Sabato 14 Febbraio l987, un nucleo armato della nostra Organizzazione ha espropriato un furgone portavalori delle poste, nel corso dell’azione la scorta armata è stata neutralizzata ed è stata requisita una pistola in dotazione agli agenti.
Per un’Organizzazione Comunista Combattente che si pone correttamente alla testa dello scontro di classe perseguendo gli interessi strategici del proletariato – la conquista del potere politico – l’esproprio è l’unico mezzo per finanziare il programma rivoluzionario; l’esproprio è altresì il mezzo più coerente poiché prefigura la totale espropriazione da parte del proletariato dei mezzi di produzione in mano alla borghesia, il problema dell’autofinanziamento è quindi elemento politico e strategico dell’attività rivoluzionaria ed è su questo piano che le Brigate Rosse per la costruzione del PCC l’hanno sempre affrontato, perciò abbiamo deliberatamente scelto le modalità d’intervento con cui abbiamo operato, salvaguardando la vita dei civili e risparmiando la vita all’agente che si è arreso.
Una scelta politica la nostra calibrata all’andamento dello scontro, scontro di classe che può subire arretramenti, permettere alla borghesia di dettare da posizioni di forza le “regole del gioco” cambiandole a suo vantaggio ma che non azzera il patrimonio storico della qualità dello scontro di classe che si è prodotto in Italia. In altri termini: la strategia della Lotta Armata, 17 anni di prassi rivoluzionaria, dialettizzandosi con le istanze più mature dell’autonomia di classe, hanno determinato il percorso strategico per dare soluzione alla questione del potere.
Per questo i piani per demotivare politicamente e socialmente la strategia della Lotta Armata messi in atto dallo Stato e dai suoi più o meno illustri fiancheggiatori post-moderni devono fare i conti con questo dato di fatto; così come l’aspetto complementare di questa politica, vale a dire il tentativo di strumentalizzare la Lotta Armata con interventi preordinati al fine di inserirsi nelle contraddizioni del movimento rivoluzionario è destinato ad infrangersi, nonostante gli sforzi fatti dai portavoce della borghesia, il duo Scalfaro-Parisi, tramaioli di vecchia data. A questi signori ricordiamo che queste elucubrazioni maturate nei vari covi della borghesia non sono che velleità; lo scontro politico tra le classi non è pianificabile a tavolino.
Tutti coloro che si uniscono al coro del “canto del cigno” sulla strategia della Lotta Armata sappiano chiaramente che i proventi dell’esproprio saranno investiti con il rigore rivoluzionario che ci ha sempre contraddistinto.
Oggi la borghesia parla di stabilità politica, di paese pacificato, decanta i successi economici e pone sul piano internazionale il rilancio della sua collocazione nella catena imperialista. Di fatto “l’azienda Italia” ha operato le fasi più salienti della ristrutturazione economica, adeguandosi al profondo salto tecnologico nella produzione, pena la perdita di posizioni nelle quote di mercato internazionale.
La borghesia imperialista nostrana incalzata dall’andamento della crisi economica, dal carattere recessivo dell’economia mondiale ha intrapreso un riadeguamento complessivo che partendo dalla produzione ha comportato e comporta una rifunzionalizzazione di tutti gli aspetti sovrastrutturali a partire dalle relazioni industriali fino alla razionalizzazione delle funzioni dello Stato.
Quello che si è verificato e si sta verificando è il risultato di un lungo scontro politico-sociale che si è risolto, allo stato attuale, con l’arretramento delle posizioni politiche e materiali della classe, ciò è stato ottenuto attraverso un attacco articolato che per proporzioni e dinamiche ha assunto carattere di vera e propria controrivoluzione. Questa ha attraversato orizzontalmente tutta l’autonomia politica di classe che si era sviluppata principalmente intorno alla strategia politico-militare delle Brigate Rosse; infatti l’attacco ha investito sia le avanguardie rivoluzionarie che quelle di classe, ridimensionando paradossalmente anche le rappresentanze istituzionali della classe. La borghesia sta rideterminando ulteriormente attraverso rotture nei rapporti di forza, tutti i termini delle relazioni fra Le classi, dalla contrattazione della forza lavoro agli aspetti più generali del rapporto politico tra classe e Stato riformulando in ultima istanza il modo di governare il conflitto di classe, il carattere stesso della mediazione politica tra te classi, allo scopo di consentire il relativo contenimento delle dinamiche antagoniste.
L’accentramento dei poteri nell’Esecutivo, la ridefinizione di “nuovi” strumenti di governo delle contraddizioni sociali, quali fra gli ultimi la staffetta – esperimento di democrazia matura ad hoc – non sono beghe interne alla borghesia, ma sono strettamente legati ai modi e ai tempi per determinare le condizioni politiche e materiali della classe. È dentro a questa nuova fase politica che operiamo per il rilancio fattivo dello scontro rivoluzionario apertosi a suo tempo nel nostro paese, e che costruiamo il riadeguamento teorico-politico-corganizzativo per essere direzione effettiva del movimento di classe e delle sue espressioni più avanzate dando così prospettiva strategica alla questione del potere.
Asse d’intervento strategico delle Brigate Rosse è l’attacco al cuore dello Stato, inteso come attacco alle politiche dominanti nella congiuntura che oppongono il proletariato alla borghesia, attacco che mira a rompere gli equilibri politici che fanno marciare i programmi della borghesia imperialista rendendone ingovernabili le contraddizioni. L’intervento politico-militare è calibrato da un lato all’andamento dello scontro di classe, dei rapporti di forza tra le classi nel paese e del movimento rivoluzionario; dall’altro ciò si misura sul rafforzamento delle forze rivoluzionarie in modo dà renderle sempre più capaci di attestarsi in modo adeguato allo scontro col nemico di classe, con l’imperialismo. Lavoriamo quindi alla modificazione dei rapporti di forza per assestarli in favore del campo proletario, affinché possano pesare nello scontro contro lo Stato e dare propulsione alla guerra di classe di lunga durata per la conquista del potere politico e l’instaurazione della dittatura del proletariato.
Se questi sono i caratteri interni dell’attuale fase politica, la sua maturazione è informata dai cambiamenti intervenuti nel contesto internazionale che influiscono sulle scelte dei vari Stati della catena imperialista.
L’acutezza della crisi determina per l’imperialismo la necessità di una ridefinizione generale della divisione internazionale del lavoro e dei mercati tale da permettere un nuovo ciclo espansivo dell’economia capitalistica. L’approfondimento tecnologico e nell’organizzazione del lavoro con la conseguente concentrazione finanziaria determina un’aspra concorrenza fra i gruppi monopolistici-multinazionali dell’occidente; questi fattori però non sono in grado di dare superamento alla grave crisi recessiva mondiale, anzi nelle attuali condizioni questi dati provocano il loro opposto!
La sovrapproduzione di capitali non fa che aumentare i fattori di instabilità nell’economia mondiale. In sintesi il piano economico a questo stadio della crisi non è in grado di riequilibrare gli scompensi in atto, la necessità di dare soluzione alla crisi si sposta sul piano politico, poiché una ridefinizione complessiva dei mercati necessita di una nuova ripartizione delle zone d’influenza e di un nuovo assetto nelle relazioni tra i blocchi.
Nelle intenzioni dell’imperialismo ciò significa la volontà di ridimensionare il blocco Sovietico e di ricondurre nell’orbita occidentale tutti quei paesi che vi si sono sottratti attraverso percorsi di liberazione nazionale. È all’interno dell’acuirsi della contraddizione Est/Ovest che trovano convergenza le politiche imperialiste del blocco occidentale, pur fra i diversi interessi e contraddizioni che l’attraversano.
Le forzature statunitensi nell’area mediorientale hanno posto le condizioni di un passaggio in avanti della politica imperialista, coagulando in senso filo atlantico le varie iniziative dei paesi del blocco. In altri termini superata, come elemento trainante, la politica dei bombardamenti terroristici si apre una fase in cui l’iniziativa politico-diplomatica fa da battistrada ad una strategia globale tesa ad assestare alleanze ed equilibri politici favorevoli all’occidente, di cui gli europei si fanno carico pur dentro a laceranti contraddizioni provocate anche dalle batoste sul campo.
L’Esecutivo nostrano è perfettamente allineato a questa strategia guerrafondaia con un proprio ruolo attivo. Questo attivismo diventa elemento di ulteriore razionalizzazione nel processo dl accentramento dei poteri, in quanto tale pesa anch’esso sui rapporti di forza generali. In questo contesto l’antimperialismo è problema politico prioritario per ogni forza rivoluzionaria che combatte, non solo perché è posto dalle condizioni oggettive dell’aggravamento della tendenza alla guerra, ma principalmente perché posto soggettivamente dalle forze rivoluzionarie combattenti e dai popoli progressisti che lottano per sottrarsi al giogo imperialista.
La questione dell’antimperialismo, nel suo maturarsi come problema politico immanente non può essere risolto solo come problema solidaristico o rimandato in termini libreschi ad un “indeterminato” internazionalismo proletario. Esso deve trovare la sua prassi rivoluzionaria in una proposta politico-organizzativa adeguata ad impattare con le politiche imperialiste. Per questo lavoriamo al consolidamento del Fronte Combattente antimperialista.
L’opportunità politica del Fronte è problema di una politica concreta e può essere attuabile in determinate condizioni, ma per essere affrontata necessita da parte dei comunisti di un atteggiamento politico che pur nella saldezza dei propri principi, abbia la flessibilità necessaria per ricercare il massimo d’unità possibile; in altri termini una reale politica d’alleanze non passa attraverso la mercificazione dei principi e delle finalità dei comunisti: politica d’alleanze e finalità dei comunisti sono due termini che non si escludono, ma vivono un rapporto programmatico.
La praticabilità di una politica d’alleanze è determinata dell’analisi concreta della situazione concreta, cioè riferita alle dinamiche della crisi e della tendenza alla guerra, alla controrivoluzione e alle forze rivoluzionarie presenti, attive o attivabili in senso progressista ma soprattutto alla sua funzione nei confronti del nemico comune; e questo perché oggi sviluppare il processo rivoluzionario nel proprio paese non può prescindere dall’indebolimento politico militare dell’imperialismo nell’area, ossia si rende necessaria una politica d’alleanze fra le diverse forze rivoluzionarie che oggi combattono l’imperialismo, affinché operino questo indebolimento.
In questo senso l’obbiettivo politico del Fronte è parte del programma comunisti. La politica d’alleanze che ci riguarda si pone quindi all’interno della più ampia politica antimperialista da noi praticata; alleanza che deve relazionarsi con forze rivoluzionarie che possono essere caratterizzate da criteri e finalità diverse dalla conquista proletaria del potere, la cui unità politica nell’alleanza è data dalla lotta al nemico comune e la sua concretizzazione nei livelli d’unità e cooperazione raggiungibili.
È chiaro che il Fronte non è lo stadio inferiore dell’Internazionale, ma lavorare per il Fronte non preclude la ricerca dell’unità dei comunisti.
L’attività della guerriglia in Europa che pur nella specificità ha come denominatore comune l’attacco all’imperialismo USA e alla NATO, trova convergenza obiettiva con le lotte dei popoli progressisti della regione mediorientale mediterranea.
La prassi combattente di R.A.F. e A.D. per la promozione del Fronte, segna un’importante tappa politica alla quale ci rapportiamo; tale prassi pone una convergenza oggettiva che è la base politica, in termini più generali, per il rafforzamento e consolidamento del Fronte Combattente Antimperialista.
È su questi termini di programma e sulla strategia della Lotta Armata che trova concretezza la parola d’ordine dell’unità dei comunisti per la costruzione del Partito Comunista Combattente.
ATTACCARE IL CUORE DELLO STATO NELLE SUE POLITICHE DOMINANTI!
RAFFORZARE IL CAMPO PROLETARIO PER ATTREZZARLO ALLO SCONTRO CONTRO LO STATO!
GUERRA ALL’IMPERIALISMO! GUERRA ALLA NATO!
PROMUOVERE E CONSOLIDARE IL FRONTE COMBATTENTE ANTIMPERIALISTA – LOTTARE INSIEME!
ONORE A TUTTI I COMPAGNI CADUTI!
per il Comunismo BRIGATE ROSSE
per la costruzione del P.C.C.
Febbraio 1987