ORGANIZZARE LA LIBERAZIONE DEI PROLETARI PRIGIONIERI
SMANTELLARE IL CIRCUITO DELLA DIFFERENZIAZIONE
COSTRUIRE E RAFFORZARE I COMITATI DI LOTTA
CHIUDERE IMMEDIATAMENTE L’ASINARA
1. L’interrogatorio del boia D’Urso è giunto a conclusione ed ha confermato in pieno il suo ruolo infame di massacratore di proletari. Questo “tecnico” chiamato a Roma ed istruito dai maiali del Ministero di Grazia e Giustizia ha saputo svolgere fino in fondo la parte che la borghesia imperialista gli ha affidato. L’ha fatto diligentemente, con deliberazione e logica di gelido burocrate, che archiviando cartacce doveva archiviare la morte civile di centinaia di esseri umani.
D’Urso è stato un vero e proprio stakanovista della differenziazione e dell’annientamento, capace di dedicare il giorno e la notte sul suo “dignitoso lavoro per guadagnarsi il pane’”, come dice lui; per guadagnarsi promozioni e quattrini sulla pelle dei proletari, come è nella realtà. Altro che un onesto padre di famiglia e un lavoratore! D’Urso è stato il più vile e feroce dei servi della banda imperialista al governo!
Alcune cose sono emerse dall’interrogatorio a cui il boia è stato sottoposto nella prigione del popolo:
– D’Urso è stato al Ministero di Grazia e Giustizia il continuatore della “vecchia guardia che ora non c’è più’”, come ha detto lui. Il boia della seconda generazione dopo i Palma, i Tartaglione, gli Altavista, i Minervini, i Buondonno. E’ stato una rotella essenziale dell’infernale macchina che è la strategia differenziata, perché ha consentito che i piani per l’annientamento, elaborati a tavolino da belve travestite da esperti come Di Gennaro e Beria D’Argentine, con la delega di ministri “riformisti’” come Zagari, Bonifacio, Morlino e Sarti, potessero andare avanti e perfezionarsi. D’Urso e il suo ufficio sono stati l’avamposto, la zona di frontiera nella repressione del movimento dei proletari prigionieri e delle forze rivoluzionarie. Se è vero che questo “disgraziato di provincia” non è all’altezza degli illustri pescecani della differenziazione, abituati a frequentare il palcoscenico internazionale, e non è l’unico responsabile della strategia differenziata, è anche vero che ne è stato l’esecutore diligente e più convinto. Solo la sua mentalità nazista può consentirgli di affermare di essere sì un massacratore di proletari, ma senza colpe, perché qualcuno più in alto glielo ha ordinato.
– D’Urso ha portato a perfezionare la macchina carceraria come gli interrogatori già noti hanno confermato. E’ stato l’uomo della magistratura di guerra e dei Carabinieri dentro il Ministero di GG. L’uomo dei Sica, Gallucci, Caselli, complice dei Galvaligi, dei Risi, sempre pronto ad eseguire i suggerimenti di morte raccomandatigli dai magistrati, poliziotti e carabinieri; e quindi assegnare, trasferire e seppellire i prigionieri più combattivi nei lager più disumani. Sempre pronto a far finta di non vedere ciò che questi massacratori facevano, quando si trattava di torturare, quando si trattava di torturare dei singoli combattenti al momento della cattura, di tortura di massa dei prigionieri dopo le azioni di lotta, di sadica gestione degli aguzzini ai suoi ordini nei vari kampi. L’Asinara per D’Urso era soltanto un’isola, la più sicura per i proletari più combattivi; che fosse invece il mortale prodotto di una strategia d’annientamento in mano ad un pazzo criminale come Cardullo non era per lui rilevante.
Ad un solo tipo di prigionieri D’Urso ha dedicato le sue amorevoli cure: agli infami venduti. Per qualcuno è giunto persino a scordarsi di averlo in carcere.
– D’Urso è un “boia pentito’”, non certo per ravvedimento tardivo, ma più concretamente per scelta immediata per salvare la pelle. La sua piena collaborazione apre oggi una nuova contraddizione nel fronte imperialista, riversando al suo interno un problema su cui continuamente ha battuto la gran cassa e che non è mai stato del movimento rivoluzionario: la questione dei pentiti e della cosiddetta amnistia. Le chiacchiere che sulla stampa di regime hanno visto impegnato tutto lo schieramento borghese, dai cosiddetti garantisti ai più loschi personaggi delle bande di potere, sono diventate solo rumore di fondo di fronte all’iniziativa combattente. La borghesia ed il suo regime sono costretti oggi a risolvere una loro contraddizione, perché di questo si tratta: c’è un boia della borghesia “pentito” e che collabora con la giustizia proletaria. E’ chiaro a questo punto che ciascun mercenario, tecnico, funzionario vede in D’Urso la sua immagine come riflessa in uno specchio. Ci vorrà ben altro che depennare dalla pubblicazione del suo interrogatorio i nomi di decine di aguzzini per tranquillizzarli del fatto che ad essi spetta la sorte del carabiniere Galvaligi. Se la guerriglia è arrivata ad un supergenerale dei corpi speciali, figurarsi se non saprà colpire i topi annidati nei covi ministeriali.
– Per noi e per il movimento rivoluzionario il processo D’Urso si chiude qui. Di fronte alla morte fisica e politica di centinaia di proletari prigionieri che D’Urso ha cinicamente perseguito in questi anni, e alla piena consapevolezza che aveva del suo ruolo, la sentenza non può essere che di condanna a morte.
La condanna a morte del boia D’Urso è un atto necessario di giustizia proletaria, ed è anche il più alto atto di umanità che questo regime ci consente.
2. La Lotta dei proletari prigionieri continua. Nella battaglia del 28 dicembre il Comitato di Lotta di Trani affermava tra l’altro: “In questo modo i proletari prigionieri di Trani si dialettizzano con le Brigate Rosse trasformando l’aguzzino D’Urso in un loro prigioniero”. Il Comitato di Lotta è l’organismo di massa che rappresenta nei kampi la forma organizzata del potere proletario armato. E’ questa una forma organizzata autonoma, propria dei proletari prigionieri, ne rappresenta i bisogni, sintetizza il loro programma di potere in obiettivi di lotta, guida la potenzialità di questo strato di classe. Per questo i Comitati di Lotta dei kampi e gli altri organismi di massa sono, nei fatti, una delle determinazioni fondamentali e irrinunciabili del potere proletario armato. Le Brigate Rosse agiscono da partito per costruire il Partito Combattente. Non c’è quindi un rapporto di identificazione tra le Brigate Rosse e gli organismi di massa rivoluzionari, né l’uno è subordinato all’altro. C’è invece un rapporto di stretta dialettica tra Partito e organismi di massa rivoluzionari, il cui insieme costituisce il potere proletario armato. Questa dialettica consente un’azione congiunta contro la strategia imperialista, e dà vita ad uno scontro di potere di un’efficacia senza pari. La campagna di combattimento che si è sviluppata contro le carceri imperialiste con un insieme di battaglie condotte dai proletari prigionieri e con l’iniziativa di partito delle Brigate Rosse, si colloca dentro questa strategia di costruzione del potere proletario armato.
Confermiamo e ribadiamo, contro le mistificazioni del regime, che le Brigate Rosse appoggiano incondizionatamente il programma e gli obiettivi che gli organismi di massa dentro le carceri si sono dati. Ad essi non accordiamo una generica ed inutile solidarietà a parole, ma continueremo su questo terreno l’attacco allo stato imperialista, perché si rafforzi e consolidi il potere proletario armato nelle carceri e gli obiettivi del suo programma vengano raggiunti. La lotta dei proletari prigionieri, il programma dei Comitati di Lotta, come avevamo già affermato, ci riguardano direttamente. E riguardano anche il boia D’Urso. Siamo perfettamente d’accordo con i proletari di Trani quando dicono che D’Urso è anche loro prigioniero. Per quanto ci riguarda abbiamo già emesso un giudizio secondo i criteri della giustizia proletaria, ed essa corrisponde sicuramente a quanto ogni proletario ha già decretato. La condanna a morte di D’Urso è sicuramente gusta, ma l’opportunità di eseguirla o di sospenderla deve essere valutata politicamente. Questo spetta oltre che alle BR, esclusivamente agli organismi di massa rivoluzionari dentro le carceri. Ad essi solo spetta valutare gli obiettivi già raggiunti dalle battaglie fin qui condotte, ad essi la valutazione esatta dei rapporti di forza che hanno consentito una significativa avanzata nella realizzazione del programma immediato dei proletari prigionieri. Questa voce, per decidere se eseguire o sospendere l’esecuzione D’Urso, è l’unica che ci interessa sentire. Vogliamo essere più espliciti: non deve essere impedito al Comitato di Lotta di Trani, al comitato di kampo dei prigionieri di Palmi di esprimere integralmente, senza censurare neanche le virgole, le loro valutazioni politiche e il loro giudizio.
Questo vogliamo sentirlo dai vostri strumenti radiotelevisivi, leggerlo sui maggiori quotidiani italiani, così come avevano chiesto i proletari di Trani in lotta. La repressione e la censura nei confronti degli organismi di massa dei kampi troverà da parte nostra la più dura e decisa opposizione, e sapremo assumerci tutte le nostre responsabilità. Questo regime ci ha dato più volte prova che è solo capace di essere tanto feroce quanto stupido, ciò nonostante vogliamo fornire a chi tra le fila della borghesia ha ancora un minimo di ragionevolezza, un’ultima occasione di rendersi conto che il movimento dei proletari prigionieri non può essere annientato, perché non si lascerà annientare.
Brigate Rosse
Roma, 4-1-1981
Pubblicato in progetto memoria, Le parole scritte, Sensibili alle foglie, Roma 1996, pp. 215-217.
Un pensiero su “Campagna D’Urso – Comunicato n. 8”
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