- La fermezza
In questi giorni abbiamo visto una pantomima del regime, dal titolo: la grande fermezza. È stata una gara a rincorrersi tra le varie componenti dello Stato imperialista a dimostrarsi granitiche, salde come rocce. Un’orgia di dichiarazioni dei potenti del regime, con pipa o senza, a dimostrare di essere fermi, che più fermi non si può. La regia dello spettacolo è accurata e ferrea, ma non riesce a nascondere che si tratta soltanto di una recita. I volti lugubri della gang democristiana, dei suoi complici, nei vari partiti, le loro voci roboanti e isteriche tradiscono una debolezza che non può essere coperta neanche con l’impegno assillante dei mass media. La realtà che non riescono a nascondere è che questo regime, questo Stato assediato, circondato da ogni parte, mostra i segni di una disgregazione inarrestabile. Il regime della disoccupazione, del supersfruttamento, dei campi di concentramento è oggi attaccato senza tregua dal proletariato, che vuole farla finita con il sistema dei padroni, con la miseria materiale ed umana in cui è costretto a vivere. Un regime di uno Stato arrogante quanto corrotto, che trova l’unica ragione della sua esistenza nella ferocia dei suoi mercenari. Sotto la sferza della guerriglia il regime si sforza di apparire forte e compatto, ma il tessuto politico che governa la nazione controrivoluzionaria e antiproletaria si mostra con tutta evidenza sfilacciato e lacerato. La crisi della borghesia è irreversibile e i suoi rappresentanti politici, le oscene marionette delle multinazionali imperialiste, possono soltanto rattoppare con il loro putridume qualche pezza verbale raccattata dalla pattumiera della retorica fascista, ma si rivelano sempre più dei tragici clown. La loro fermezza è solo ridicola messa in scena, inutile cortina fumogena per nascondere una totale impotenza, per nascondere l’impossibilità di trovare una sola ragione politica e sociale del loro sistema di potere. Più strillano la loro fermezza più ci dichiarano la loro debolezza. La borghesia imperialista non avendo più ragioni politiche e sociali per giustificare il suo dominio è costretta ad affidare ai soli carabinieri di Forlani ogni sua possibilità di sopravvivenza. Ma anche questa strategia, per quanto brutale e sanguinaria, ha il fiato corto. Questo governo può scatenare i suoi gorilla più addestrati, come ha fatto contro la lotta dei Proletari Prigionieri di Trani, ma sarà sempre l’iniziativa rivoluzionaria delle masse ad avere il sopravvento. Anche a Trani la grande ed indistruttibile unità dei Proletari Prigionieri ha permesso di condurre una battaglia formidabile, che nonostante l’ovvia disparità dei mezzi, i compagni in lotta hanno saputo volgere a loro favore. La brutalità ed il sadismo dei mercenari in divisa non sono riusciti a sconfiggere, la grande mobilitazione, l’intelligente organizzazione e la capacità offensiva che questa componente di classe ha espresso a livello di massa. L’unità politica che in questa campagna di lotta si è stabilita tra gli Organismi di Massa rivoluzionari e l’avanguardia di partito ha consentito di mantenere l’offensiva e ha trasformato quella che doveva sembrare una prova di forza del regime in una squillante vittoria del movimento rivoluzionario e dei proletari prigionieri. I carabinieri possono sembrare invincibili quando assassinano con i loro sofisticati “mezzi proletari inermi”. Ma quando vengono attaccati da un movimento che sa armarsi, organizzarsi e combattere come è accaduto a Trani o che sa scovarli dalle loro tane come ha fatto la guerriglia con Galvaligi, ognuno li vede per quel che sono: mercenari ammaestrati, feroci e sanguinari robot. Noi rifiutiamo ogni trionfalismo, sappiamo che le battaglie si vincono e qualche volta si perdono, ma la grande forza dimostrata con la saldatura del movimento di Massa con la guerriglia dice a tutti che “la guerra la vinceranno i proletari, la vincerà il movimento rivoluzionario che lotta per una società comunista. Il regime dell’annientamento, dei massacri, dei campi di concentramento non ha speranza, perché continueremo a combattere costruendo il potere proletario armato, che lo seppellirà definitivamente nelle fabbriche, nei quartieri, nelle carceri”.
- La paura
La borghesia è in crisi, ma vede oggi chi gli scaverà la fossa: il movimento rivoluzionario che lotta per una società comunista. È questo un movimento che costituisce già un potere, che sa esercitarlo; che sa presentarsi, seppure ancora in una fase iniziale, come l’unica vera alternativa alla barbarie del sistema imperialista. È un movimento di massa che sa riconoscersi in una strategia, sa darsi un programma di lungo respiro e su obiettivi immediati, sa costruire i movimenti organizzativi di massa e di partito che gli consentono di combattere e vincere. E questo alla borghesia fa una tremenda paura!!! Tutti i suoi piani controrivoluzionari, tutte le sue manovre repressive, per quanto portati con artigli d’acciaio, sono caratterizzati da un profondo e insopprimibile terrore. La realtà della crescita del movimento di massa rivoluzionario, la determinazione e la chiarezza del suo programma non devono essere conosciute, ma devono essere mistificate per rassicurare in qualche modo le fila della borghesia. A questo scopo serve la stampa, perché è stampa di regime. Il suo è un ruolo attivo, che non è solo censura, ma costruzione a tavolino della propaganda controrivoluzionaria della controguerriglia psicologica secondo le veline governative. Ma questo è bastato fino a ieri. Oggi qualche pennivendolo non riesce a contenere la propria isterica paura e si illude che staccare la spina voglia dire cancellare la realtà. Ciò che non si riesce più a mistificare bisogna negare che esista. Ma non si può cancellare un movimento che avanza con un ridicolo quanto impossibile black-out! Siamo molto soddisfatti che la stampa di regime pilotata dai boss democristiani abbia persino paura delle parole delle forze rivoluzionarie. Ciò significa che la forza delle idee, dei programmi, dell’organizzazione che tutto il movimento proletario rivoluzionario è in grado di elaborare e di esprimere, è così grande da costituire un punto di riferimento per una mobilitazione sempre maggiore della classe operaia e di ogni strato proletario. Si rafforza così la nostra convinzione della giustezza delle ragioni e della validità storica della lotta armata per una società comunista.
- La lotta dei Proletari Prigionieri continua
Avevamo detto, mentre comunicavamo la condanna a morte del boia D’Urso, che l’opportunità di eseguire o sospendere la sentenza doveva essere valutata dal comitato di lotta di Trani e dal Comitato Unitario di Campo di Palmi. Finora è stato impedito a questi organismi di esprimere integralmente sulla stampa quotidiana le valutazioni che stanno alla base del loro orientamento. Eravamo sicuri che il potere avrebbe approfittato della segregazione e dell’isolamento in cui tiene i compagni per raccontare quello che adesso fa comodo mentre a tutto il movimento rivoluzionario interessa conoscere integralmente il loro punto di vista e il loro giudizio. Noi non abbiamo alcuna intenzione di prolungare la prigionia di D’Urso oltre il necessario e se entro 48 ore dalla pubblicazione di questo comunicato non leggeremo integralmente sui maggiori quotidiani italiani i comunicati che dagli organismi di massa di Trani e di Palmi sono stati emessi, daremo senz’altro corso all’esecuzione della “sentenza a cui D’Urso è stato condannato”. Noi sappiamo assumerci le nostre responsabilità, e anche i potenti di questo regime e la sua stampa si assumeranno le loro. E toccherà a loro, se intendono seppellire la voce dei Proletari Prigionieri di Trani e di Palmi, la responsabilità effettiva di aver impedito alla giustizia proletaria un possibile atto di magnanimità.
PER IL COMUNISMO BRIGATE ROSSE
Roma, 10 gennaio 1981
Un pensiero su “Campagna D’Urso – Comunicato N.9”