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Comunicato N.3 – Rilascio di Ettore Amerio

Oggi, martedì 18 dicembre, nelle prime ore del mattino è stato rimesso in libertà il capo del personale FIAT-Auto Ettore Amerio. Negli otto giorni di detenzione egli è stato sottoposto a precisi interrogatori sulle questioni dello spionaggio FIAT, dei licenziamenti, del controllo delle assunzioni, delle assunzioni selezionate di fascisti e più in generale sull’organizzazione e la storia della contro-rivoluzione all’interno della FIAT. Egli ha “collaborato” in modo soddisfacente.

Durante la sua detenzione la FIAT ha ritirato ogni minaccia di messa in cassa integrazione. Negli stessi otto giorni:

– le forze di polizia nonostante false dichiarazioni e il terrorismo usato contro militanti di sinistra e in particolare contro alcune avanguardie operaie, sono state seccamente sconfitte;

– i giornali di Agnelli non sono riusciti a nascondere la qualità politica della nostra azione e contemporaneamente hanno messo sotto gli occhi di tutti le loro disinvolte manipolazioni, le loro “audaci” interpretazioni, riconfermando un’antica convinzione proletaria: LA “STAMPA” È BUGIARDA;

– i giornali riformisti sono andati oltre la manipolazione. Essi hanno inventato di sana pianta storie infami, storie che – sia chiaro – mai uscirebbero dalla testa di un comunista, soprattutto perché discreditano più il movimento operaio che la nostra organizzazione.

Gli uni e gli altri hanno operato una significativa “censura” sui problemi di fondo che abbiamo agitato: il FASCISMO FIAT e la QUESTIONE DEI LICENZIAMENTI. Sono questi i primi frutti del compromesso storico? Compagni, otto giorni fa imprigionando Amerio sottolineavamo una cosa soprattutto: NON SIAMO NOI CHE DOBBIAMO AVERE PAURA. Al contrario DOBBIAMO ARMARCI e accettare la guerra perché vincere è possibile.

Oggi rilasciandolo vogliamo cancellare un’illusione: che portando all’estremo una battaglia si possa vincere una guerra. Non siamo che all’inizio. Siamo nella fase di apertura di una profonda crisi di regime, che soprattutto è crisi politica dello stato e che tira verso una “rottura istituzionale,” verso un mutamento in senso reazionario dell’intero quadro politico. Nostro compito in questa crisi, compagni, è quello di costruire nelle grandi fabbriche e nei rioni popolari i primi centri del POTERE OPERAIO PROLETARIO ARMATO! CREARE COSTRUIRE ORGANIZZARE IL POTERE PROLETARIO ARMATO! NESSUN COMPROMESSO COL FASCISMO FIAT! I LICENZIAMENTI NON RESTERANNO IMPUNITI! LOTTA ARMATA PER IL COMUNISMO.

18 dicembre 1973 BRIGATE ROSSE.

 

Fonte: Soccorso Rosso, Brigate Rosse, Feltrinelli, Milano 1976

Rivendicazione incursione sede UCID di Milano

Lunedì 15 gennaio 1973 alle ore 19 un nucleo armato ha perquisito la sede dell’Unione cristiana imprenditori dirigenti in via Bigli, 15, rendendo all’impotenza i funzionari presenti e sequestrando documenti ed elenchi che quanto prima renderemo pubblici. L’Unione cristiana imprenditori dirigenti è l’associazione collaterale della Democrazia cristiana che organizza i dirigenti e gli imprenditori democristiani delle fabbriche di Milano. E’ qui che i fascisti in camicia bianca dell’Alfa Romeo, della Sit Siemens, della Marelli ecc.,mettono a punto il piano dell’attacco antioperaio. È qui che il 28 novembre 1972 (subito dopo l’inizio della lotta dei metalmeccanici) è stato organizzato l’incontro col presidente della Confindustria Lombardi per definire “la funzione dell’imprenditore nella nuova situazione economica e politica”, cioè il modo migliore per continuare a sfruttarci e per stroncare la lotta contrattuale appena iniziata. In questi ultimi mesi infatti la borghesia sta portando un massiccio attacco alle condizioni di vita e alle forme di lotta dei proletari. Questo attacco trova ancora una volta nella DC e nel suo governo Andreotti un meticoloso e spietato esecutore: i prezzi aumentano e la disoccupazione cresce sempre più; in fabbrica la polizia attacca sempre più ferocemente i picchetti e scioglie con la forza le assemblee operaie; con il “fermo di polizia”, gli arresti indiscriminati vogliono impedirci qualunque forma di organizzazione e di resistenza. Mentre i fascisti assassini di Almirante godono della più assoluta impunità e gli viene addirittura permesso di riunirsi a congresso. Con questa azione vogliamo dimostrare come la DC non sia soltanto lo strumento che per 30 anni ha sorretto fedelmente il potere dei padroni ma sia essa stessa una mostruosa macchina di oppressione e di sfruttamento. Infatti oltre ai fascisti assassini di Almirante operano, ugualmente pericolosi, i fascisti in camicia bianca di Andreotti: coloro che in fabbrica ci controllano, ci schedano, ci licenziano, che fuori parlano di libertà e di democrazia, ma che in realtà organizzano la più spietata repressione antioperaia. Contro tutti questi nemici i proletari hanno cominciato ad organizzarsi per resistere, riaffermando che risponderanno Al sopruso con la giustizia proletaria. Alla violenza dei padroni con la lotta rivoluzionaria degli sfruttati.

Contro i fascisti assassini di Almirante.

Contro il fascismo in camicia bianca della DC di Andreotti i proletari costruiranno la resistenza armata!

 

Per il comunismo BRIGATE ROSSE
Gennaio 1973

 

 

Fonte: Soccorso Rosso, Brigate Rosse, Feltrinelli, Milano 1976.

Rivendicazione sequestro segretario provinciale CISNAL – Bruno Labate

Questo è Bruno Labate segretario provinciale della CISNAL, pseudo-sindacato fascista che i padroni mantengono nelle nostre fabbriche per dividere la classe operaia, per organizzare il crumiraggio, per mettere a segno aggressioni e provocazioni, per infiltrare ogni genere di spie nei reparti. Lo abbiamo sequestrato alcune ore fa per fargli qualche domanda in merito: alle responsabilità sue e di alcuni dirigenti FIAT nella “tratta dei meridionali” assunti tramite la CISNAL; alle responsabilità sue nell’organizzazione di provocazioni attuate da fascisti in combutta con i carabinieri o con i poliziotti come l’ultima alla porta 17; all’organizzazione del crumiraggio in cui capi e capetti di Agnelli e fascisti di Almirante si dividono i compiti; alle responsabilità sue e della CISNAL nell’organizzazione della rete di spionaggio nei reparti che ha condotto al licenziamento di numerose avanguardie; ai suoi incontri col ministro del Lavoro, visto che la CISNAL, anche se sottobanco, viene fatta partecipare alle trattative. Lo abbiamo sequestrato inoltre per dimostrargli nei fatti la falsità e l’assurdità delle sue affermazioni ad un settimanale di destra secondo le quali alla FIAT i fascisti sarebbero …12.000!!! E la CISNAL occuperebbe posizioni rilevanti anche alla Lancia, alla Pininfarina, alla Cromodora, alla Aspera Motor e Frigo, alla Rabotti, alla Viberti e alla Westinghouse e per fargli sentire sulla sua pelle che gli operai torinesi non tollerano queste coglionate e sono decisi a stroncare ogni tentativo delle canaglie fasciste di radicarsi nelle fabbriche. Lo abbiamo rimesso in libertà rapato e senza braghe per dimostrare ad un tempo l’assoluto ribrezzo che incutono i fascisti e la necessità di colpirli ovunque, duramente con ogni mezzo fino alla completa liberazione delle nostre città.

GUERRA AL FASCISMO DI ALMIRANTE E ANDREOTTI! LOTTA ARMATA PER IL COMUNISMO!

 

Brigate Rosse
Febbraio 1973

 

Fonte: Soccorso Rosso, Brigate Rosse, Feltrinelli, Milano 1976.

Relazione sull’interrogatorio di Mario Sossi

Gli appunti di Sossi e il verbale di interrogatorio rielaborati dalle Brigate Rosse daranno frutto ad una relazione che sarà inviata all'”Espresso”. [ndr]

Nell’aprile del ’72 Angelo Costa, capo della mobile di Genova, ritrova in un magazzino del lungo argine Polcevera di un dipendente dell’armeria “Diana” del Lantieri, un baule pieno di armi. Verificando la matricola si scopre che erano le stesse armi che erano state denunciate come disperse nell’alluvione dell’ottobre-novembre del ’70 dall’armeria “Diana” di via Canevari. Viene fatto un sopralluogo nell’armeria, e leggendo nei registri si vede che moltissimi erano i casi di sparizione di armi (nota: il compito di controllare i registri delle armerie è della polizia). Questa causa viene affidata al Sossi. Sossi denuncia i due proprietari dell’armeria: Traverso Renzo e Lantieri Giuseppe (proprietari anche di un’altra armeria di via Donghi) per simulazione di reato e traffico di armi. Indagando più a fondo scopre che il commesso dell’armeria Alessi Ferdinando, 30 anni, è amico di Carlo Piccardo, fratello di Gino Piccardo del 22 Ottobre. In una perquisizione nella casa di Gino Piccardo, Scisciolo e Maino, a proposito dell’indagine sul 22 Ottobre, erano state scoperte alcune pistole e un mitra che erano stati forniti proprio da Alessi Ferdinando. Altro imputato nel traffico di armi è Bonafini Walter, 52 anni, di Milano, che aveva il compito di smerciare le armi a Milano. A questo punto interviene l’avvocato Silvio Romanelli, difensore di Traverso, che dice a Sossi: “Stia attento perché in questo caso ci sono responsabilità ben più alte di quelle del mio difeso, conviene mettere tutto a tacere.” Allora Sossi va in carcere a interrogare Traverso, il quale dichiara: “Una volta ho dato un pistola a Catalano, capo della polizia, in cambio di 4 mitra Mab.” Questa dichiarazione è a verbale. Viene chiamato Catalano. Interrogato sul fatto nega, arrossendo in volto. Fattegli vedere le dichiarazioni del Traverso, ammette di aver fatto quel cambio, ma aggiunge che i 4 mab erano rottami. (Questa dichiarazione di Catalano è a verbale.) Alcuni giorni dopo arriva un tale Profumo, proprietario di un locale notturno di Nervi, che dice di aver comprato lui la pistola e di averla poi data a Catalano. Racconta una storia confusa e incredibile. Richiamato Catalano questi ammette che i due proprietari dell’armeria sono suoi confidenti, che con loro non era l’unico ad avere rapporti (anche altri sottufficiali dell’ufficio politico erano in contatto con i due) e che il traffico di armi gli serviva per infiltrarsi nella sinistra. Per questo la cosa andava messa a tacere. A questo punto Sossi manda tutto al giudice istruttore Castellano, affinché sia lui a proseguire l’inchiesta. Castellano dopo alcuni giorni mette tutti gli imputati in libertà provvisoria. Sossi viene a sapere che, proprio in quei giorni, Catalano era stato a parlare con Castellano. Sossi si reca allora da Castellano dicendogli che il fatto era troppo grave per poter essere taciuto. Castellano gli risponde che se questo episodio veniva conosciuto prima del processo al 22 Ottobre poteva rischiare di mandare a monte tutta l’istruttoria sul 22 Ottobre. Si arriva al processo d’assise e la cosa non salta fuori. Terminato anche il processo d’appello Sossi torna alla carica. Ne parla prima con il tenente colonnello Franciosa (capo dell’ufficio di polizia giudiziaria dei carabinieri [ndr]), poi con il sostituto procuratore Meloni, poi con il prefetto. Il prefetto dice che si vedrà quel che si può fare e ne parla con Taviani. Ma la cosa resta insabbiata.

Maggio 1974

 

Fonte: Soccorso Rosso, Brigate Rosse, Feltrinelli, Milano 1976.

Sequestro Mario Sossi – Comunicato N.8

Perché rilasciamo Mario Sossi

Primo: la Corte d’Assise d’Appello di Genova ha concesso la libertà provvisoria agli 8 compagni comunisti del 22 Ottobre subordinandola a garanzie sulla incolumità e la liberazione del prigioniero; queste garanzie sono state volutamente ignorate da Coco, servo fedele di Taviani e del governo. Coco vorrebbe così costringerci ad un braccio di ferro che si protragga nel tempo, in modo da poter invalidare il preciso significato politico della ordinanza della Corte d’Assise d’Appello. Non intendiamo fornire nessun pretesto a questo gioco. Liberando Sossi mettiamo Coco e chi lo copre di fronte a precise responsabilità: o liberare immediatamente i compagni, o non rispettare le loro stesse leggi.

Secondo: in ogni battaglia bisogna “combattere fino in fondo.” Combattere fino in fondo in questo momento significa sviluppare al massimo le contraddizioni che in questi 35 giorni si sono manifestate all’interno e fra i vari organi dello stato, e non fornire pretesti per una loro sicura ricomposizione. Questa battaglia ci ha fatto conoscere più a fondo il nostro nemico: la sua forza tattica e la sua debolezza strategica; la sua maschera democratica e il volto sanguinario e fascista. Questa battaglia ha riconfermato che tutte le contraddizioni in questa società si risolvono solo sulla base di precisi rapporti di forza. Mai come ora dunque diventa chiaro il senso strategico della nostra scelta: la classe operaia prenderà il potere solo con la lotta armata. Riconfermiamo che punto irrinunciabile del nostro programma politico è la liberazione di tutti i compagni detenuti politici.

 

Brigate Rosse
Maggio 1974

 

 

Fonte: Soccorso Rosso, Brigate Rosse, Feltrinelli, Milano 1976

Sequestro Mario Sossi – Comunicato N.7

Avute notizie dell’avvenuta concessione della libertà provvisoria agli imputati del gruppo 22 Ottobre ed avuta notizia della condizione consistente nella garanzia della mia incolumità attuale, confermo di essere in buona salute. Mario Sossi

Ci vengono chieste garanzie sulla incolumità e sulla liberazione del prigioniero MARIO SOSSI. Rispondiamo che la sua incolumità e la sua liberazione sono garantite innanzitutto dall’esecuzione dell’ordinanza di libertà provvisoria, nonché dal fatto che gli 8 compagni del 22 Ottobre trovino asilo nell’ambasciata cubana presso lo stato della città del Vaticano. Questo affinché sia garantita la loro incolumità, data la posizione assunta dal governo italiano. Riconfermiamo che nelle 24 ore successive alla liberazione dei compagni secondo le modalità indicate, il prigioniero Mario Sossi verrà senz’altro posto in libertà. Questa è la nostra parola.

Per il comunismo
Brigate Rosse
Maggio 1974

 

Fonte: Soccorso Rosso, Brigate Rosse, Feltrinelli, Milano 1976.

Sequestro Sossi – Comunicato N.6

1) È un mese che Mario Sossi è nostro prigioniero. È un mese che vi guardiamo in faccia. Nessuna maschera può più nascondere il vostro volto disumano e fascista. Abbiamo preso uno di voi e voi lo avete abbandonato. Egli ha ammesso macchinazioni e intrighi a danno dei compagni comunisti del 22 Ottobre e voi avete risposto che è un soggetto psicoflebile. Egli ha denunciato personaggi e responsabilità e voi avete chiesto la censura della stampa e della RaiTV come i peggiori regimi fascisti. È una ributtante ottusità la vostra, e tanta, tanta viltà che non ci consente di rispettarvi neanche come nemici. Ma avete dimostrato soprattutto un’altra cosa: che siete sensibili ad una sola legge, quella della forza. Ed è con quella moneta che intendiamo pagarvi.

2) Abbiamo prove puntuali e fotocopie di atti istruttori che riguardano il già citato traffico di armi. Mario Sossi ha reso ampia testimonianza su tutto ciò. Inoltre egli ha scritto e sottoscritto un atto di accusa preciso e circostanziato contro chi, oggi, lo ha abbandonato al suo destino. Noi non crediamo alle vostre leggi e lasciamo ai “democratici” le illusioni sulla vostra giustizia. Ma per noi, ciò che egli ha detto e scritto è come un grande specchio in cui compaiono facce note e meno note che non intendiamo dimenticare. Questa battaglia sta ormai per concludersi, ma non la guerra. Presto verrà anche il loro turno.

3) Alcuni tra gli avvocati dei compagni del 22 Ottobre stanno frapponendo ogni genere di ostacoli alla loro liberazione. È un comportamento che non tollereremo oltre perché questa gente ha venduto i compagni alle varie polizie. Un invito ad essere più precisi ed espliciti verrà accolto!

4) Alla legge della forza rispondiamo con la ragione e con la forza. Ha sbagliato i suoi calcoli chi ha ritenuto che non avremmo combattuto fino in fondo. Ci assumiamo tutte le responsabilità di fronte al movimento rivoluzionario affermando che, se entro 48 ore – a partire dalle ore 24 di sabato 18 maggio – non saranno liberati gli 8 compagni del 22 Ottobre secondo le modalità del nostro comunicato n. 4, Mario Sossi verrà giustiziato. Verrà giustiziato per i reati di cui si è reso personalmente responsabile.

5) Riaffermiamo che, comunque si concluda questa battaglia, punto irrinunciabile del programma politico della nostra organizzazione è la liberazione di tutti i compagni detenuti politici.

 

Brigate Rosse
Maggio 1974

 

Fonte: Soccorso Rosso, Brigate Rosse, Feltrinelli, Milano 1976.

Sequestro Mario Sossi – Comunicato N.5

Non trattiamo con i delinquenti!

  1. Perché Taviani vuole fare di Mario Sossi un “eroe morto”? Taviani non è un “uomo forte. “È un uomo che trema, un uomo che ha paura. Dietro la sua difesa dello stato democratico non ci sono tanto motivi morali e politici, ma bassi motivi di delinquenza comune. È vergognoso per le “istituzioni democratiche” che sia così; ma è più vergognoso ancora che forze presunte di sinistra tacciano come gangs mafiose e si raccolgano intorno a lui. E ora diciamo perché.
  2. Tutto il traffico clandestino di armi di Genova (e non solo di Genova, perché vi sono solidi contatti anche con Milano) è controllato, diretto e rifornito dal dottor Umberto Catalano. Attraverso questa “rete” che passa per una serie di armerie genovesi, di cui una è la armeria Diana di Traverso Renzo e del fascista Lantieri entrambi confidenti e strumenti dell’ufficio politico, viene rifornita la delinquenza comune e viene tentata l’infiltrazione nei gruppi rivoluzionari. È anche con questo strumento che si è cercato di incastrare i compagni del 22 Ottobre. Questo traffico consente al dottor Catalano e ad una serie di sottoufficiali dell’ufficio politico di Genova di incamerare lauti guadagni. È direttamente dalla questura di Genova che escono i mitra “Mab” perfettamente efficienti che riforniscono il mercato. Esiste a tale riguardo un procedimento penale, che finora è stato tenuto coperto dagli alti vertici della magistratura (Coco e Castellano). Questo fatto è a conoscenza del ministro Taviani il quale fornisce la sua autorevole copertura a questa attività criminale dell’ufficio politico di Genova. Adesso si capisce perché nelle così sbandierate “operazioni di ordine pubblico” vengono trovati tanti depositi di armi. E si capisce anche perché Taviani preferirebbe oggi fare di Sossi un “eroe morto”; se necessario su questa squallida vicenda potremo fornire anche una documentazione dettagliata. Per questo rispondiamo al ministro di polizia: non trattiamo con i delinquenti!
  3. È il momento in cui ciascuno si deve assumere le sue responsabilità. Spetta alla magistratura concedere la libertà provvisoria agli 8 compagni del 22 Ottobre. Nella fase attuale è la corte di appello di Genova che deve decidere. In uno “stato di diritto” fondato sulla separazione dei poteri, il governo non può minimamente intervenire. Spetta alla magistratura decidere se rendersi complice o meno della volontà criminale del ministro degli Interni. Ripetiamo: vogliamo libertà per Mario Rossi, Giuseppe Battaglia, Augusto Viel, Rinaldo Fiorani, Silvio Malagoli, Cesare Maino, Gino Piccardo, Aldo De Scisciolo.
  4. Anche sotto il fascismo i compagni comunisti venivano tacciati come delinquenti, criminali e banditi. La classe operaia di Genova deve scioperare non al fianco di Taviani ma per la liberazione degli 8 compagni del 22 Ottobre!

Per il comunismo.

Brigate Rosse
Maggio 1975

Fonte: Soccorso Rosso, Brigate Rosse, Feltrinelli, Milano 1976

Sequestro Mario Sossi – Comunicato N.3

Nel corso degli interrogatori sono stati finora approfonditi con il prigioniero Sossi tre punti:

1) la complicità e gli accordi tra la polizia (Catalano e Nicoliello) e la famiglia Gadolla;

2) le complicità e gli accordi tra una parte della magistratura (Francesco Coco con il suo fedele servo Paolo Francesco Castellano), la polizia e la famiglia Gadolla;

3) i rapporti che sono intercorsi tra Sossi e due alti ufficiali del SID di Genova.

Gli interrogatori continuano.

Chi ha confuso il messaggio di Mario Sossi, da lui spontaneamente scritto, con la posizione della nostra organizzazione, ha dimostrato scarsa capacità di comprendere il nodo centrale del problema politico: la questione dei prigionieri politici.

Sossi è prigioniero politico del proletariato. Come tale è assolutamente ingiustificato qualunque ottimismo su una sua gratuita liberazione. Molti sono ormai i compagni che in questi ultimi anni, rompendo con la paralizzante strategia pacifista del revisionismo, hanno ripreso le armi per combattere l’ordine e le leggi della borghesia. Combattere per il comunismo. Alcuni di essi sono caduti o sono attualmente rinchiusi nelle galere pubbliche e disumane dello stato. Sono stati fatti passare come criminali. Esemplare, a questo proposito, è il processo di regime contro i compagni comunisti del gruppo 22 Ottobre. Tutti questi compagni sono prigionieri politici. Punto irrinunciabile del programma politico delle BR è la liberazione di tutti i compagni prigionieri politici.

 

Brigate Rosse
Aprile 1974

 

Fonte: Soccorso Rosso, Brigate Rosse, Feltrinelli, Milano 1976

Sequestro Mario Sossi – Comunicato N.4

  1. l) Gli interrogatori del prigioniero Mario Sossi sono terminati. Abbiamo sentito la sua versione dei fatti, la sua autodifesa, la sua autocritica. Ora è il momento delle decisioni.

2) In breve, tre sono i punti fondamentali:

– egli ha ammesso che il processo al gruppo 22 Ottobre è stato il frutto, velenoso, di una serie di macchinazioni controrivoluzionarie tendenti a liquidare sul nascere la lotta armata del nostro paese. Queste macchinazioni sono state progettate e messe in atto dalla polizia (Catalano-Nicoliello), dal nucleo investigativo dei carabinieri (Pensa), dai responsabili del SID (Dallaglio, Saracino) e coperte da una parte della magistratura (Coco-Castellano).

– egli ha convenuto di essere ricorso ad un metodo vigliacco per incastrare senza prove molti compagni del 22 Ottobre. La costruzione del suo castello di accuse, infatti, poggiava non su prove ma su voci raccolte da piccoli artigiani della provocazione (Mezzani, La Valle, Astara, Vandelli, Rinaldi) e su deboli di carattere cinicamente ricattati (Sanguineti).

– dopo aver ricostruito macchinazioni, modi di agire, tecniche e scopi della infiltrazione e riconosciuto le sue specifiche responsabilità nel processo di regime contro il 22 Ottobre, Mario Sossi ha puntato il dito contro chi, protetto dalla grande ombra del potere, lo ha pilotato in questa miserabile avventura: Francesco Coco, procuratore generale della repubblica.

3) La borghesia, dopo aver lanciato un’offensiva repressiva senza precedenti e senza risultati contro la nostra organizzazione e contro il popolo, è costretta oggi ad ammettere di aver perso la partita tanto sul terreno politico che su quello militare. Il ricorso alle taglie è un anacronismo quasi ridicolo che denuncia la totale sconfitta degli uomini più abili di cui dispongono le forze di polizia. E sinceramente ci risulta difficile capire come qualcuno possa ragionevolmente credere di potersi godere, dopo un’eventuale delazione, quegli sporchi denari.

4) Mario Sossi è un prigioniero politico. Come tale è stato trattato senza violenze né sadismi. Sono stati rispettati i principi della convenzione di Ginevra, come egli ha chiesto. Gli interrogatori sono stati da lui liberamente accettati e per questo sono stati effettuati.

5) Rispetto al popolo, alla sinistra parlamentare ed extraparlamentare, rispetto alla sinistra rivoluzionaria egli si è macchiato di gravi crimini, peraltro ammessi, per scontare i quali non basterebbero 4 ergastoli e qualche centinaio di anni di galera, tanti quanti lui ne ha chiesti per i compagni comunisti del 22 Ottobre.

6) Tuttavia a chi ha potere e tiene per la sua libertà lasciamo una via di uscita: lo scambio di prigionieri politici. Contro Mario Sossi vogliamo libertà per: Mario Rossi, Giuseppe Battaglia, Augusto Viel, Rinaldo Fiorani, Silvio Malagoli, Cesare Maino, Gino Piccardo, Aldo De Scisciolo. Nulla deve essere nascosto al popolo. Dunque non ci saranno trattative segrete.

7) Ecco le modalità dello scambio. Gli 8 compagni dovranno essere liberati insieme in uno dei seguenti paesi: Cuba, Corea del Nord, Algeria. Essi dovranno essere accompagnati da persone di loro fiducia. Mario Rossi dovrà confermare la avvenuta liberazione. Entro le 24 ore successive alla conferma dell’avvenuta liberazione degli 8 compagni – 24 ore che dovranno essere di tregua generale e reale – avverrà la liberazione anche di Mario Sossi. Questa è la nostra parola.

8) Garantiamo la incolumità del prigioniero solo fino alla risposta. In una guerra bisogna saper perdere qualche battaglia. E voi, questa battaglia l’avete persa. Accettare questo dato di fatto può evitare ciò che nessuno vuole ma che nessuno può escludere.

Brigate Rosse
Maggio 1974

 

Fonte: Soccorso Rosso, Brigate Rosse, Feltrinelli, Milano 1976.