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Volantino di rivendicazione azione contro sede IDI

Mercoledì 26 febbraio un nucleo armato delle Brigate Rosse ha occupato e perquisito la sede della fondazione IDI (Istituto dirigenti italiani) in via Chiaravalle 2.
Questa fondazione, collegata alle associazioni dirigenti, contribuisce alla loro qualificazione e alla loro specializzazione nella politica di sfruttamento e di repressione della classe operaia.
Compagni, attraverso la ristrutturazione delle fabbriche, i licenziamenti, la cassa integrazione, il padronato vuole ristabilire il suo dominio e distruggere l’organizzazione di lotta del movimento operaio.
La restaurazione dell’egemonia e del controllo del padrone passa anche attraverso una riqualificazione dei dirigenti ed il ristabilimento della loro “autorità” che le nostre lotte di questi anni hanno messo duramente in crisi. Per questo oggi i dirigenti mentre da una parte attuano le manovre antioperaie nella fabbrica, mentre decretano la cassa integrazione per migliaia di lavoratori, mentre denunciano e licenziano le avanguardie operaie, mentre ristrutturano la fabbrica in funzione antioperaia, dall’altra parte cercano di mascherare il loro ruolo effettivo, di farsi passare per una categoria di lavoratori e di costruirsi una patente di neutralità. In sostanza i dirigenti cercano di nascondere la loro vera funzione di struttura di comando padronale e di artefici dell’attacco antioperaio dietro ad una loro pretesa funzione puramente tecnica e neutrale, estranea cioè ai rapporti di sfruttamento.
In realtà attraverso queste manovre si cerca di bloccare la lotta operaia contro la struttura di comando della fabbrica, si cerca di ripristinare ad un nuovo livello l’egemonia e il controllo dei padroni e di cancellare le conquiste e gli spazi di potere dei lavoratori.
In questo caso la riqualificazione del ruolo dei dirigenti si inserisce nella strategia delle forze rivoluzionarie. Si inserisce nel golpe strisciante che queste forze stanno attuando nel paese attraverso la crisi economica, la militarizzazione dei quartieri popolari, l’incarceramento delle avanguardie rivoluzionarie, per piegare la resistenza dei lavoratori e stroncare la loro lotta.
Contro questa offensiva reazionaria dobbiamo rispondere organizzando nelle fabbriche e sul territorio nuclei armati di resistenza.
COLPIRE I NEMICI DELLA CLASSE OPERAIA ORGANIZZARE OVUNQUE NUCLEI ARMATI CLANDESTINI LOTTA ARMATA PER IL COMUNISMO!

Milano 28 febbraio 1975
BRIGATE ROSSE

A tutto il movimento rivoluzionario

Lo Stato della tortura pretende ancora una volta di processare la rivoluzione proletaria!

Questa volta lo scopo è più che ambizioso: decretare la definitiva sconfitta del progetto politico della lotta Armata per il Comunismo imbastendo la solita farsa processuale ad una delle più formidabili vittorie riportate dai rivoluzionari sulla borghesia imperialista nel nostro paese.

Quello che vorrebbero mettere in scena stavolta è lo spettacolo della guerriglia in rotta, dei comunisti battuti e divisi, di un movimento proletario ridotto all’impotenza, tutto in nome di una rinnovata fedeltà nazionale, che ieri doveva servire agli interessi della ristrutturazione e oggi allo scatenamento della guerra imperialista.

Dietro la faccia “democratica” di questo Stato è facile scorgere la maschera grottesca dei vari aguzzini che da anni, terrorizzati dalla forza del movimento rivoluzionario e dai margini sempre più ristretti della loro crisi, preparano lo scontro diretto con ogni manifestazione dell’antagonismo proletario, armato e no, organizzato e no. È facile capire gli strumenti economici, politici, ideologici e militari con cui questi signori si illudono di chiudere una fase del cammino rivoluzionario sancendo definitivamente l’onnipotenza di questo regime. Questi strumenti li abbiamo imparati a conoscere molto bene sulla nostra pelle e portano il segno putrido di questo sistema che muore lasciando dietro di sé solo distruzione e morte.

Questi signori oggi si gloriano di aver fatto arretrare, con le sconfitte recenti, il processo rivoluzionario, usando solo e soltanto i metodi costituzionali, democratici e una volta tanto siamo d’accordo con loro: è vero, i loro strumenti non sono poi così antidemocratici, anzi sono quelli soliti di sempre usati contro il proletariato di tutto il mondo; sono gli strumenti di guerra antiproletaria come unica politica che la borghesia conosce veramente bene, perché li usa da quando esiste il suo dominio e si chiamano divisione, ricatto, galera, annientamento, tortura, guerra…

Questa è la vera faccia della più feroce e vorace stirpe di assassini mai comparsa sulla terra e di questo il proletariato mondiale ne ha ampia coscienza e memoria e saprà sempre più affinare le sue capacità politico militari che gli permetteranno di porre fine a questo secolare massacro.

Compagni

questo processo, con la distribuzione di secoli di galera ai rivoluzionari e premi-fedeltà ai pidocchi, vuole essere una tappa importante dei successi riportati dalla borghesia imperialista su tutto il movimento di classe. Far arretrare il più forte e cosciente movimento rivoluzionario nella storia del nostro paese trova oggi alimento proprio a partire dalle nostre debolezze. Per questo scopo si è mobilitato tutto l’apparato integrato della controrivoluzione: dai corpi speciali ai lacchè revisionisti; dall’internazionale dei padroni ai circuiti dei mass-media. Questo non ha impedito ad ogni proletario di capire e di vedere qual è l’unica proposta che la borghesia imperialista è in grado di fare: licenziamenti di massa, pacificazione forzata della forza lavoro, stratificazione e annientamento sul nascere di ogni possibilità di lotta, carceri speciali per migliaia di avanguardie e di comunisti, tortura come strumento per estorcere informazioni e distruggere l’identità dei comunisti catturati. Ma per i “signori della guerra” tutto questo deve rientrare nella gestione democratica della società; perciò se da un lato negano le pratiche dei sequestri nelle caserme dei CC, delle torture psico-fisiche, dei massacri continui dentro le carceri, dall’altra legalizzano tutto questo con leggi speciali sulla cattura e la detenzione. Ultimo gioiello è proprio il famigerato articolo 90 che, regolamentando ed ufficializzando il sequestro fino a tre anni nei bracci di lungo controllo in un regime di completo isolamento, è l’esemplificazione più chiara di come un regime democratico possa avere le mani libare per sperimentare ad applicare i più sofisticati metodi di tortura, condizionamento e annientamento psicofisici. Proprio contro tutto questo oggi bisogna rovesciare una rinnovata capacità rivoluzionaria, una rinnovata unità dei comunisti e delle masse organizzate, per la costruzione del Partito Comunista Combattente, degli Organismi di Massa Rivoluzionari e del Movimento di Massa Rivoluzionario.

COMBATTERE UNITI E INSIEME AL PROLETARIATO PRIGIONIERO CONTRO L’ARTICOLO 90 PER LA LIBERAZIONE DEL PROLETARIATO PRIGIONIERO E LA DISTRUZIONE DI TUTTE LE GALERE.

 

Compagni,

lo scontro di classe nel nostro paese impone a tutto il movimento rivoluzionario, le avanguardie comuniste in testa, una inflessibile autocritica rispetto ad un percorso che, dalla campagna di primavera in poi ha segnato le tappe dell’indebolirsi del progetto rivoluzionario ed ha permesso alla borghesia imperialista di rafforzarsi e decretare una decisiva battuta d’arresto al processo di unificazione del proletariato metropolitano e della costruzione del sistema del Potere Proletario Armato. I nostri nemici sono riusciti a raggiungere questo obiettivi solo grazie all’infinità di errori, incapacità, incertezze di un giovane sistema rivoluzionario che muoveva i primi passi, che non ha saputo costruire e verificare una corretta teoria della conduzione della guerra rivoluzionaria nelle metropoli imperialiste, che non ha saputo cogliere i passaggi nuovi da compiere che devono portare alla trasformazione della guerriglia in guerra di classe, del movimento antagonista a movimento rivoluzionario, delle Organizzazioni Comuniste Combattenti in Partito Comunista Combattente.

Solo grazie a questi errori la borghesia imperialista ha avuto buon gioco, rovesciando a suo favore i rapporti di forza tra le classi, riuscendo a instaurare un clima di pacificazione forzoso mascherando dietro al terrore le sue insanabili contraddizioni.

Non sono certo venute meno, come la solerzia servile di qualche pidocchio oggi vorrebbe dimostrare, né le ragioni sociali della guerra di classe, né la formidabile possibilità di liberazione dal giogo imperialista e questo perché tutte le possibilità della costruzione della transizione al comunismo poggiano su condizioni politiche e materiali storicamente a noi favorevoli: la crisi irreversibile della borghesia imperialista, l’esistenza ormai decennale di un soggetto rivoluzionario che ha segnato le tappe vittoriose del proletariato metropolitano nel nostro paese, l’affermarsi di un vasto movimento di massa che si sta sempre più caratterizzando come movimento rivoluzionario.

Per questo, a partire da una severa riflessione sui nostri compiti, siamo convinti che, da veri rivoluzionari, sapremo imparare da queste sconfitte, capire tutti i nostri limiti, acquisire tutti gli strumenti teorici e pratici adatti a questo scontro e vincere.

Per questo, per questa affinità di intenti ci riconosciamo completamente in quei compagni che nelle ultime dure battaglie non si sono fatti strumento di questo regime, ma, difendendo eroicamente la propria identità di comunisti, hanno ribadito la loro appartenenza alle fila dei rivoluzionari e la loro volontà di distruggere questo Stato, fidando proprio sulle ragioni sociali della guerra rivoluzionaria, sulla propria coscienza di appartenere al movimento proletario. Questi militanti comunisti con la forza delle proprie convinzioni ideologiche e morali, con la limpidezza delle proprie aspirazioni, sono l’esempio vivo e forte della vanità dei metodi sanguinari e terroristici dei nostri nemici quando questi si scontrano con la coscienza rivoluzionaria; questi compagni ancora una volta hanno dimostrato alla belva imperialista che, nonostante l’alto prezzo da pagare, nessun aguzzino nessun torturatore riuscirà mai a fermare un processo rivoluzionario.

Da parte nostra si tratta di lavorare alla costruzione di un ampio dibattito che ponga come centro un bilancio critico-autocritico di questi anni di lotta.

Questa necessità nasce dal confronto con la realtà oggettiva, con le dinamiche dello scontro di classe che ci impone un compito imprescindibile: COMUNICAZIONE e CONFRONTO con tutto il movimento rivoluzionario e con TUTTI i comunisti dentro e fuori le prigioni. Gli obiettivi di questo bilancio autocritico sono: L’UNITÀ dei COMUNISTI nel processo di Costruzione del Partito Comunista Combattente e l’UNITÀ delle MASSE SUL TERRENO DELLA LOTTA ARMATA PER IL COMUNISMO.

Il susseguirsi delle sconfitte politiche militari, lo smantellamento di interi e vasti settori del Movimento Rivoluzionario, le spaccature, il frazionismo, i tradimenti non possono trovare spiegazione e superamento se non in un dibattito che sappia leggere, nell’affermarsi del soggettivismo, gli errori d’impianto teorico-strategico che hanno menomato e spesso impedito l’uso e la più corretta appropriazione da parte dei comunisti e del Movimento Rivoluzionario del metodo del materialismo storico e dialettico.

Da parte nostra intendiamo aprire e portare avanti questo dibattito senza fermarci a mezza strada, assumendoci le nostre responsabilità per intero e ponendo immediatamente questo rilancio come contributo per l’unità dei comunisti.

Capire gli errori significa soprattutto cogliere le deviazioni soggettiviste dell’Organizzazione, nell’affrontare teoricamente e praticamente il rapporto Massa-Partito-Massa.

Questo crediamo sia il punto: aver anteposto, nell’analisi e nella definizione dei compiti dello scontro di classe, l’organizzazione di Partito all’organizzazione e alla partecipazione del proletariato

alla lotta rivoluzionaria: aver cioè assolutizzato a sé, al Partito, le contraddizioni di classe; aver agito in nome della classe, espropriandola del suo movimento molteplice, motore della trasformazione sociale.

Nella fase della transizione al comunismo, l’Organizzazione deve diventare Partito che costruisce il Partito, superare la concezione dell’Organizzazione politico-militare, riassumere il suo ruolo essenzialmente nella costruzione e nell’esercizio di un vasto e articolato sistema di Potere Proletario Armato, all’interno del quale il Partito è direzione politico-militare delle lotte e del combattimento proletario.

La base oggettiva del riproporsi del soggettivismo d’organizzazione sta proprio nelle difficoltà e incapacità di assumere questi compiti in questo passaggio di fase.

Per la classe il percorso che la sta portando alla partecipazione diretta sul terreno della Lotta Armata, non significa nell’immediato capacità. dispiegata di organizzazione politico-militare clandestina; al contrario esistono percorsi differenziati, più o meno avanzati, all’interno dei quali funzione dirigente di Partito è comprenderli e analizzarli tutti, dirigerli, assumendo sempre come riferimento principale le espressioni più avanzate. Negli ultimi quattro anni il soggettivismo ha significato una divaricazione tra presunta capacità offensiva dell’Organizzazione e il livello del tutto ridicolo di capacità dirigente rispetto alle lotte proletarie ed alle loro espressioni organizzate così come erano e sono possibili all’interno dei rapporti di forza esistenti. Questo ha determinato l’incapacità di disarticolazione reale del progetto della borghesia imperialista e l’allontanamento delle masse, causati dal permanere di teorie e pratiche legate alla fase precedente. Il punto è proprio questo: bisogna analizzare i movimenti antagonisti e coglierne il loro contenuto rivoluzionario in rapporto alla contraddizione che li oppone spontaneamente alla società capitalista. In questo quadro, a partire dalle espressioni più avanzate, costruire intorno ad un programma rivoluzionario la base materiale della determinazione del Potere Proletario Armato.

Il principio politico è che: I COMUNISTI SI ORGANIZZANO DENTRO LE MASSE e non LE MASSE DENTRO I COMUNISTI, cioè imparare ad organizzarci ad ogni livello dell’antagonismo di classe e non aspettare che l’antagonismo spontaneamente assuma le caratteristiche a noi più assimilabili.

Nella guerra di classe di lunga durata, forma e contenuto coincidono, quindi si ha l’unità del politico con il militare, ma ciò non vuol dire sviluppo lineare. Al contrario il processo rivoluzionario è complesso e contraddittorio e l’avanguardia agendo all’interno delle contraddizioni le spinge a maturazione, al loro spostamento ad un livello più avanzato. Ma non sempre è cosi; la dialettica dello scontro di classe è interna al rapporto crisi-ristrutturazione, crisi-rivoluzione, e il quadro generale, i rapporti di forza non possono prescindere da questa dialettica, pena l’interpretazione idealistica della lotta di classe stessa. Questo è il terreno su cui si è andata maturando la concezione soggettivista della guerra di classe nella metropoli imperialista, che ha portato alla concezione del rapporto crisi-rivoluzione, nella sua accezione vecchia, da gruppo guerrigliero, nell’illusione di essere sempre e comunque all’offensiva.

L’offensiva a tutti i costi, senza un quadro strategico che la fa essere possibile, si presenta oggi per quello che è: divaricazione del rapporto Massa-Partito-Massa, offrendo al nemico di classe la possibilità di accerchiare e annientare l’avanguardia rivoluzionaria e portare fino in fondo i suoi progetti di ristrutturazione e annientamento di interi strati di classe.

Parlare oggi di un quadro generale caratterizzato dalla DIFENSIVA STRATEGICA, non significa, come molti credono, riportare indietro 10 anni di Lotta Armata, cancellandone esperienze e contenuti, perché il nemico ha riportato significative vittorie sulle Brigate Rosse e sul Movimento Rivoluzionario: significa capire che l’offensiva strategica andava e va costruita in rapporto all’organizzazione delle masse sul terreno della lotta Armata e alla costruzione del Partito. Non si può scambiare, come spesso abbiamo fatto, l’offensiva tatticamente possibile dell’Organizzazione per l’offensiva proletaria espressa da un reale sistema di potere.

L’offensiva strategica in stretta dialettica con tutte le determinazioni della guerra di classe, i fattori che la rendono possibile sono molteplici e appartengono intimamente a tutto il sistema del Potere Proletario Armato. Non capire la complessità di questi problemi significa trasgredire le leggi della guerra rivoluzionaria, concependola come un evolversi spontaneo e su se stessi.

L’Organizzazione nella sua pratica sociale ha commesso l’errore di non capire a fondo i compiti di questa congiuntura di transizione, sbandando dalla propaganda armata alla guerra civile dispiegata. Per questo bisogna ricollocare la nostra iniziativa dentro il movimento reale, per questo dobbiamo imparare a praticare la difensiva strategica per capire come assolvere i compiti della congiuntura di transizione cioè: conquista e organizzazione delle masse sul terreno della Lotta Armata e unità dei comunisti per la costruzione del Partito.

Compagni,

la parola d’ordine “Unità dei Comunisti” non é un fatto contingente, una esigenza organizzativa, risultato delle ultime sconfitte, ma ha come primo obiettivo la morte della logica dello schieramento, del procedere solo attraverso spaccature indebolendo dall’interno il processo di costruzione del Partito. Ciò non significa rinunciare alla battaglia politica, ma assumerla all’interno del centralismo democratico, come vita stessa del Partito. Su queste basi é possibile superare il frazionismo, è possibile misurare le esperienze, i contenuti, i livelli più maturi che TUTTI I COMUNISTI CHE LAVORANO ALLA COSTRUZIONE DEL PARTITO HANNO ACCUMULATO, in questo si dà la possibilità di costruire la giusta linea politica e renderla direzione politica del Partito.

Compagni,

se è vero che la borghesia imperialista ha dimostrato tutta la sua capacità di comprensione delle dinamiche e degli errori del Movimento Rivoluzionario e ha scatenato tutta la sua forza per annientarlo, é un’altra la verità che sta cominciando a imporsi e questa verità parla la lingua di un nuovo internazionalismo proletario, dell’unità di classe all’interno di ciascun paese a partire dalle metropoli imperialiste: delle nuove condizioni di lotta, di organizzazione, di programma per la transizione al comunismo.

La borghesia imperialista sta preparando ancora una volta la guerra per tamponare gli effetti laceranti della sua crisi, il proletariato mondiale e i popoli che combattono contro questa barbarie stanno preparando l’unità che trasformerà questo nuovo sterminio in guerra di classe contro ogni imperialismo.

 

– SCONFIGGERE IL FRAZIONISMO E LA LOGICA DI SCHIERAMENTO
– MARCIARE NELLA CHIAREZZA VERSO L’UNITÀ DEI COMUNISTI NELLA COSTRUZIONE DEL PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE
– LAVORARE E COMBATTERE UNITI PER COSTRUIRE L’UNITÀ DELLE MASSE NEL PROGRAMMA DI CONGIUNTURA
– COMBATTERE INSIEME E UNITI PER VINCERE CON TUTTI I COMUNISTI E CON TUTTI I POPOLI CHE LOTTANO CONTRO L’IMPERIALISMO

25/4/1982 Per il Comunismo

BRIGATE ROSSE
PER LA COSTRUZIONE DEL PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE