Agli inizi di settembre piovono tante lettere.
A un operaio che lavora a cottimo in una squadra ne arriva una di scarso rendimento.
Ciò è illegale, sindacalmente parlando, poiché si dovrebbe accusare o tutta la squadra o nessuno.
Una decina di operai di cui due delegati va allora all’ufficio personale per chiedere il ritiro del provvedimento.
È un episodio di “trattativa diretta”.
Sfortuna vuole che il sindacato stia trattando nella stanza accanto. Chiamato ad andarci a parlare dal dirigente Ballatore, il dirigente Pier Luigi Isella dice che gli è impossibile uscire dall’ufficio! Il risultato è un’accusa di sequestro con il licenziamento di quattro compagni avanguardie riconosciute.
L’attacco è esplicito. Non si trova una scusa come alla Fiat (assenteismo) è un chiaro licenziamento politico nato a sua volta da un episodio in cui i padroni commettono un’illegalità.
Questa protesta era tra l’altro una fesseria di fronte a tanti altri episodi, successivi prima alla Magneti. È l’aria che è cambiata, vediamo perché.
Gli episodi precedenti
Alcuni esempi: un gruppo di dirigenti portati alla “gogna” nei reparti e quindi sottoposti a una “trattativa diretta” in assemblea autonoma dove concedevano tutto (compreso il rimborso delle ore di sciopero e una indennità di mancato pasto); rifiuto con scioperi “preventivi” della cassa integrazione, intesa come attacco politico e quindi non trattabile, quando tutti si sciacquavano la bocca col salario garantito; attacco al locale delle guardie nel quadro della lotta contro la ristrutturazione, perquisiti e incendiati i materiali archiviati. Sequestro di materiali e progetti che i padroni volevano trasferire a Potenza nascosti in un camion; perquisizioni in massa degli uffici per trovare i piani padronali.
Dietro tutto questo, dentro i reparti poca mobilità, diminuzione del lavoro e capi che si devono fare i fatti loro.
Per usare le parole di una denuncia della direzione alla Magistratura “è in questo clima” che fioriscono anche alcuni attentati a dirigenti (azioni condotte dalle BRIGATE ROSSE).
L’interesse dello Stato alla normalizzazione delle fabbriche.
A Milano è stata risistemata la Prefettura: pretori sostituiti da tipi in linea col potere, condannare in Appello. E per gli operai della Magneti Marelli di Crescenzago ci sono tre processi.
Uno è per i fatti delle guardie; doveva svolgersi il tre ottobre ma è stato rimandato sia per la sua delicatezza (tra l’altro c’è sempre Garino di mezzo, quello dello spionaggio Fiat) sia perché è magari opportuno fare prima quello ai compagni licenziati.
Il terzo riguarda una squadra scelta “a caso” cioè in modo terroristico, di 17 persone perché calano il rendimento, intendendo questo sciopero non più come forma di lotta per conseguire un obiettivo ma come nuovo modo di lavorare.
Intanto la situazione di lotta nelle fabbriche di Milano è caratterizzata soprattutto da due brutti esempi: l’Alfa e l’Innocenti. Qui il sindacato si muove perché il padrone non si è affatto comportato in modo bilatere. All’alfa gli operai vengono fatti entrare per lavorare e non per lottare perché i giornali possano farli vedere come bravi ragazzi poco assenteisti.
All’Innocenti, come fa notare un giornale M-L, più che contro il licenziamento sembra che ci si muova per la patria. E i sindacati hanno organizzato una manifestazione con mogli e bambini per andare come elemosinanti per le vie della città, una vergogna che è un insulto alla dignità di classe.
Appena saputo del licenziamento i compagni hanno deciso di far entrare i licenziati in fabbrica “al loro posto di lotta” (e non di lavoro).
Ogni mattina, un corteo che conta fino a 200 persone li va a prendere. L’atteggiamento del Sindacato è stato chiaro: contrario in linea di principio al licenziamento (cioè a parole), dissente dalla iniziativa che ha portato ai licenziamenti e pertanto ciascuno “deve assumersi le sue responsabilità”. Cioè il Sindacato è contrario a ogni mobilitazione! Anzi considera questa storia una deviazione dal problema della cassa integrazione (CI). Dietro queste dichiarazioni sta il ruolo del Sindacato in questa fase: quello di gestore della legalità borghese nella fabbrica. Così in ogni reparto i delegati cercano di impedire la mobilitazione per i compagni, spargono calunnie di tutti i tipi e sostengono la versione padronale oltre ad esaltare la sua ideologia con discorsi contro chi non lavora, ecc.
Il PCI parla come se ormai fosse al potere. La spaccatura tra operai diventa netta, da un lato col padrone dall’altro coi licenziati. Il Comitato di lotta contro i licenziamenti che viene costituito si scontra col disegno padronale e con quello sindacale. È forse la prima volta che una struttura autonoma riesce a dirigere una lotta con continuità, contando interamente sulle proprie forze. Per di più in uno scontro politico e non economico. Ma si tratta ancora di una lotta difensiva mentre il padrone attacca intanto anche con la CI riducendo zero ore l’orario di 800 lavoratori a Potenza, Torino e Pavia.
Di questi limiti si rendono ormai conto tutti, ciascuno a modo suo. C’è un’ombra che preoccupa tutti anche se se ne parla magari con lievi accenni. Ed è la prospettiva della lotta armata. È questo uno dei motivi insieme al carattere elevato raggiunto dalle lotte di massa autonome a Crescenzago, che spiega la virulenza dell’attacco padronale e sindacale. È dopo tre settimane anche i neo-revisionisti di Avanguardia Operaia (A.O). cominciano a far cartelli in cui prendono le distanze dagli autonomisti per quel che dicono sul sindacato e per paura di cosiddette “azioni esemplari”. Il sospetto sul presunto brigatista, l’angoscia per una azione armata è presente nella mente del primo dirigente fino a quella dell’ultimo neo-revisionista di A.O. Questa lotta sta diventando una miniera di chiarimento per il dibattito politico sia tra le masse (e lo dimostra questa nuova partecipazione delle donne) sul ruolo rivestito da padroni e alla destra del movimento operaio (M.O.), sia tra le avanguardie sul problema di nuove forme di organizzazione; ma chi per ora ha collegato più chiaramente di tutti la lotta autonoma alla prospettiva della lotta armata è il padrone (con i suo servi) che vuole eliminare questo rischio cercando di terrorizzare le masse e eliminare le avanguardie.
Brigate Rosse
Settembre 1975
Fonte: Lotta armata per il comunismo