Spazzali del Soccorso Rosso, organizzato dal direttore Savoia e dai Carabinieri ed eseguito da quei detenuti mafiosi di cui abitualmente si servono direttore e maresciallo per reprimere e mistificare le lotte dei proletari detenuti e per fare opera di provocazione nei confronti dei compagni.
Un fatto di questa gravità può essere eseguito solo con la preventiva ed esplicita copertura del ministero e di Margariti stesso.

Attualmente il carcere, insieme alla sempre maggiore “efficienza” fascista di alcuni magistrati (ad esempio i 30 anni dati al compagno Massimo Maraschi e i 15 alla compagna Paola Besuschio delle Brigate Rosse, i 10 anni dati al compagno Pasquale De Laurentis dei Nuclei Armati Proletari), e alla formazione e al potenziamento di nuovi e moderni strumenti di repressione come il raggruppamento di carabinieri di Dalla Chiesa, specializzato nell’assassinare, arrestare, organizzare provocazioni contro i rivoluzionari, è un anello essenziale per la costruzione di un apparato militare che sostenga e difenda la ristrutturazione politica ed economica che il grande capitale sta sviluppando in Italia.
E’ compito essenziale per tutti i rivoluzionari individuare e colpire i dirigenti di questa operazione e contrastare in ogni modo la costruzione di questo “nuovo modello” di apparato repressivo.

SOSTENIAMO LE LOTTE DEI PROLETARI DETENUTI
DIFENDIAMO I COMPAGNI RIVOLUZIONARI PRIGIONIERI DELLO STATO BORGHESE
SEMPRE AVANTI FINO ALLA VITTORIA!
LOTTA ARMATA PER IL COMUNISMO
CREARE E ORGANIZZARE 10, 100, 1000 NUCLEI ARMATI PROLETARI

Fonte: Nuclei Armati Proletari, Quaderno n. 1 di CONTROinformazione

Nucleo Armato 29 ottobre, Rivendicazione azione contro Antonio Tuzzolino

Oggi 9 febbraio 1976 un gruppo di compagni del nucleo armato 29 ottobre ha colpito Tuzzolino Antonino, assassino dell’antiterrorismo romano, esecutore dell’omicidio di Annamaria Mantini.
Nato a Caltanisetta nel 1948, si è guadagnato, agli ordini dei suoi capi, il grado di vicebrigadiere. Agli ordini diretti di Noce, capo del NAT del Lazio e di Improta, capo dell’ufficio politico, ha eseguito a freddo e con predeterminazione l’assassinio di Annamaria Mantini, militante rivoluzionaria comunista.
La complicità dei suoi capi, l’omertà servile dei giornalisti che pubblicavano il suo nome cambiandolo in Tuzzolillo e travisavano le sue foto, il nascondersi presso parenti, la cura estrema, quanto inutile che questo assassino poneva nei suoi spostamenti, sia a piedi che in macchina (una 128 bianca a due porte targata Roma M56882 sul cui libretto risultava falsamente residente in via Castro Pretorio 3); tutto ciò non ha salvato questo boia dalla violenza proletaria.
Individuato con una attenta e continua opera di appostamento e pedinamento, oggi è stato colpito.
Colpire gli assassini di stato significa operare in un’ottica di lotta armata per il comunismo che veda come uno dei punti centrali dello scontro, accanto alla lotta contro la ristrutturazione economica e politica dello stato borghese, una lotta senza quartiere contro la ristrutturazione dei corpi militari di polizia; ristrutturazione che ha il suo perno nei carabinieri, in particolare nelle “brigate speciali”, nei NAT, nella magistratura serva e complice della mano assassina dello stato.
CONTRO I CARABINIERI, CONTRO I NAT, CONTRO LE “BRIGATE SPECIALI”, CONTRO TUTTI GLI ASSASSINI DI STATO, LOTTA SENZA QUARTIERE!
ANNAMARIA MANTINI, PIETRO BRUNO, MARGHERITA CAGOL, GIOVANNI TARAS, BRUNO VALLI, VITALIANO PRINCIPE, GIANNINO ZIBECCHI, BOSCHI, SERGIO ROMEO, LUCA MANTINI, ASSASSINATI DAGLI SBIRRI DELLA BORGHESIA, INSIEME A DECINE DI ALTRI PROLETARI, VIVONO NELLE LOTTE DI TUTTI I COMUNISTI.
CHIEDERE AI MANDANTI DEI KILLERS DI STATO DI FARE “GIUSTIZIA” RIVELA L’OPPORTUNISMO PIU’ ABBIETTO E STUPIDO. E’ COMPITO DEI COMUNISTI, DELLE LORO AVANGUARDIE ARMATE, REGOLARE I CONTI CON GLI ASSASSINI, CON I LORO CAPI, I LORO PADRONI, CON LO STATO BORGHESE.
LOTTA ARMATA PER IL COMUNISMO
CREARE E ORGANIZZARE 10, 100, 1000 NUCLEI ARMATI PROLETARI

Fonte: Nuclei Armati Proletari, Quaderno n. 1 di CONTROinformazione

Rivendicazione azione contro Cosimo Vernich

Stamattina è stato colpito il brigadiere Vernich, guardia carceraria e aguzzino, che spesso e volentieri comanda la squadra di picchiatori all’interno delle carceri di San Vittore.
Amico e protettore dei mafiosi, ben voluti dal maresciallo Palazzo e dal Direttore, è ben noto a tutti quei proletari che sfruttati e buttati poi a marcire nelle carceri per la loro precaria condizione sociale, hanno cercato di difendere in carcere la loro dignità ed i loro diritti.
Di boia di questa risma ce ne sono molti, è compito di tutti i rivoluzionari smascherarli e, là dove le condizioni sono favorevoli, colpirli. Sappiamo bene che la maggior parte delle guardie carcerarie sono dei proletari che hanno scelto per fame ed ignoranza questo sporco mestiere, ma questo non cambia il ruolo di servi della borghesia che ricoprono.
Alcuni di loro, poi, hanno fatto una miserabile carriera, o hanno ottenuto vantaggi sulla pelle dei proletari detenuti.
Anzitutto contro di loro va indirizzata la lotta.
Il potere usa il terrore, nelle carceri con una durissima repressione fisica e morale, nelle fabbriche con la minaccia di buttare alla fame con i licenziamenti migliaia di famiglie proletarie, nei quartieri proletari con i rastrellamenti polizieschi e gli assassini “accidentali”, intanto per i proletari si preparano con le nuove “carceri modello” 4000 posti letto nella sola Lombardia.
A tutto questo diciamo basta, diciamo no alla ristrutturazione imperialista della borghesia, difendiamo con tutti i mezzi quello che ci siamo conquistati in anni di lotte, sviluppiamo nuove forme di potere operaio armato nelle fabbriche e nei quartieri.
Alla repressione armata dei padroni rispondiamo con la violenza armata dei proletari e con l’organizzazione rivoluzionaria.

LOTTA ARMATA PER IL COMUNISMO
CREARE E ORGANIZZARE 10 100 1000 NUCLEI ARMATI PROLETARI

NUCLEO ARMATO GIOVANNI TARAS

Milano 7 ottobre 1975

Fonte: Nuclei Armati Proletari, Quaderno n. 1 di CONTROinformazione

Comunicato dai Nuclei Armati Proletari gruppo Sergio Romeo ai proletari detenuti nel manicomio lager di Aversa

Compagni, proletari detenuti nel manicomio “lager” di Aversa qui è il gruppo Sergio Romeo dei N.A.P. che vi parla.
Questo gruppo è penetrato questa notte, evitando la sorveglianza degli agenti di custodia – servi prezzolati al servizio della borghesia –  per issare la bandiera rossa sui tetti di una delle strutture più criminali dello stato borghese; per dimostrare ai nemici di classe del proletariato la nostra determinazione e volontà di lotta; e ai proletari sequestrati negli istituti psichiatrici giudiziari – con la sola accusa di essere emigrati, disoccupati, poveri, e quindi ladri, rapinatori, assassini – la nostra presenza armata quale sola garanzia di vigilanza agli omicidi, alle sopraffazioni, alle morti bianche sui letti di contenzione.
Il boia Ragozzino, i boia dirigenti di tutti i manicomi giudiziari e i loro collaborazionisti sono i nostri più importanti – in questa fase dello scontro di classe – sorvegliati speciali; noi vogliamo la destituzione di tutti i persecutori e torturatori del proletariato schiavizzato, ricattato e incarcerato da un sistema interclassista teso a salvaguardare unicamente gli interessi delle classi economicamente privilegiate.

Compagni, proletari, detenuti nel 3“lager 3” di Aversa noi vi invitiamo a denunciare i nomi delle persone che ogni giorno particolarmente si distinguono nell’applicare senza scrupoli le leggi della sopraffazione e della repressione per metterci nella condizione di ripagarli con la stessa moneta.
Il governo ha approvato in questi giorni la legge sull’ordine pubblico, a noi non rimane che rispondere con l’organizzazione armata, il sabotaggio e l’attacco diretto ai più facinorosi sostenitori della legge.
Le nostre piattaforme rivendicative per la riforma del codice penale e per quello carcerario costantemente rivendicate nel corso delle nostre lotte da sei anni ad oggi – riprendendo così la nuova strategia delle alleanze espresse dalla classe operaia emigrata nelle grandi fabbriche del nord – sono state del tutto trascurate; alle nostre richieste hanno risposto con anni di galera, con gli assassini e le stragi; a Viterbo soltanto la nostra presenza armata ha evitato il massacro dei tre compagni N.A.P. e dei detenuti in rivolta sui tetti del carcere: ciò conferma la nostra giusta linea circa la possibilità di riprenderci lo spazio per le nostre giuste lotte di massa.
In questa fase inversione [!] storica ogni proletario che si organizza in nome della rivoluzione comunista non può darsi altri tempi  se non quelli di trasmettere ai proletari la propria esigenza di organizzazione autonoma.
Chi è stato in carcere e nei manicomi giudiziari conosce tutte le strade e le varie combinazioni per entrarvi; ecco perché è stato possibile coordinare l’azione di Viterbo e l’azione di comando dentro il manicomio giudiziario di Aversa.
Compagni, proletari detenuti la lotta contro il sistema economico dello sfruttamento che prima ci sfrutta e poi ci incarcera è anche nostra; la lotta contro il sistema borghese dello sfruttamento organizzato per la realizzazione del comunismo ci appartiene perché sfruttati e oppressi.
Compagni, proletari detenuti il nostro appello è alla ripresa delle lotte sui temi della riforma del codice penale e di quello penitenziario; e alla legge sull’ordine pubblico voluta e imposta soprattutto dalla DC, e in primo piano dalla sua migliore rappresentanza, la soubrette Fanfani.
Fanfani boia.

30 maggio 1975

Fonte: Nuclei armati proletari, Quaderno n. 1 di CONTROinformazione

Incursione nella sede della Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti (Napoli 25 ottobre 1974)

Oggi 25 ottobre 1974 un gruppo di compagni dei Nuclei Armati Proletari ha fatto irruzione nella sede dell’U.C.I.D. (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti) in via Medina 40. La sede è stata perquisita e sono stati requisiti registri e schedari con i nomi degli aderenti e dei dirigenti di questa organizzazione.

L’esame del materiale sequestrato ci permetterà di smascherare completamente il ruolo di questa organizzazione confermando le informazioni che sono già in nostro possesso.

L’U.C.I.D. è l’organizzazione dei dirigenti industriali più strettamente legati al potere democristiano che svolge un ruolo continuo di direzione politica e orientamento ideologico con conferenze riservate, riunioni, diffusioni di circolari, documenti di analisi completi e indicazioni politiche. Tanto per dare un’idea del calibro dei personaggi relatori abituali delle conferenze dell’U.C.I.D sono Vito Scalia e Alberto Boyer presidente dell’Associazione sindacale Intersind.

L’U.C.I.D. è particolarmente importante a Napoli e in Campania, zone in cui il potere economico è totalmente legato al carro democristiano, dopo il periodo laurino.

Nell’attuale situazione politica in cui si lancia un attacco assai duro al potere ed alle condizioni di vita dei proletari il ruolo di organizzazioni come l’U.C.I.D. viene ancora accresciuto.

All’attacco dei padroni i compagni stanno rispondendo in tutta Italia con la lotta dura a tutti i livelli nelle fabbriche e nei quartieri con le forme di lotta violenta che la situazione richiede: azione nei supermercati a Milano per difendere il livello di vita della classe operaia; azione alla Face Standard contro la cassa integrazione e l’imperialismo americano; le esplosioni e i messaggi registrati davanti alle carceri e lo scontro a fuoco di Robbiano di Mediglia contro le forze repressive dello Stato.

All’accusa di terrorismo isolato lanciata dai padroni e dai riformisti risponde il numero di queste azioni e l’ampiezza del fronte di lotta che investono.

 

CREARE, ORGANIZZARE POTERE PROLETARIO ARMATO

LOTTA ARMATA PER IL COMUNISMO

NUCLEI ARMATI PROLETARI
NUCLEO FIORENTINO

 

Fonte: Nuclei Armati Proletari, Quaderno n. 1 di CONTROinformazione

 

 

 

 

Intervista ai compagni dei NAP

È da tempo che sull’attività dei compagni che danno vita a nuclei armati proletari, il potere borghese ha scatenato una collaudata campagna di calunnia di diffamazione e di terrorismo; la stampa padronale e parafascista ha assunto in questa operazione una parte di notevole rilievo.

Più volte a questi squallidi figuri si sono affiancati compagni che avendo troppo bene imparato il mestiere di giornalista, preferiscono confrontarsi con le veline delle questure piuttosto che con le esigenze reali del movimento rivoluzionario.

Troppe volte si sono ignorate le vittorie ottenute con queste iniziali esperienze di lotta armata in Italia.

Troppe volte ci si è allineati agli sciacalli borghesi e riformisti nel diffamare ed insultare i compagni caduti combattendo.

Troppe volte si sono montate pretese vittorie degli sbirri di ogni arma preferendo ignorare la reale forza e la reale portata politica che la generalizzazione di esperienze di lotta armata riveste nella crescita del movimento rivoluzionario.

La scelta di rendere pubblici alcuni documenti elaborati dai compagni del nucleo “29 ottobre” non rientra assolutamente in una logica di propaganda e la scelta dei diversi giornali cui sono stati inviati ha logicamente motivazioni differenti.

Oltre ai comunicati che hanno accompagnato le azioni portate a termine, questi documenti tendono a chiarificare ancora meglio le posizioni dei compagni dei nuclei armati proletari.

Chi ancora preferirà muoversi sulle veline delle questure o sulle confidenze dei “corpi separati” si sarà assunto oggettivamente il ruolo che preferisce.

LOTTA ARMATA PER IL COMUNISMO

CREARE ED ORGANIZZARE 10 100 1000 NUCLEI ARMATI PROLETARI

Nucleo Armato “29 Ottobre”

Come sono nati e che scopi si propongono i Nuclei Armati Proletari?

I NAP sono nati da precise esperienze di massa in vari settori, che hanno spinto alcuni compagni a porsi completamente il problema della clandestinità. Per noi clandestinità significa conquistare strutture politiche e organizzative che ci mettano in grado di sviluppare e consolidare tutte quelle esperienze di lotta violenta illegale che sono state e sono un momento centrale per la crescita della autonomia proletaria e dell’alternativa rivoluzionaria nello scontro di classe in Italia, oggi.

Per lotta violenta illegale intendiamo sia esperienze di massa quali l’occupazione della FIAT, San Basilio, le giornate di aprile a Milano; sia la lotta condotta da avanguardie armate clandestine che autonomamente compiono tutte quelle azioni che, pur rispondendo a profonde e generalizzate esigenze del movimento rivoluzionario, in una fase come quella attuale, che secondo noi non si può considerare pre-insurrezionale, non è possibile organizzare a livello di massa. Queste sono per noi le punte emergenti di una pratica politica quotidiana, di una vera e propria prassi alternativa che in questi anni si è diffusa in Italia a un livello abbastanza di massa e rappresenta un primo abbozzo di un programma comunista generale.

Per noi l’unico terreno di crescita comune e omogeneizzazione è stato la costruzione di esperienze di lotta armata la cui continuità è stata garantita da una continua crescita organizzativa che è stata un momento essenziale del nostro sviluppo.

È questo l’unico terreno su cui è stato possibile realizzare al nostro interno un livello di unità non formale. Gli sviluppi delle varie esperienze hanno portato alla creazione di nuclei di compagni che agiscono in luoghi e situazioni diverse in maniera totalmente autonoma e che conservano tra di loro un rapporto organizzativo e di confronto politico.

Noi vediamo la sigla “NAP” non come firma che caratterizza una organizzazione con un programma complessivo, ma come una sigla che sintetizza i caratteri propri della nostra esperienza. Per definire ancora meglio l’autonomia dei vari nuclei, i compagni che hanno risposto a queste domande hanno firmato le loro azioni “Nucleo Armato 29 Ottobre”.

Quali rapporti si hanno o si vogliano avere con organismi di massa non clandestini?

Secondo noi oggi in Italia ci si può organizzare ed agire efficacemente in maniera non clandestina. Bisogna però tenere ben presente che la durezza e la violenza dello scontro di classe richiedono da parte di tutti i compagni rivoluzionari in qualunque settore della società essi operino, la coscienza della necessità da parte loro della costruzione di livelli di clandestinità che li mettano in grado non solo di resistere alla repressione che li colpirà ma anche di praticare efficacemente e con il massimo di sicurezza possibile le forme di lotta illegali e violente che il loro lavoro di massa, qualunque esso sia, necessariamente richiede e richiederà.

I rapporti che noi abbiamo con compagni non clandestini, da una parte vogliono mettere a loro disposizione gli strumenti pratici e teorici che ci vengono dalla nostra esperienza di clandestinità, dall’altra ci servono per trovare, attraverso un confronto il più ampio possibile con compagni rivoluzionari esterni nuove forze alle nostre azioni, nuovi obiettivi da colpire, elementi che affrettino lo sviluppo della nostra esperienza e quindi del movimento rivoluzionario di cui poi siamo una componente.

Naturalmente questi rapporti assumono varie forme dipendendo:

  1. a) dal reale livello di illegalità richiesto dalla situazione in cui operano i compagni con cui ci confrontiamo;
  2. b) dalla maturità con cui essi affrontano il problema della clandestinità con tutti i rischi che vi sono legati per loro e per noi;
  3. c) dalla nostra capacità di misurarci realmente con il livello della lotta di classe nei vari settori con cui entriamo in contatto e di dare quindi un contributo non formale alla crescita del movimento rivoluzionario in quel settore.

Bisogna pure tenere presente che le esperienze e le situazioni di militanza in cui si agisce in Italia oggi hanno ancora caratteristiche abbastanza particolari per cui non è detto che i tempi e le forme della clandestinità che è necessario praticare siano omogenee tra di loro. Già oggi però alcuni momenti come le giornate di aprile a Milano costituiscono una scadenza per tutto il movimento nel suo complesso e quindi anche per noi. È cosi che va vista l’azione contro Filippo De Jorio, agente del STC e consigliere regionale DC da noi effettuata a Roma.

Il confronto pratico e teorico con i compagni esterni deve farci conseguire l’obiettivo di una reale unità d’azione in occasioni come queste sia per svilupparle al massimo livello possibile, sia per sperimentare nuove forme di azione e di organizzazione.

Che cosa avete da dire in merito al quadro che la stampa borghese neoriformista dà della vostra esperienza?

Per quanto riguarda la stampa borghese c’è da dire solo che essa assolve il suo compito di provocazione e calunnia contro le avanguardie rivoluzionarie meritandosi la paga dei padroni.

Alcuni giornalisti e giornali che non dimenticheremo hanno eseguito con particolare zelo questo compito; per quanto riguarda la stampa riformista e neo riformista, entrambi nella loro paura di perdere il cantuccio legale che si sono creati, in uno Stato dove la legalità è quella dei padroni sono abituate a gridare alla provocazione ogni qualvolta si trovano di fronte la violenza proletaria armata e tanto più, da veri sciacalli, quando si subiscono sconfitte.

Il ruolo di costoro (Avanguardia Operaia in testa) si configura oggettivamente come provocatorio. È il tempo che ciascuno si prenda le proprie responsabilità. Da una parte si sono calunniati i compagni caduti o arrestati, dall’altra, accettando in pieno e anzi arricchendo di particolari, inventati di sana pianta, le versioni che la polizia forniva delle nostre azioni, si è insinuato il sospetto di infiltrazioni per screditare una scelta e delle ipotesi politiche e i momenti organizzativi che ne derivano. Tutto questo facendo sfoggio di un atteggiamento professorale ed esperto su problemi della clandestinità, atteggiamento profondamente ridicolo per tutti i compagni che conoscono il passato di scaldasedie degli aspiranti consiglieri comunali Corvisieri e C. nonché le eroiche imprese dei vari “servizi d’ordine” a cominciare da quello di AO più noto come la “Brigata Lepre”.

I NAP si sono finora caratterizzati dalla perfetta conoscenza reciproca di tutti i militanti di ciascun nucleo che è politicamente e organizzativamente autonomo.

Attraverso la discussione e il lavoro politico comune si tende ad avere il massimo controllo reciproco sui singoli militanti e sulle strutture. Ciò non vuol dire che non si commettono errori tecnico-militari e di valutazione politiche su singole azioni.

Questi errori, pesantissimi da pagare sono difficili quando si pratica un terreno, quello della costruzione di una organizzazione clandestina su cui le esperienze sono enormemente limitate.

Noi rivendichiamo come nostro patrimonio gli errori commessi e riteniamo fondamentale risolverli: molte volte abbiamo pagato la nostra inesperienza e troppe sono pure le volte che abbiamo pagato anche la leggerezza dei compagni esterni alle nostre strutture sui quali non abbiamo avuto il controllo necessario.

Infine i compagni e specialmente quelli che si muovono o intendono muoversi nella clandestinità devono avere ben chiari il continuo rafforzamento qualitativo e quantitativo dell’apparato repressivo borghese e il costo politico, organizzativo, umano che questo comporta.

Ad ogni nostra azione noi ci rafforziamo politicamente e organizzativamente però ci scontriamo con una repressione più forte e raffinata.

In questa situazione è illusorio pensare di potere evitare gli errori e le sconfitte che possono anche essere fatali per questo o quel singolo nucleo.

La validità di una esperienza clandestina deve essere valutata solo per giudicare se si presenta o no come una componente del progetto complessivo che il proletariato rivoluzionario sta oggi elaborando in Italia.

In base a quale analisi e verso quali prospettive intendete agire?

Precisiamo innanzi tutto che secondo noi il movimento rivoluzionario in Italia non ha ancora raggiunto un livello e una generalizzazione tali da possedere una reale analisi che preveda sul piano tattico e strategico i tempi e le forme dello scontro di classe e un programma comunista articolato a tutti gli aspetti della società. Ci sono senz’altro alcuni punti fermi teorici e pratici che sono patrimonio del movimento rivoluzionario quali: il rifiuto del lavoro nella sua forma attuale, la lotta violenta alla oppressione capitalistica, il diritto a riappropriarsi del complesso della propria esistenza.

Più che di un programma teorico si tratta di un programma pratico che già ora viene posto in atto a livello di massa. Alcuni compagni che sono più coscienti ne vedono più chiaramente le implicazioni, altri ne hanno una coscienza teorica meno chiara ma la loro prassi politica non per questo è diversa. La dimensione di massa di questi fatti e il potenziale rivoluzionario che possono esprimere ci sembrano ampiamente dimostrati da decine di episodi particolari della lotta di classe in questi anni e dai momenti di lotta generale che ci troviamo di fronte.

Noi intendiamo all’interno di questo processo, di cui siamo una componente, sviluppare al massimo le nostre capacità di intervento sia pratico sia come contributo teorico sulla base della nostra esperienza.

L’aver portato felicemente a termine alcune operazioni negli ultimi tempi non ci fa pensare di essere invincibili.

La morte dei compagni Sergio, Luca, Vito, il pesante prezzo dei compagni arrestati e condannati spesso sulla base di prove false, con cui abbiamo pagato ogni minimo errore non sono cose che si possono sottovalutare.

Ma riteniamo di rispondere con la nostra azione e con le nostre esperienze a una reale esigenza della lotta di classe e di contribuire allo sviluppo del programma comunista.

Questo fatto e questa prospettiva giustificano i rischi che corriamo.

Lotta armata per il comunismo!

Creare organizzare 10 100 1000 NAP!

NUCLEO ARMATO 29 OTTOBRE

1975

Fonte, Nuclei Armati Proletari, Quaderno n. 1 di CONTROinformazione