- La borghesia ha dei seri problemi e, come al solito, cerca di mascherarli, cercando di farli apparire come problemi delle forze rivoluzionarie. Vediamo di fare un po’ di chiarezza. Sulla questione “trattare o non trattare”, diciamo che è un problema che riguarda solo le forze dello Stato imperialista, poiché noi delle BR non abbiamo proprio niente né da chiedere né da barattare. La guerriglia conquista con le armi in pugno gli obiettivi del suo programma che non è “contrattabile”, ma che si impone grazie ai rapporti di forza che via via la guerra di classe definisce sempre più a favore del proletariato. Le varie componenti della borghesia discutano pure tra di loro se trattare o no, la cosa non ci riguarda minimamente, poiché è solo sul terreno della guerra di classe che si stabiliscono i rapporti tra rivoluzione e controrivoluzione; tutto il resto è solo teatrino delle marionette e semplice propaganda della controguerriglia, che comunque mette in evidenza sempre le loro fratture. Nel caso dei comunicati di Trani e di Palmi va ribadito che la loro pubblicazione non era affatto una contropartita alla liberazione di D’Urso, non chiedevamo niente in cambio di niente. Era invece la constatazione del dato di fatto che gli Organismi di Massa Rivoluzionari dentro le carceri si sono conquistati con la lotta il diritto di essere espressione del potere proletario armato e quindi la pubblicazione del loro punto di vista sui giornali della borghesia non era una richiesta, ma una imposizione, che i rapporti di forza attuali ci consentono. Questo obiettivo ampiamente raggiunto, ne ha portato con sé un altro: la stampa di regime, tutta la stampa ha perso la foglia di fico con la quale nascondeva il suo ruolo. Dopo le roboanti dichiarazioni dei vari pennivendoli nessuno potrà più scambiarli per “giornalisti dell’informazione”, poiché si sono qualificati senza maschere per galoppini portavoce al servizio dello Stato imperialista e della gang democristiana. La stampa di regime è un’arma della borghesia contro il proletariato, e averla costretta, indebolendo il suo ruolo, a dare informazioni sul movimento rivoluzionario è un risultato non da poco.
- Dalle parole d’ordine che il “portatore di cartelle” D’Urso illustrava con le sue fotografie, va depennata l’ultima perché come dice il Comitato di Lotta dell’Asinara nel suo comunicato: “Il movimento organizzato dei Proletari Prigionieri, il movimento rivoluzionario in dialettica con l’iniziativa dell’Organizzazione Comunista Combattente Brigate Rosse, hanno chiuso definitivamente il kampo dell’Asinara, portando a termine la battaglia intrapresa il 2/10/79″. Il comunicato prosegue: “È la lotta del movimento dei Proletari Prigionieri, l’iniziativa del movimento rivoluzionario e della sua avanguardia armata che ha chiuso il kampo dell’Asinara e ha colpito il centro nervoso della politica carceraria imperialista”. Ciò che rappresentava l’Asinara nella strategia imperialista della differenziazione e nel circuito dei kampi è a tutti noto, e aver chiuso questo micidiale kampo di concentramento segna un grosso avanzamento della lotta per una società senza carceri e senza proletari imprigionati, e concordiamo col Comitato di Lotta ex-Asinara quando dice: “Questa vittoria è la più significativa ottenuta dal movimento dei Proletari Prigionieri negli ultimi anni e dimostra la maturità raggiunta da questo settore di classe che ha combattuto compatto attorno alla parola d’ordine di “chiudere con ogni mezzo l’Asinara”. La chiusura dell’Asinara è dunque una tappa fondamentale nella storia e nelle lotte del movimento dei Proletari Prigionieri e caratterizza l’apertura di un nuovo ciclo di lotte, inoltre definisce i rapporti di forza tra movimento dei Proletari Prigionieri e lo Stato”. Non abbiamo altro da aggiungere.
- Nella campagna di lotta incentrata sul processo a D’Urso, si è rinsaldata l’unità dei Proletari Prigionieri, il suo programma ha trovato nuovi formidabili momenti di mobilitazione e di combattimento. La lotta dei proletari di Trani ha dato al programma dei Proletari Prigionieri una forza ed una chiarezza che costituirà per tutto il movimento un punto di riferimento essenziale su cui continuare a combattere. Il nemico ha tentato disperatamente di annullare questo risultato con ogni mezzo: con i CC, con la magistratura di guerra dei vari Sica, e qualche buffone della corte democristiana. Ma a nulla sono valse le sanguinarie operazioni dei CC alle quali si è saputo contrapporre una indiscutibile resistenza offensiva dentro il carcere e l’iniziativa che li ha stanati dai loro covi, come si è fatto per Galvaligi. A nulla varranno i loschi tentativi ricattatori di divisione tra i proletari operati da stupidi magistrati: i proletari di Trani hanno insegnato a tutti come si fa a combattere e a vincere. La campagna di attacco per il rafforzamento degli Organismi di Massa Rivoluzionari dentro le carceri, per il perseguimento degli obiettivi del loro programma immediato, ha avuto pieno successo così come dicono i Comitati di Lotta di Trani e il Comitato Unitario di Campo di Palmi. Non solo, ma l’isolamento politico dei Proletari Prigionieri, condizione per poterli annientare, è stato letteralmente frantumato. La lotta dei Proletari Prigionieri è uscita definitivamente dalle mura delle carceri, collocando il proletariato extralegale all’interno del movimento rivoluzionario e accanto alla Classe Operaia ed alle altre componenti del proletariato metropolitano che lottano per una società Comunista. Riunificare il proletariato metropolitano è l’obiettivo politico strategico del Partito Comunista Combattente. Non c’è dubbio che l’iniziativa svolta congiuntamente in questa campagna ha ottenuto un risultato di enorme valore, proprio perché ha rotto l’accerchiamento politico dei Proletari Prigionieri, e perché negli obiettivi della sua lotta ogni proletario, ogni operaio, ha fatto riconoscere i motivi di un’unità strategica per la conquista del potere.
- La fase storica che stiamo attraversando vede il movimento di massa proletario appropriarsi della strategia della Lotta Armata per il Comunismo. In questa fase è essenziale procedere senza esitazioni alla costruzione del sistema del potere proletario armato, costituito dal Partito Comunista Combattente e dagli Organismi di Massa Rivoluzionari. È di vitale importanza che questo sistema di potere nasca e si sviluppi come rapporto tra il Programma Generale di transizione al Comunismo e i programmi che i vari strati di classe si danno, viva nel rapporto dialettico tra i bisogni di potere e bisogni immediati del proletariato. Solo da questa dialettica nasce uno scontro di potere condotto lucidamente contro la strategia imperialista e trasforma la naturale resistenza proletaria alla ristrutturazione in resistenza offensiva. Questo è ciò che è accaduto nella campagna contro le carceri, incentrata su D’Urso. La validità di questa strategia, la praticabilità di questa linea è stata dimostrata dall’efficacia dei colpi portati e dai risultati politici e materiali raggiunti in questa battaglia. È evidente che questo costituirà d’ora in avanti un punto di riferimento per tutto il movimento rivoluzionario. Ogni componente di classe, con in testa la Classe Operaia delle grandi fabbriche, i lavoratori dei servizi, i proletari dei quartieri-ghetto, ha oggi un altro punto di riferimento per operare una grande avanzata, per riprendere massicciamente l’offensiva. Il grande dibattito che si sta sviluppando tra le avanguardie e gli elementi più combattivi della Classe Operaia e del proletariato metropolitano, segna la riapertura di un nuovo ciclo di lotte che avrà nella costruzione del Potere Proletario Armato, il suo punto focale. Le BR agendo da partito per questo lavorano all’interno di ogni componente proletaria, costruendo e rafforzando gli Organismi di Massa Rivoluzionari, organizzando tutti i movimenti di lotta e di combattimento per definire i programmi immediati in cui far vivere lo scontro di potere. Su questa linea la pratica del movimento rivoluzionario è già ripresa con nuovo slancio ed entusiasmo in ogni fabbrica, in ogni quartiere, in ogni luogo dove vivono e lottano i proletari, così come la battaglia contro le carceri ha dimostrato che è possibile fare vittoriosamente, questo è un altro risultato da aggiungere ai successi di questa lotta.
- Uno stato imperialista ha un cuore, ha cioè un progetto controrivoluzionario e quando si colpisce lì gli vengono le convulsioni. Quando la guerriglia attacca i centri vitali del suo progetto, il coacervo di forze politiche, economiche e militari che lo devono gestire si spaccano e l’apparente unità delle varie componenti, dai partiti alla magistratura ai militari alla stampa va in pezzi. Le contraddizioni nascono per il semplice fatto che questo regime non ha più nessuna giustificazione per la sua esistenza se non nella forza di annientamento antiproletaria che ancora possiede; attaccata ed intaccata questa forza il regime in ogni sua componente si scopre debole ed impotente. Da qui convulsioni schizofreniche dei vari partiti e dei vari organi di magistratura eccetera. La loro debolezza, la loro crisi sta proprio nella mancanza assoluta di legittimità sociale e politica del loro potere, il fatto che sono garanti di un sistema di sfruttamento capitalistico che non ha più niente da fare e può solo cercare di ritardare la sua disfatta. Attaccando il cuore dello stato si creano perciò delle falle nel progetto controrivoluzionario, si moltiplicano gli effetti che ne ritardano l’attuazione, si impedisce che la crisi si ricomponga sulla pelle dei proletari. Approfondire la crisi della borghesia è nell’interesse proletario, aumentare la debolezza dello schieramento nemico vuol dire aumentare la forza della rivoluzione. La campagna contro le carceri delle forze rivoluzionarie ha messo a nudo tutta la debolezza politica di questo regime, ha scompaginato i patti di omertà e complicità tra le forze politiche, magistratura, stampa e carabinieri stipulati per realizzare l’annientamento proletario. Ha messo in evidenza che l’unico cemento che tiene in piedi questo regime è la corruzione e la paura. Le varie bande democristiane con i loro complici che infestano il nostro paese possono essere battute, i loro piani vanificati, le loro alleanze spezzate; e questo è quello che regolarmente è accaduto con la campagna contro le carceri.
- La borghesia ha adesso un altro problemino: che fare di un aguzzino pentito? Perché D’Urso è proprio questo, un aguzzino pentito. Ha collaborato con la giustizia proletaria, ci ha rivelato nei minimi dettagli i progetti, la struttura e gli uomini che a partire dal ministero di Grazia e Giustizia fino ai nodi periferici sovraintendono alla strategia dell’annientamento. In questo suo comportamento ravvisiamo non certo un ravvedimento morale di cui lo crediamo incapace ma una scelta politica di cui sappiamo tener conto. Per anni la stampa di regime si è affannata a cercare una talpa nel ministero di Grazia e Giustizia. Sappiamo che si inventeranno ancora chissà quale altra frottola, adesso gliene forniamo una noi, con nome e cognome: Giovanni D’Urso.
- Avevamo detto che l’opportunità di eseguire o sospendere la condanna a morte di Giovanni D’Urso doveva essere valutata politicamente dalle BR e dagli organismi di massa rivoluzionari dentro le carceri. Le valutazioni che complessivamente e omogeneamente sono state fatte confermano la grande forza del movimento rivoluzionario. Gli obiettivi politici e materiali che la campagna di attacco iniziata con D’Urso si prefiggeva sono stati ampiamente conseguiti. Il movimento dei proletari prigionieri, il movimento rivoluzionario e le BR hanno conseguito una grande vittoria. In considerazione di tutto ciò la giustizia proletaria acconsente a un atto di magnanimità. La sentenza viene sospesa e il prigioniero D’Urso viene rimesso in libertà. La lotta contro l’annientamento carcerario continua fino al conseguimento dell’obiettivo finale: distruzione di tutte le carceri e liberazione di tutti i proletari imprigionati.
Brigate Rosse
14 gennaio 1981
Pubblicato in PROGETTO MEMORIA, Le parole scritte, Sensibili alle foglie, Roma 1996, pp. 220-223.
Un pensiero su “Campagna D’Urso – Comunicato n. 10”