Organizzare la liberazione dei proletari prigionieri. Smantellare il circuito della differenziazione. Costruire e rafforzare i Comitati di lotta. Chiudere immediatamente l’Asinara.
Ogni operaio, ogni proletario che non si arrende, che continua a combattere contro i padroni, per una società senza sfruttamento, pone la lotta per la distruzione delle carceri imperialiste al centro degli interessi della sua classe. Lo Stato borghese e il suo regime per sperare di sopravvivere deve assolutamente annientare qualunque espressione della lotta di classe. Dalla fabbrica, dai quartieri proletari deve essere cancellata ogni volontà di lotta, ogni presenza antagonista, ogni traccia di organizzazione proletaria. All’interno di questa strategia di controrivoluzione preventiva la borghesia assegna al carcere un ruolo fondamentale: annientare politicamente e fisicamente l’avanguardia del proletariato metropolitano, neutralizzare e rendere impotente una intera fascia di proletariato emarginato dalla produzione. Le contraddizioni di classe provocate dalla politica dei licenziamenti, della disoccupazione, della cassa integrazione, della miseria e mancanza di qualunque reddito per milioni di persone, trovano nella borghesia imperialista un’unica soluzione: rendere “scientifico” e sistematico l’imprigionamento e la deportazione di migliaia di proletari. Quando la borghesia vuota le fabbriche, riempie le galere. Quando vuole terrorizzare i proletari che si oppongono ai suoi piani, affida questo messaggio all’infame sistema dei campi di concentramento. Per far funzionare le sue fabbriche e mantenere il suo dominio, la borghesia deve fare funzionare a pieno ritmo le sue prigioni.
Il ritmo quindi con cui si realizzano i piani di Agnelli e dei suoi soci è scandito dalle ondate di proletari sbattuti in galera. I livelli di sfruttamento che riescono a realizzare sono misurabili con quanti compagni vengono arrestati. E’ chiaro quindi che è anche su questo fronte centrale della guerra di classe, il carcere imperialista, che la classe operaia deve combattere.
Una parte essenziale del proletariato metropolitano, il proletariato extralegale, su questo terreno negli ultimi anni ha sviluppato un grande movimento di lotta, che in ogni fase dell’attuazione del piano controrivoluzionario ha inceppato il meccanismo di annientamento carcerario. I Comitati di Lotta, organismi i massa proletari prigionieri, hanno elaborato un programma immediato su cui hanno realizzato il massimo della mobilitazione e del combattimento, con l’obiettivo di far fallire la strategia della differenziazione concentrando l’iniziativa nel distruggere il circuito dei campi speciali. Nei carceri speciali infatti, il potere crea di realizzare il massimo dell’isolamento e il massimo della deterrenza.
Due nomi per tutti: Palmi e l’Asinara.
Palmi è la gabbia completamente isolata dal mondo. E’ lì che il potere ha deciso di eliminare ogni possibile legame politico e fisico tra l’avanguardia comunista e il proletariato. E’ lì che si dovrebbe compiere il genocidio dei comunisti.
L’Asinara è il più infame dei campi speciali. E’ lo specchio fedele della barbarie imperialista. Esso rappresenta infatti il massimo della repressione e della disumana volontà di massacro di questo regime. Questo mostruoso luogo di tortura è il ricatto costante, la minaccia sempre presente, coi quali sperano di piegare la lotta dei proletari prigionieri. Ma la strategia differenziata, proprio per l’iniziativa di lotta dei proletari prigionieri non ha avuto successo. Al contrario sono sorti e si stanno rafforzando gli organismi di massa, che nella specificità delle carceri hanno assunto la forma dei Comitati di Lotta.
La reazione della borghesia di fronte a questo fatto di enorme importanza politica per tutto il proletariato, si può chiamare con un solo nome: paura. Paura che si è tradotta nella censura più completa sull’esistenza dei Comitati di Lotta, sulla loro elaborazione politica, nella repressione più feroce del loro programma di lotta. La realtà è che i Comitati di Lotta hanno guidato le lotte e le rivolte per la distruzione delle carceri in questi ultimi mesi esprimendo così uno dei punti più alti della lotta rivoluzionaria e realizzando nei fatti quella saldatura politica con le altre componenti del movimento rivoluzionario che tanto spaventa gli aguzzini imperialisti. Le Brigate Rosse nell’agire da partito, nell’azione di disarticolazione dello stato imperialista, catturando il capo degli aguzzini delle carceri, non perdono di vista neppure per un istante il movimento dei proletari prigionieri, e sapranno farsi carico del programma su cui è mobilitato. Nell’iniziativa di partito, costruire il Potere Armato vuol dire conquistare progressivi terreni di legalità rivoluzionari, dalla fabbrica alla galera, nel raggiungimento degli obiettivi del loro programma immediato, contribuendo in ogni modo a rompere la vile cappa di omertà e repressione con cui il nemico vuol coprire la loro voce. Un nostro compagno, Michele Galati è stato catturato a Mestre, sequestrato per giorni e giorni e sottoposto a torture così come è accaduto al compagno Maurizio Jannelli e a tutti gli altri militanti delle Organizzazioni Combattenti recentemente catturati. E’ chiaro a questo punto che la pratica delle sevizie e della tortura è il metodo prediletto generalizzato da questo regime. La responsabilità di tutto questo non è solo dei sadici massacratori in divisa, ma dei loro mandanti, dalle forze politiche alla stampa di regime. La lotta delle organizzazioni rivoluzionarie saprà rispondere agli uni e agli altri in modo esemplare. Questi luridi vermi si riempiono la bocca di formulette propagandistiche sui “diritti dell’uomo” che sono un insulto a quanto di più elementare attiene alla dignità dell’uomo. Stiano comunque tranquilli; noi siamo diversi da loro, molto diversi. Il prigioniero Giovanni D’Urso sta bene, ed ha modo di scoprire per esperienza diretta l’abisso che separa i comunisti dai torturatori di cui fa parte. L’interrogatorio a cui è sottoposto avviene con la sua piena collaborazione e sta mettendo in chiara luce le sue dirette responsabilità. Il ruolo da lui sin qui svolto nelle carceri non lascia dubbi, tutti i proletari prigionieri lo conoscono bene: boia ed aguzzino.
Onore a tutti i compagni caduti per il comunismo.
Brigate Rosse
Roma, 13-12-1980
Un pensiero su “Campagna D’Urso, comunicato n. 2”
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