La crisi capitalistica genera la guerra imperialista. Solo la guerra civile antimperialista può affossare la guerra!!!
Guerra alla guerra imperialista è passaggio essenziale per la transizione al comunismo!!!
Nell’epoca dell’imperialismo delle multinazionali il proletariato metropolitano si costituisce come avanguardia del processo di rivoluzione proletaria in tutto il mondo!!!
Guerra al dominio dell’imperialismo americano!!! Attaccare l’imperialismo delle multinazionali e la sua struttura di occupazione militare: la Nato!!!
Il sistema imperialista produce: morte per sfruttamento, morte per disoccupazione, morte nei lager di Stato nella pianificazione della distruzione totale. Il carcere imperialista è il laboratorio centrale dell’annientamento dell’antagonismo di classe!!! Distruggere il carcere imperialista!!!
Costruire il fronte combattente antimperialista per un nuovo internazionalismo, combattere insieme ed uniti per vincere con tutti i comunisti e con tutti i popoli che lottano contro l’imperialismo!!!
Giovedì, 17 dicembre, un nucleo armato della nostra organizzazione, ha catturato e rinchiuso in un carcere del popolo, un porco yankee dell’esercito d’occupazione americano, il generale di brigata James Dozier, vice-comandante delle forze alleate terrestri per il Sud-Europa (Landsouth).
Compagni, proletari,
due sono le linee di sviluppo fondamentali di questa epoca storica: la tendenza alla rivoluzione e la tendenza alla guerra imperialista.
Il mezzo con cui l’imperialismo ha sempre risolto le sue periodiche crisi di sovrapproduzione è stata la guerra. Innanzitutto la guerra permette alle potenze imperialiste vincitrici di allargare la loro base produttiva a scapito di quelle sconfitte, ma guerra significa soprattutto distruzione di capitali, merci, forza lavoro e quindi, possibilità di ripresa del ciclo economico per un periodo abbastanza lungo.
Ciò che caratterizza la fase attuale è da una parte la penetrazione e il dominio assoluto del capitale e dall’altra l’estensione ormai mondiale della guerra di classe, la presenza della guerriglia comunista e l’esistenza di condizioni favorevoli al suo sviluppo in ogni angolo del mondo e, in particolare, nelle metropoli. La crisi complessiva dell’imperialismo e del socialimperialismo, dimostrano che la tendenza storica alla terza guerra mondiale è una tendenza già operante e che essa ha nell’Europa il proprio epicentro. Le contraddizioni interimperialistiche che scuotono la borghesia a livello internazionale, infatti, sono destinate ad aggravarsi quanto più si inasprisce e si prolunga la crisi di sovrapproduzione in cui si dibatte il capitale ed esse si fanno più∙ acute e più gravi proprio nelle aree in cui più sviluppato è il modo di produzione capitalistico. Cos∞, se solo fino a pochi anni fa ‘l’arco della crisi’ era ancora relativamente periferico rispetto all’Europa, nell’ultimo periodo esso si è esteso fino ad interessare tutti i paesi del Mediterraneo, in modo tale che oggi la tendenza alla guerra manifesta qui in particolare (e nell’Europa più in generale) i segni pi∙ evidenti.
L’Europa, in questo disegno, ha una posizione integrata e subalterna agli Usa. Sull’installazione dei missili la parola d’ordine è: potenziare gli armamenti ma trattare, trattare da posizioni di forza potenziando gli armamenti.
L’unione Europa-Usa, attraverso la Nato, struttura integrata sotto la direzione economica degli Usa, forma una catena imperialistica in cui i vari anelli hanno peso e funzioni diverse. Nel processo di integrazione imperialista la subalternità dell’Europa è economica prima che militare ed è in primo luogo dal dislivello di sviluppo economico e tecnologico che dipendono tutta una serie di tensioni e difficoltà tra Usa ed Europa, ed all’interno dello schieramento europeo. Il problema è quello della non sempre facile conciliazione degli interessi nazionali con le direttive imposte dagli Usa. L’installazione degli euromissili, l’annuncio della prossima costruzione della bomba N; la prova di forza nel golfo della Sirte, hanno evidenziato le contraddizioni esistenti all’interno del campo imperialista, già manifestatesi in seguito alle scelte di politica economica di Reagan, svantaggiose per il capitalismo europeo. Con ciò non viene certo messa in discussione la politica di alleanza antimperialistica con gli Usa; si tratta solo di definirne le concrete articolazioni che consentano al capitalismo europeo di garantirsi il mantenimento del suo ruolo di servo privilegiato del sistema delle multinazionali, assicurandosi quote di profitto soddisfacenti. Le scelte fondamentali di politica estera vedono Europa e Stati Uniti concordi sulla necessità di contrastare il socialimperialismo attraverso una politica di potenziamento degli armamenti.
Per gli Stati Uniti questo significa ristabilire la propria supremazia a livello mondiale, che in Europa si traduce in una posizione meno dichiaratamente aggressiva: potenziare gli armamenti per avviare trattative!
Il ruolo subordinato dell’Europa nella Nato si concretizza in diverse forme di dipendenza:
– Nella divisione dei compiti, l’America ha imposto all’Europa di aumentare in maniera consistente il bilancio delle spese militari ai fini del raggiungimento dell’autosufficienza di strumenti di guerra convenzionali, riservandosi lo sviluppo e la gestione del potenziale bellico nucleare.
– La centralizzazione Usa di tutti i livelli di potere e di comando nella Nato.
– La finalizzazione dei processi di ristrutturazione o di integrazione degli eserciti alleati e del settore bellico alle esigenze della Nato.
La posizione completamente subordinata dell’Europa, epicentro dello scontro, riemerge con forza nella gestione dei negoziati di Ginevra fra le due superpotenze. L’esclusione completa al tavolo delle trattative su quanto Usa-Urss stanno decidendo sulla pelle delle popolazioni interessate è la dimostrazione più lampante di tale completa subordinazione.
Che il ruolo degli Usa, punta avanzata del sistema delle multinazionali, sia determinato nel processo di integrazione militare, politica, economica, ed ideologica del blocco imperialista occidentale, non significa però che l’adeguamento delle varie politiche nazionali alle finalità Nato sia meccanico e lineare; le divergenze interne non mancano, ma costituiscono sostanzialmente aggiustamenti specifici, funzionali agli interessi particolari dei vari paesi. Per esempio, l’enorme incremento della produzione bellica offre grossi margini di profitto al capitalismo europeo, che ha avviato ampi programmi di riconversione e ristrutturazione industriale nel settore. Tale sviluppo, deve essere funzionale alle esigenze della Nato ed perciò diretto e controllato dagli Usa. Così, l’Italia, che ha raggiunto il 4° posto nella graduatoria dei paesi esportatori di armi, si è vista imporre limitazioni alle sue esportazioni di armi ai paesi non graditi agli Usa, che uniscono alle pressioni politiche il possesso di tecnologie avanzate, che gli consentono un ampio controllo, attraverso brevetti e licenze, sulla produzione e la vendita degli armamenti in Italia.
L’accelerazione della corsa agli armamenti è stata accolta in modi diversi dai vari Stati europei. Nella panoramica delle posizioni, vi è da una parte l’adesione senza riserve dell’Inghilterra e dell’Italia, dall’altra, in Olanda, Belgio, Norvegia e Danimarca lo sviluppo di forti movimenti antimilitaristi ed antinucleari, ha spinto i rispettivi governi a chiedere di non dover ospitare sul proprio territorio installazioni nucleari, ferma restando la loro adesione alle direttive Nato. Se ‘l’esonero’, almeno per ora gli è stato concesso, è perché questi paesi, per la loro posizione geografica, non occupano posti chiave nel sistema europeo di difesa.
Fondamentale, invece è il ruolo della Germania per la sua posizione geografica di base ideale di attacco terrestre all’Urss e per la funzione di polo di direzione nella Cee, che sempre più la Germania va assumendo in tandem con la Francia, la quale, pur non facendo parte della Nato è pienamente inserita tra i paesi del blocco imperialista occidentale. Fu Schmidt in prima persona, a sollecitare le trattative per l’installazione dei Pershings e Cruises, sia pure subordinandola al consenso unanime degli altri paesi dell’alleanza atlantica, all’installazione dei missili anche in altri paesi e, fatto emblematico, alla delega agli Usa della gestione dei nuovi sistemi nucleari. Il ruolo di leadership della Germania nella strategia nucleare dell’alleanza rischia però di avere ripercussioni negative sulla Ostpolitik tedesca, dati gli intensi rapporti commerciali che intrattiene con l’Est europeo. Questo ha provocato divergenze anche all’interno della socialdemocrazia, che però non hanno di mira il rapporto di collaborazione con gli Usa e indicano solo sfumature particolari del movimento dialettico tra i due poli della linea di Schmidt: armamenti da una parte, negoziati dall’altra.
Nato vuol dire controllo ed occupazione militare attraverso una struttura integrata con chiara egemonia Usa. Nello scacchiere del Mediterraneo, cerniera di collegamento con il versante Sud-Est, l’anello più importante è l’Italia.
Nella catena che va dalla Spagna alla Turchia è centrale il ruolo della ‘base Italia’, che assolve anche ad una fondamentale funzione di retroterra logistico. E questo oggi a maggior ragione, in presenza della tendenza della Grecia a sganciarsi dal blocco Nato. Solo nella zona costiera sono presenti 5 basi ed una sesta è in progettazione a Comiso. Sul territorio nazionale sono concentrate una serie di funzioni integrate del comando Nato a livello europeo (comando supremo Afsouth a Gaeta, Comlandeouth di Verona) ed altre direttamente subordinate agli Usa come il Centro studi e sperimentazioni di La Spezia, che fa capo al comando di Norfork in Usa. L’installazione di basi missilistiche sul territorio nazionale è già un atto di guerra, non sono un deposito da adoperare in caso di emergenza, ma nella nuova concezione della guerra, esse rappresentano le trincee di avanguardia dello scacchiere internazionale, il luogo di maggior intensità del conflitto. Le installazioni missilistiche sono puntate su obiettivi precisi di altri paesi, a loro volta, perciò, diventano obiettivi privilegiati. In questo modo l’atto di guerra viene scientificamente preparato senza che la popolazione direttamente coinvolta possa minimamente interferire.
Il ministro Lagorio (Psi) scioglie brillantemente ogni perplessità affermando che i missili sono un obiettivo… mobile! Lagorio considera legittima l’azione Usa nel golfo della Sirte, ma il boccone da ingoiare è stato comunque amaro poiché ha rivelato chiaramente la subordinazione dell’Italia all’imperialismo Usa. Il governo fa sua la tesi che solo il riequilibrio del potenziale bellico permette di salvaguardare la pace, spacciando la volontα di supremazia dell’imperialismo Usa come interesse delle masse; cercando di suscitare il patriottismo dell’epoca imperialista, la fedeltα all’occidente. Questi signori che inorridiscono all’idea della guerra civile e della giustizia rivoluzionaria, si preparano ancora una volta al massacro dei popoli.
Nato significa guerra interna e guerra esterna. È in questa prospettiva che riorganizza i suoi eserciti, adeguandoli alle nuove esigenze della guerra interimperialista e della guerra di classe.
È a queste esigenze che risponde la formazione di unità speciali antiguerriglia all’interno delle FF.AA. italiane, che vanno ad affiancarsi ai reparti speciali dei carabinieri. In vista della nuova base di Comiso, non si prevede solo lo spostamento di truppe in Calabria: alle forze militari Usa saranno affiancati 200 carabinieri!!
Gli alti comandi di queste strutture sono perfettamente integrati con la Nato e devono assolvere al compito di controllare ed annientare il proletariato rivoluzionario, riappacificare con ogni mezzo il ‘fronte interno’ per imporre il nuovo ordine sociale imperialista e per poter liberamente scatenare la guerra imperialista. Questo perché le lacerazioni in campo borghese determinate dal livello di crisi, hanno imposto allo Stato la scelta di abbandonare ogni velleità di mediazione politica con l’antagonismo proletario, per l’unica forma possibile di governo delle tensioni di classe: controllo e annientamento di interi strati proletari, guerra aperta ai bisogni politici e materiali del proletariato. In questo salto di qualità della strategia della borghesia imperialista, il carcere, strettamente legato al restringimento scientifico e pianificato, da parte dello Stato, di ogni forma di espressione dell’antagonismo proletario e, d’altro lato al massificarsi da parte della classe delle spinte alla rottura del tetto ‘legale’ imposto alle sue lotte, bisogni, alle mille espressioni della guerra di classe, diventa un punto cardine del progetto di guerra al proletariato, massimo deterrente per ogni movimento che si colloca all’esterno e contro le regole del gioco imposto dalla borghesia imperialista; è proprio questa nuova concezione del carcere il punto più alto di scontro tra borghesia e proletariato: laboratorio centrale dell’annientamento dell’antagonismo di classe!!
La guerra al carcere imperialista, a partire dal punto più alto raggiunto dal programma proletario di liberazione di tutti i proletari prigionieri e distruzione di tutte le carceri, trova oggi collocazione più ampia nell’ambito internazionalista. Contro l’internazionalizzazione dei progetti, delle strutture, degli uomini preposti all’annientamento scientifico di migliaia di avanguardie comuniste e di interi strati proletari, deve nascere un programma di unità cosciente ed organizzato, a livelli internazionali, che punti a far saltare anello dopo anello tutte le determinazioni di questo progetto di morte.
Attaccare e distruggere il carcere imperialista!!! Annichilire il progetto di pianificazione dell’annientamento dell’antagonismo proletario nel suo cuore: il carcere imperialista!!! Costruire anche su questo fronte l’unità internazionalista dei rivoluzionari!!!
Nato significa potenziamento e ristrutturazione dell’industria bellica, sviluppo della militarizzazione sul territorio e all’interno delle fabbriche di morte, che si pongono come modello di riferimento per l’intero processo di ristrutturazione industriale.
Le esigenze della Nato impongono di aumentare e migliorare le infrastrutture necessarie a far affluire rinforzi dagli Stati Uniti ed a istallare i nuovi sistemi tattici nucleari, incrementare in modo funzionale lo sviluppo del settore bellico. Alla VI flotta l’Italia non fornisce solo approdi e basi sicure, ma tutto un entroterra logistico per rifornimenti, manutenzioni e riparazioni, sostituzione di pezzi bellici fabbricati in Italia. L’Oto Melara fabbrica apparecchiature elettroniche e pezzi di ricambio per cannoni, elicotteri, etc. I Cantieri Navali Riuniti provvedono alla manutenzione e riparazione delle navi da guerra. Il progetto di un nuovo bacino di carenaggio a Genova per la manutenzione e le riparazioni della VI flotta ha portato all’annullamento di una clausola del regolamento del Cap (struttura di governo del porto) la quale prevedeva che per entrare in porto le navi da guerra dovessero prima disattivare gli armamenti. Non sorprende quindi l’allineamento del governo italiano sulle posizioni di Washington, l’Italia perciò, dopo aver dato il suo consenso all’installazione dei missili, si prepara ad allestire la base di Comiso, presentandola come un’occasione di progresso per la regione; finge di credere che la bomba N riguardi solo gli Usa, avalla la versione di Reagan sullo scontro con la Libia, sia pure a denti stretti, poiché rivela la sua totale esclusione da ogni potere decisionale e addirittura da ogni diritto ad una informazione preventiva!
Compagni, proletari,
il continuo ridefinirsi dello Stato imperialista delle multinazionali nel processo crisi ristrutturazione – crisi rivoluzione pone con forza sempre maggiore il problema della guerra imperialista, che diventa sempre più problema delle grandi masse. Il peggioramento delle condizioni di vita e il pericolo sempre più forte della guerra imperialista ci permettono di affermare che oggi la contrapposizione tra rivoluzione e controrivoluzione non concede nessuno spazio a posizioni ‘neutrali’ ed impone invece una precisa scelta di campo; questo carattere attraversa tutta la formazione sociale approfondendo il solco tra rivoluzione e controrivoluzione e assottigliando fino all’azzeramento ogni margine di manovra fra i due campi.
È sempre più chiaro alle masse che il modo di produzione capitalista produce la barbarie imperialista e il continuo peggioramento delle condizioni di vita: qui prende corpo la proposta rivoluzionaria della guerra civile per arrestare e sconfiggere la guerra imperialista e per costruire la societα comunista; la possibilità di un imminente conflitto mondiale ne rivela tutta la positività, come unico mezzo da opporre all’annientamento dei popoli.
Brigate Rosse
18-12-81
Pubblicato in PROGETTO MEMORIA, Le parole scritte, Sensibili alle foglie, Roma 1996.
Un pensiero su “Campagna Dozier – Comunicato N.1”