Il giorno 15/2/84 un nucleo armato della nostra organizzazione ha giustiziato RAY LEAMON HUNT, direttore generale della “FORZA MULTINAZIONALE DI OSSERVAZIONE” nel Sinai, costituita a garanzia degli accordi di Camp David stipulati tra Egitto ed Israele sotto il diretto controllo degli USA.
Questo porco poteva vantare una lunga “esperienza” in quello sporco lavoro che gli imperialisti yankee svolgono quotidianamente in ogni parte del mondo. Il suo “curriculum vitae” lo testimonia in modo eloquente: da Gerusalemme alla Turchia, da Ceylon all’Etiopia, dal Costarica al Libano, giunge a ricoprire la carica di vice assistente di Kissinger nel ‘74. Nel ‘76 è a Beirut, ed allora si occupa in modo particolare dei problemi mediorientali ricoprendo infine la carica di direttore generale di una forza militare occidentale, direttamente organizzata e finanziata dagli USA.
Sono proprio questi “solerti funzionari”, sguinzagliati in tutto il mondo ad organizzare le tante nefandezze che l’imperialismo USA commette ai danni dei popoli in lotta per una reale autodeterminazione ed indipendenza. È questa gente che sta dietro ai peggiori massacri perpetrati dall’imperialismo da Tall El-Zaatar a Sabra e Chatila sino alle cannonate della New Jersey. L’aver posto fine alla miserabile esistenza di questo lurido servo dell’imperialismo costituisce un onore per la nostra organizzazione e nello stesso tempo un dovere verso il movimento rivoluzionario internazionale.
Perché abbiamo colpito RAY LEAMON HUNT? Qual è la funzione e il significato dalla “forza multinazionale di osservazione” (MFO)? La funzione di questa forza militare a cui partecipa non a caso un contingente italiano, è quella di garantire la salvaguardia dagli interessi USA in medioriente attraverso un accordo tra Egitto ed Israele, ai danni del popolo palestinese, sostenuto con miliardi di dollari. Il significato politico è di notevole importanza nell’evoluzione delle relazioni internazionali, verso lo scatenamento della guerra tra i due “blocchi” in quanto, per un verso ratifica formalmente, con strutture di carattere internazionale, apparentemente legali, interessi od influenze regionali occidentali; per l’altro dà inizio ad una pratica peculiare che ha già trovato seguito nella formazione di una seconda forza multinazionale, questa volta nel Libano, al di fuori dell’ONU e lascia chiaramente intendere un proseguimento in tal senso in regioni come l’America centrale.
Compagni, proletari,
l’evoluzione recente delle relazioni internazionali dimostra inequivocabilmente che le maggiori potenze imperialistiche stanno procedendo verso lo scontro militare. I popoli di tutto il mondo assistono ad una minacciosa corsa al riarmo, nucleare e convenzionale, che lo sfrontato cinismo dei governi borghesi vorrebbe giustificare con motivi di difesa e di sicurezza. Le spese militari aumentano palesemente in ogni nazione, pesando così sulle condizioni di vita delle masse: come se non bastasse, è il condannato stesso che paga il conto del suo supplizio! La crescente tensione internazionale si manifesta sempre più di frequente nei cosiddetti “conflitti regionali”, ove, di volta in volta, si concentrano ed esplodono violentemente quelle contraddizioni che, proprie di un determinato contesto regionale, si inseriscono comunque in un quadro generale caratterizzato dalla contrapposizione profonda dei due maggiori blocchi imperialisti.
In questo scenario che tradizionalmente precede lo scoppio della guerra diretta tra gli imperialismi, l’ipocrisia della borghesia e dei suoi governi non ha limiti: ciascuna amministrazione lamenta l’aggressione dell’altra, ciascun “blocco fa professione di pacifismo e di buona volontà circa il problema del disarmo e, in generale, riguardo l’indirizzo della propria politica estera. Nei fatti le cose stanno ben diversamente: la profonda crisi economica che investe tutto il mondo capitalistico accresce a dismisura la competizione tra grandi gruppi monopolistici o finanziari e, di riflesso, anche tra gli Stati si fa pressante l’esigenza di un allargamento dei mercati e di un rigido controllo delle materie prime al fine di un rilancio generale della produzione capitalistica. Lo scontro militare tra imperialismi s’impone come la soluzione obbligata, lo sbocco oggettivo dell’attuale crisi che, protraendosi nella sua sostanza dagli inizi degli anni ’70, ha messo in discussione le forme stesse d’accumulazione assunte dal capitale su scala internazionale dal secondo dopoguerra ad oggi.
In sostanza la borghesia non può evitare la guerra, poiché il suo stesso sistema sociale ne produce le cause di fondo. Che le cose stanno in questo modo lo si vede rivolgendo l’attenzione alla progressiva impotenza dell’ONU di fronte ai molti focolai di guerra ed al crescere della tensione internazionale in tutto il mondo. Questa organizzazione che dovrebbe rappresentare la volontà generale dei governi dei paesi membri di astenersi dall’uso della guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti internazionali, ha assistito impotente, quando non acquiescente, alla guerra delle isole Malvinas, all’aggressione israeliana in Libano, all’occupazione yankee di Grenada. Quest’organizzazione assiste tuttora, gingillandosi, al massimo, con “risoluzioni di condanna” sapientemente contrattate da diplomatiche facce di bronzo, alle continue provocazioni dell’amministrazione Reagan nei confronti del Nicaragua, allo sporco e rivoltante lavorio dei razzisti sudafricani contro Angola e Mozambico, alle ingerenze del “socialista” Mitterrand in Ciad, alla prolungata occupazione sovietica in Afganistan. L’impotenza assoluta e grottesca delle Nazioni Unite è indice quanto mai eloquente del deteriorarsi delle relazioni internazionali, rimandandoci con la memoria al cadavere della “società delle nazioni” calpestato a Monaco dal “appeasement” anglo-francese, ed in ultimo schiacciata dal tallone nazifascista. Torna attuale, si direbbe, il noto adagio che vuole la storia ripetersi due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa. Le ragioni che sono alla base della costituzione della MFO per il Sinai sono l’esempio concreto di come si manifesti la tendenza generale esposta appena sopra; qui si vede in modo molto significativo, e che riguarda da vicino anche il proletariato italiano, come le potenze imperialistiche passino bellamente sopra l’ONU quando in ballo ci sono i loro interessi e quando si tratta d’assestare un colpo decisivo ai movimenti di liberazione nazionale e popolari che si battono contro l’oppressione e contro lo sfruttamento. La MFO per il Sinai è infatti una forza militare costituita al di fuori dell’ONU, per garantire l’applicazione degli accordi di Camp David del ’78 che, come è noto, rappresentano un duro colpo per la causa palestinese e, più in generale per l’opposizione all’imperialismo sionista. Lo sfaldamento del fronte arabo col tradimento di Sadat, il rafforzamento del prestigio dell’entità sionista legittimata a proseguire la bestiale politica di annessione dei territori occupati in Cisgiordania e Gaza, il ridimensionamento generale dell’influenza sovietica in Medioriente, sono solo alcuni dei risultati raggiunti dagli Usa e dai sionisti al seguito di Camp David. Essi sono altrettanti tasselli di un più ampio mosaico che prevede una risistemazione generale dell’area mediorientale capace di assicurare agli Usa il controllo completo di questa vitale regione, già pericolosamente messo in forse dalla penetrazione sovietica in Afganistan, dall’Iran sciita e dalle caratteristiche democratico-popolari della rivoluzione palestinese. In questo senso, vi è un evidente e criminale continuità tra Camp David e l’operazione “pace in Galilea” del giugno ’82, esiste un nesso patente tra la MFO per il Sinai e l’odierna, più nota, “forza multilaterale di pace” in Libano, entrambe rappresentanti armate dell’imperialismo occidentale, garanti ed agenti di un equilibrio funzionale agli interessi strategici degli Usa e della Nato in Medioriente.
Nonostante l’impressionante mole di nauseabonda propaganda, la posizione dei governi europei sotto quest’aspetto è molto chiara: essi sono in prima fila nella corsa ad una soluzione della questione mediorientale che, fatte salve le relazioni con i paesi arabi moderati, permetta il migliore sfruttamento delle risorse economiche (in primo luogo energetiche) nel quadro politico strategico garantito “manu militari” dal sionismo.
Come spiegare l’astensione in sede ONU di Francia, Gran Bretagna, RFT e Italia sul problema della convocazione della “conferenza internazionale sulla questione della Palestina”, se non come tacito assenso allo spudorato voto contrario degli Usa e di Israele? Non è un criminale filisteo sostegno alle nefandezze sioniste, questo? E ancora, come interpretare l’appoggio francese all’Iraq di Saddam Hussein e i mastodontici contratti militari tedeschi con l’Arabia Saudita? Infine, sono o non sono la Francia, l’Italia e la Gran Bretagna impegnate in missioni militari di chiara marca imperialistica?
Le potenze imperialiste europee non sono affatto “neutrali” in Medioriente, al contrario esse danno prova di molto attivismo, impegnate come sono a fianco dell’imperialismo americano e sionista in un’azione generale di contenimento dell’influenza sovietica e di snaturamento complessivo delle caratteristiche democratico-popolari del sentimento nazionale palestinese.
E non è neutrale il governo italiano, non è neutrale la nostra borghesia che, nel corso di un solo anno, il 1982, partecipa a ben due azioni militari in Medioriente: la MFO in Sinai e la forza di “pace” a Beirut, preoccupandosi di ospitare a Roma il quartier generale della prima – si ha una bella faccia a dichiararsi amici dei palestinesi quando si contribuisce a garantire l’applicazione degli accordi di Camp David che permettono ai sionisti l’annessione forzata delle terre dei palestinesi. Il governo italiano può riempire un aereo di bambini palestinesi e portarli in visita gratuita nel nostro paese, ma il proletariato internazionale ed i popoli che lottano contro l’imperialismo sanno bene che truppe italiane calpestano il suolo libanese complici degli Usa e dei fascisti locali, che dragamine battenti la nostra bandiera fanno rispettare un accordo fondato sul tradimento di un “faraone” che ha pagato con la vita le sue azioni. Così come sanno che nel nostro territorio vengono installati missili a testata nucleare il cui primo obiettivo non è l’Est europeo, ma soprattutto le giovani nazioni che si oppongono alle mire imperialistiche occidentali. Il governo italiano vuole fare del nostro paese il gendarme del mediterraneo, vuole aumentare il suo sporco prestigio internazionale soffocando le aspirazioni legittime e progressiste dei popoli affrancati dalla dominazione coloniale e di quelli che si battono per la liberazione nazionale, ma la lotta congiunta del proletariato italiano con quello internazionale e con i popoli progressisti di tutto il mondo farà fallire questo disegno facendo rimangiare a Craxi e soci le loro intenzioni.
LE CLASSI DIRIGENTI HANNO GIÀ SCELTO
Il maturare accelerato della crisi capitalista impone ai governi borghesi scelte di fondo e di sostanza riguardo alla loro politica complessiva. La borghesia italiana, in particolare, si trova di fronte ad un’alternativa assai netta: una ridefinizione della società in senso autoritario e bellicista in grado di sostenerla nel novero delle grandi potenze, oppure una graduale retrocessione nella cerchia dei paesi cosiddetti di “serie B”. I grandi gruppi monopolistici e finanziari non hanno alcun dubbio: solo una politica estera aggressiva ed una politica interna di segno autoritario risultano confacenti alla ristrutturazione e al salto tecnologico, in cui è impegnata l’economia italiana ed il cui costo sociale è rappresentato dalle migliaia di licenziamenti, dalla disoccupazione e dall’aumento dello sfruttamento nelle fabbriche. E le classi dirigenti hanno già compiuto lo loro scelte: il “nuovo ruolo dell’Italia” nella NAT0 e nello scacchiere mediterraneo, dall’installazione dei missili a Comiso, sino all’impegno militare in Medioriente, è la secca risposta a questo interrogativo. Spadolini, capo del governo al momento dell‘invio delle truppe nel Sinai e a Beirut, e caldeggiatore delle installazioni missilistiche, siede tronfio al ministero dalla difesa nel governo Craxi, quasi a simboleggiare la continuità guerrafondaia che anima i gabinetti delle ultime coalizioni governative. È degli ultimi giorni la notizia dell’approvazione al senato di stanziamenti militari per quasi 1.000 miliardi, stanziamenti effettuati al di fuori del bilancio della difesa, come anche quelli per il contingente italiano in Libano. A favore della proposta governativa hanno votato pure i fascisti del MSI.
C0MPAGNI, PROLETARI,
un ampio movimento di massa si è sviluppato nel nostro paese in opposizione alle scelte belliciste del governo Craxi, esso è animato dalla precisa consapevolezza dell’assoluta necessità di bloccare la corsa al riarmo o di togliere dalle mani di un manipolo di farabutti il destino di molti milioni di uomini e donne. Da questo punto di vista si tratta di un movimento che si oppone all‘imperialismo e che lotta per sconfiggere il disegno banditesco e guerrafondaio della borghesia imperialista.
Intanto è giusto ed importante appoggiare con tutte le forze e partecipare a questo movimento, in quanto è necessario chiarire che solo, il proletariato può vincere la lotta contro la guerra imperialista, perché solo questa classe sociale può modificare radicalmente i meccanismi che causano la competizione fra nazioni sino a farla sfociare nella guerra. La lotta contro la guerra imperialista deve saldarsi allora con la lotta della classe operaia contro lo sfruttamento, i licenziamenti e la politica economica del governo in un unico e compatto fronte proletario, cosciente del compito storico che è chiamato ad assolvere in questa critica congiuntura. Dobbiamo romperla con la generica ottica interclassista per conquistare la direzione proletaria di questo movimento, l’unica direzione in grado di assicurare una prospettiva reale alle aspirazioni di pace presenti nella stragrande maggioranza del popolo italiano.
Le Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente sono impegnate a fondo in questo lavoro. La nostra organizzazione è in prima fila nella lotta contro l‘imperialismo e contro il governo Craxi, suo rappresentante. Con questa iniziativa politica combattente le Brigate Rosse si inseriscono al centro dello scontro sociale in atto nel paese, interpretando in modo chiaro ed inequivocabile gli interessi generali della classe proletaria. Nello stesso tempo, quest’iniziativa politica è una parola chiara, la nostra parola è quella del proletariato rivoluzionario, nei confronti di tutti coloro i quali vorrebbero seppellire la politica rivoluzionaria nel museo delle antichità, mendicando così più facilmente pietà ai piedi della borghesia. Di fronte ai movimenti di massa in lotta contro l’imperialismo, di fronte alla mobilitazione operaia contro il decreto truffa governativo, figlio bastardo dell’accordo del 22 gennaio, che cosa sono infine i piagnistei bricconi di qualche rivoluzionario da operetta? Tutti costoro stanno, già entrando nel letamaio della storia. È necessario intensificare la lotta contro il governo per il ritiro immediato di tutte le truppe italiane dal Medioriente per il rifiuto dei missili nucleari a Comiso, per far uscire il nostro paese dalla NATO. È necessario estendere la mobilitazione di massa e d’avanguardia su questo programma politico, in unità con la classe operaia e le sue lotte e sotto la direzione del proletariato rivoluzionario. Lo scenario che il proletariato internazionale si trova innanzi è molto preciso: il capitale si appresta a fargli pagare il conto più salato che questo sistema sociale è costretto a presentare periodicamente alle masse che sfrutta od opprime: la guerra. Ma una grande parola d’ordine unisce tutti gli sfruttati: TRSFORMARE LA GUERRA IMPERIALISTA IN RIVOLUZIONE PROLETARIA PER IL COMUNISMO! Nel maturare accelerato della crisi capitalistica verso la guerra si offre al proletariato internazionale un’occasione eccezionale: quella di segnare un poderoso passo in avanti nel processo complessivo della rivoluzione proletaria mondiale, conquistando il potere politico in uno o più paesi capitalistici. In particolare, è oggi completamente maturata la possibilità di sconfiggere la borghesia nei paesi capitalistici avanzati e di assestare così un colpo di portata decisiva a tutto l’imperialismo. Ma per far ciò, per non farsi cogliere impreparati dal precipitare degli eventi, bisogna sviluppare l’unità obiettiva delle lotte del proletariato di tutto il mondo nell’unità consapevole della sua avanguardia comunista. Bisogna che i comunisti di tutti i paesi si pongano risolutamente sulla strada della costruzione della nuova INTERNAZIONALE COMUNISTA, FONDATA RIGOROSAMENTE SUI PRINCIPI DEL MARXISMO-LENINISMO. La nostra organizzazione è profondamente convinta di ciò e considera questo un obiettivo storico fondamentale ed irrevocabile da raggiungere per il movimento comunista internazionale.
Le Brigate Rosse auspicano e favoriscono con ogni mezzo a loro disposizione il confronto militante tra comunisti di ogni paese e si pongono, con dovuta modestia ma anche con ferma volontà, come punto di riferimento di questo ‘essenziale processo politico’.
UNITÀ DEL PROLETARIATO CON I POPOLI PROGRESSISTI NELLA LOTTA CONTRO L’IMPERIALISMO!
INTENSIFICHIAMO ED ORGANIZZIAMO LA LOTTA CONTRO LA POLITICA GUERRAFONDAIA ED ANTIPROLETARIA DEL GOVERNO CRAXI!
ESTENDIAMO LA MOBILITAZIONE DI MASSA E DI AVANGUARDIA SU QUESTE PAROLE D’ORDINE:
RITIRO IMMEDIATO DELLE TRUPPE ITALIANE DAL MEDIO ORIENTE!
NO AI MISSILI A COMISO ED AL RIARMO! FUORI L’ITALIA DALLA NATO!
Febbraio 1984
Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente
Fonte: Fedeli alla linea, Red Star Press, Roma 2015.
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