ALFA ROMEO – QUADERNO N. 8 – GENNAIO 1980

Situazione di classe nelle fabbriche. La contrattazione.

Quello che è emerso dalla C.O. durante i contratti è stato sicuramente la non disponibilità a lottare per un contratto che non solo non rispecchia gli interessi della C.O., ma garantisce soprattutto quello dei padroni.
Gli alti livelli di lotte che si sono espressi (vedi FIAT) hanno voluto dimostrare una prova di forza con il padronato non tanto sui contenuti del contratto ma per uscire come C.O. dal terreno logorante che avevano scelto i padroni. Non è stato certo per le 10.000 in più che Torino è stata bloccata in quei termini, ma perché dopo mesi di lotta poco chiara e mistificata, dopo che il sindacato aveva mostrato nei fatti il suo ruolo compartecipe alla politica padronale, la C.O. ha voluto chiudere il “confronto” con la forza, per uscire il meno sconfitta possibile dallo scontro. Non è un caso, infatti, che il contratto è stato chiuso in fretta e furia perché ormai la situazione generale del paese era diventato un problema di ordine pubblico. Il ruolo del sindacato, la mancanza d’altra parte di una presenza attiva da parte delle forze rivoluzionarie, ha fatto sì che esistesse uno sbandamento e una insicurezza della C.O. determinata dalla poca chiarezza sul tipo di scontro.
Questo ha dato spazio a settori di classe che tendono al qualunquismo e al menefreghismo, mentre dall’altra parte chi lotta ha paura di essere in minoranza e isolato; soprattutto gli manca la chiarezza della complessità dello scontro e della prospettiva rivoluzionaria che tutto il proletariato ha più in generale. È grazie a questa prospettiva che chi resiste e lotta può dare un senso e una continuità alla sua battaglia che porta, quasi ogni giorno, contro il padrone, i suoi lacchè e i berlingueriani.
Ormai è chiaro a tutti il ruolo che il sindacato ha assunto soprattutto dalla linea dell’EUR in poi, quello cioè di uno strumento padronale di controllo e repressione delle lotte e attivo collaboratore della repressione.
Ancora più chiaro è il ruolo dei berlingueriani che ormai da lungo tempo hanno svenduto tutto in cambio di poche briciole. E hanno ragione quando dicono. “o con lo Stato o con le BR”; infatti da una parte c’è lo Stato e ci sono loro, dall’altra tutto il mov. Rivoluzionario e le sue avanguardie, e quei settori di classe che non hanno intenzione di farsi svendere. D’altronde la crisi internazionale che in Italia ha degli aspetti particolari dovuti alla forza che la C.O. si è conquistata in anni di lotte, ha ormai chiarito a quale nodo dello scontro siamo arrivati e quali sono gli schieramenti che si fronteggiano e il ruolo che ciascuno di essi ha, come i berlingueriani. La crisi che stiamo vivendo non è passeggera, ormai anche i padroni e i loro organi di stampa devono ammettere a denti stretti, ma è una crisi strutturale dovuta proprio al sistema economico imperialista dominante.
Le multinazionali, per fronteggiare la concorrenza che loro stesse si fanno e che si estende senza esclusione di colpi su tutto il mercato mondiale, investono enormi capitali in tecnologie sempre più avanzate, diminuendo così i margini di profitto, cercano e debbono recuperare questo margine facendone pagare il prezzo agli operai con i licenziamenti e aumento dello sfruttamento.
In Italia il problema della borghesia imperialista (capitalisti di Stato e quelli privati delle multinazionali) è proprio quello di fare questo salto: ristrutturare le fabbriche in modo da restare al passo con la concorrenza internazionale. Questo significa che o si sta al passo del livello produttivo che il sistema delle multinazionali impone, cioè di distruzione della base produttiva che rimane al di sotto di quel livello, o si rimane fuori dallo sviluppo capitalistico stesso. In parole povere questo significa per la borghesia nostrana, tagliare i “rami secchi”, i settori improduttivi, facendo migliaia di licenziamenti come per il settore chimico; passare ad un livello di tecnologia più avanzata, licenziando anche qui migliaia di operai, restringere comunque il numero della forza lavoro e automatizzare i processi lavorativi; trasformare sempre di più le fabbriche in caserme, accentuando il controllo poliziesco sulla C.O. recuperare ed aumentare sempre e comunque i profitti aumentando la produttività.
In Italia lo Stato, che è lo strumento di questa borghesia imperialista, lavora ormai da mesi attraverso decreti-legge e soprattutto con il piano Pandolfi, per portare avanti questa politica economica, che significa questo: togliere i soldi ai proletari per darli ai padroni. Questo da una parte, con l’aumento dei prezzi (luce, gas, telefono, mezzi pubblici, benzina,…) facendo pagare i medicinali ai proletari; dall’altra, diminuendo la spesa pubblica (meno servizi sociali e meno soldi per i lavoratori statali).
D’altra parte, si diminuiscono ancora di più gli oneri sociali a carico dei capitalisti (cioè lo Stato si accolla parte del costo del lavoro) è una delle condizioni poste dalla Confindustria – Intersind per la firma dell’ultimo contratto nazionale è stata quella che prevede lo scarico, in percentuale, degli oneri finanziari alla mutua che potrà controllare gli operai dai primi tre giorni di malattia.
E soldi rastrellati agli operai vanno a finire, come contributo agli investimenti, nelle tasche di chi deve ristrutturarsi. Darsi da fare, come il PCI e il sindacato, per portare avanti questo risanamento dello Stato e dell’economia (essi dicono che i soldi si devono prendere sì ai proletari ma si devono usare bene, devono produrre profitto e non clientelismo) significa dare una mano ai padroni della ristrutturazione e alle multinazionali nel loro tentativo di uscire ancora più forti dalla crisi attraverso la distribuzione di materiale, numerica e politica della C.O.. Distribuzione materiale, perché lavorare in fabbrica e fuori significa morire ogni giorno di super-sfruttamento e di nocività (le fabbriche sono diventate fabbriche di morte). Distribuzione numerica perché si restringe la base produttiva con i licenziamenti.
Per attuare tutto questo programma i padroni devono distruggere il muro della resistenza e cancellare anche soltanto il ricordo dell’esperienza di classe soprattutto di questi ultimi 10 anni. Non riuscire a fare questo significa subire e scontrarsi sempre più duramente con una qualità della lotta che non avrà certo schemi sindacali (le lotte sindacali non esistono più!) ma anzi si qualifica sempre più come scontro diretto e come lotta armata (L.A.).
Deve diventare quindi chiaro nella coscienza del mov. di classe e dei rivoluzionari, di tutti quei compagni che in passato in fabbrica hanno anche combattuto e ora sono sfiduciati, che si esce vincenti da questo scontro se si lotta e si combatte anche a partire dalle fabbriche e per la distruzione dello Stato e di questa società nella prospettiva della presa del potere. Questo è avere chiaro che la resistenza all’interno della fabbrica deve diventare un atto continuo e capacità di individuare non solo come la ristrutturazione articola reparto per reparto, ma individuare anche il processo complessivo che c’è dietro, conoscere gli strumenti che lo Stato dà in aiuto a questa ristrutturazione, riconoscere responsabilità individuali e collettive e le strutture di questo programma, e creare rapporti di forza in cui si esprime Potere Proletario.
Sappiamo com’è duro e complesso l’attacco che ci viene portato, ma è anche chiaro che indietro non si può tornare, anche se molti sognano gli anni ’50, la L.A. ha messo radici dentro il mov. di classe e su questo terreno ormai lo Stato si scontra quotidianamente e militarmente. Da questa forza rivoluzionaria che abbiamo costruito in tutti questi anni dobbiamo partire per articolare sempre più l’organizzazione armata dentro la classe e per costruire dentro le fabbriche e nei quartieri le articolazioni del Potere Proletario Armato.

PERCHÉ QUESTO DOCUMENTO
Deve divenire patrimonio di tutta la C.O. dell’Alfa Romeo la conoscenza del livello di scontro che dobbiamo sempre più duramente affrontare in fabbrica nei prossimi mesi e come il padronato programma le fasi del suo attacco.
Deve diventare patrimonio di tutti questa analisi e la conoscenza del piano padronale che viene già attuato e che ha il respiro di alcuni anni. Tutto questo non per conoscenza astratta, teorica, ma perché è su questo piano che dobbiamo confrontarci e programmare la nostra lotta e il nostro attacco.

COSA SI PREFIGGE IL PIANO PADRONALE
Da mesi, soprattutto da dopo le ferie, la borghesia di Stato dell’Alfa (Massacesi, ecc…) ha programmato i passi da compiere per “rimettere in sesto” il gruppo Alfa. “Rimettere in sesto”, per questi corvi di Stato aiutati dai loro lacchè berlingueriani, significa rilanciare il gruppo per aprirsi nuovi spazi all’interno del mercato internazionale e porsi in maniera concorrenziale di fronte alle altre multinazionali operanti nel settore. Risanamento dell’azienda vuol dire, per noi operai, come già lo viviamo tutti i giorni in fabbrica, aumento dello sfruttamento, cioè lavorare di più con una diminuzione graduale dell’occupazione. Per fare ingoiare agli operai il rospo della produttività, affrontando il più possibile lo scontro frontale, gli esperti dell’organizzazione del lavoro puntano ai tre obiettivi principali: 1° coinvolgere gli operai nel proprio sfruttamento, nel controllo reciproco, con la “ricomposizione delle mansioni e dei gruppi di produzione” (“nuovo modo di produzione”); 2° riqualificare le gerarchie in fabbrica dai capetti ai dirigenti per raggiungere questo obiettivo; 3° rinnovamento tecnologico (robot) e uso dell’informatica.

I° NUOVO MODO DI PRODURRE UGUALE AUMENTO DELLO SFRUTTAMENTO
Con l’introduzione in tutti i reparti di “gruppi per la produzione” la direzione in fabbrica si pone innanzitutto l’obiettivo di sconfiggere e prevenire la conflittualità operaia per arrivare all’utilizzo pieno della manodopera con l’eliminazione dei tempi morti (spostamenti, riduzioni, pause); controllo sulla mobilità da un posto all’altro, da un reparto all’altro a seconda delle esigenze produttive; controllo sulla presenza, mettendo gli operai gli uni contro gli altri per combattere l’assenteismo. Il risultato di questo modo di produrre dovrebbe portare in pochi mesi all’aumento di produttività del 15-20% a parità di manodopera. Ricomporre le mansioni significa che all’operaio disaffezionato dalla ripetitività del lavoro verranno assegnati nuovi compiti (piccole manutenzioni, controllo qualità, approvvigionamento materiali, e trasmissioni dati). Questo comporterà la creazione di figure operaie che, a seconda dei casi, verranno inquadrate ai livelli superiori, dividendo ancora di più i gruppi omogenei, o distribuendo incentivi di area. Es. i “battipaglia” o gli operai più esperti costituiranno le squadre jolly di recupero, che lavoreranno indistintamente su tutti i prodotti e su tutte le macchine, diventando, insieme ai capi, gli operai di fatto più fedeli alla direzione, e avranno anch’essi un controllo su tutti gli altri. Con l’assegnazione di questi “nuovi compiti”, verranno rimessi in discussione tempi, ritmi, carichi di lavoro, pause collettive ed individuali, per adeguare la quantità di operai presenti alla produzione che occorre quotidianamente (ad es. si effettueranno cadenze alternative, e si potrà programmare la produzione quindi le scorte necessarie). La direzione si propone di recuperare inoltre anche gli ammalati con la costruzione al Portello di nuove linee “ergonomiche” per montaggio motori (linee adatte ad operai in non perfette condizioni fisiche): veri e propri reparti lager di emarginazione.
È inoltre di questi giorni l’azione della direzione di restringere il più possibile i tempi assegnati.

ESEMPI DI COME MARCIANO QUESTI PROGETTI IN ALCUNI REPARTI. TAPPEZZERIA . ABBIGLIAMENTO
In base all’accordo del ’78, fra direzione e sindacato sul “superamento del sistema di lavoro a catena”, viene introdotta in tappezzeria un’isola sperimentale per la lavorazione dei sedili. Il lavoro viene svolto su postazioni fisse da parte di un unico gruppo di 9 operai. La direzione, impostando queste modifiche sull’organizzazione del lavoro, ha aumentato i carichi di lavoro, diminuito l’organico occupato, con aumento della produzione per ogni operaio. I tempi sono stati tagliati con la soppressione dei tempi morti – spostamenti, attesa dei pezzi, reperimento materiali. La saturazione da individuale è diventata di area. L’isola a postazioni fisse permette alla direzione di avere comunque la garanzia della produzione giornaliera. Infatti quando in catena mancano operai o succedono guasti tecnici, la produzione diminuisce. Questa sperimentazione non ha quindi entusiasmato gli operai interessati perché così lavorano di più che sulla catena tradizionale.

ABBIGLIAMENTO: LINEA 3 GT
Altro esempio concreto di come si dovrebbe tradurre nella realtà la nuova organizzazione del lavoro e quali sono le conseguenze per gli operai, sono i gruppi di lavoro a tratti di linea dell’abbigliamento sul GT.
La figura del manovale viene sostituita dagli operai di catena, così per il controllo qualità e per i recuperi e i battipaglia; si assisterà ad una mobilità continua di tutti gli operai su parti di lavorazione sempre diversa, annullando così la possibilità di organizzazione.
L’organico verrà ridotto di circa una 30ina di operai, ci sarà un maggior controllo sull’assenteismo, e responsabilizzando gli stessi operai su questo problema. Infatti, se nel gruppo mancherà una percentuale x di personale, il lavoro verrà suddiviso dai capi tra tutti i presenti, con la possibilità di spostare operai da una linea all’altra a seconda delle esigenze produttive. “Si adotteranno cadenze alternative”.
Venuti a conoscenza di questo programma su un “nuovo modo di lavorare”, gli operai interessati e riuniti in assemblea hanno emesso un comunicato rivolto all’esecutivo del CdF, invitandolo ad astenersi da qualsiasi trattativa sull’argomento in quanto l’assemblea si dichiarava contraria ad ogni eventuale modifica legata ad aumenti di ritmi lavorativi, diminuzione pause, peggioramento delle condizioni di lavoro.

GRUPPI MOTORI
Sempre per ottenere il massimo dagli operai, sono state decise al reparto meccanico le trasformazioni sui tratti di linea alla catena di montaggio “cambi” e alla catena montaggio – motori, per ridurre l’incidenza dell’assenteismo tanto che, pur di far andare la catena, si prendono in “prestito”gli operai della revisione. In questo senso varrà l’accordo del ’78, che prevede la trasformazione a “posti fissi” di una parte della catena (preparazione basamenti, preparazione teste), costituendo le cosiddette isole che sono in via di realizzazione. Ancora l’organico non è ben definito, ma i risultati immediati che la direzione si pone sono chiari: impiego di operai ammalati, maggior produttività, elasticità della forza lavoro, riduzione della conflittualità.

VERNICIATURA
La ristrutturazione nel reparto verniciatura è passata sotto diversi aspetti. Uno di questi è il cambio della cadenza, con conseguente diminuzione di manodopera, e riorganizzazione del lavoro. Gli operai che vengono recuperati, vengono utilizzati per far funzionare le catene gemelle (tutte le catene sono doppie) che non funzionano a pieno ritmo, ma secondo la presenza o l’assenteismo.
I risultati di pieno utilizzo degli operai, di tendenza al completo funzionamento degli impianti e al recupero certo della produttività, sono lampanti. Con il miraggio del “quarto livello” sicuro, sono state costruite le isole. Un esempio è l’isola formata dalla “finizione” e della “cabina smalto”. Altro esempio di isola è la cabina del metallizzato e la pre-cabina. Nella pre-cabina il lavoro è molto nocivo (coprono le parti levigate, e l’impianto di areazione è insufficiente). Gli operai che ci lavorano avevano cominciato a lottare per il quarto livello e per il cambiamento radicale dell’ambiente. La direzione per non spendere soldi in impianti che non avrebbero aumentato la produttività, ha proposto di formare l’isola con la cabina del metallizzato. In sostanza questo uso della manodopera, questo recupero dell’efficienza produttiva è una chiara messa in discussione di tutti quegli spazi conquistati in anni di lotte: parliamo delle extra-pause, del tempo recuperato sulla produzione, di questi momenti e quegli spazi che nella giornata lavorativa riusciamo a gestirci praticando le nostre esigenze. L’uso della mobilità, modificando continuamente il gruppo omogeneo ed il rapporto tra gli operai, diventa essenziale per la direzione che si pone da sempre l’obiettivo di distruggere qualsiasi forma di organizzazione che gli operai si danno per resistere allo sfruttamento.
Di questi “arricchimenti”, “allargamenti”, “ricomposizione delle mansioni” non è da ora che ne sentiamo parlare. Già da tempo, infatti, questi tentativi sono propagandati dai sindacati e dai berlingueriani, che vorrebbero reintrodurre la parvenza di una nuova professionalità (come se un lavoro scemo + un lavoro cretino fossero uguali a professione, mestiere!) nascondendo e mistificando il loro obiettivo che è FAR LAVORARE DI PIU’ GLI OPERAI, come vogliono i padroni.

2. RIQUALIFICARE LA GERARCHIA DI FABBRICA: NON SOLTANTO PIU’ “CAPI DURI” MA CAPI E DIRIGENTI VERNICIATI DI FRESCO.

Questo “nuovo modo di produrre”, il “gruppo di produzione”, dovrà cadere sotto la responsabilità del capo. Questa figura a detta degli stessi boss dirigenti, è in “perenne crisi di identità”, e perciò è indispensabile una istruzione specifica dei capi e dei tecnici che dovranno gestire la nuova organizzazione del lavoro (distribuzione del lavoro all’interno del gruppo, impiego e cadenze alternative, programmazione dei polmoni, utilizzo e mobilità degli operai nel reparto). È per questa necessità di “ mettere ordine” che sono stati istituiti corsi di formazione e addestramento nella scuola interna (ANCIFAP). Gli operai più anziani ricordano che qualche anno fa, alla vista di un delegato o di un compagno che svolgono attività sindacali o di politica tra gli operai, i capi cominciavano ad incazzarsi e gridare. Oggi no: il capo è il primo che prende il volantino (del sindacato, ovvio), è il primo che quando c’è qualche problema da risolvere chiama il delegato per convincere l’operaio che non vuole più saperne di spostarsi o di lavorare di più. Il capo è sempre il primo, quando la situazione glielo permette a esprimersi contro la violenza, contro i compagni più combattivi… La scuola, EVIDENTEMENTE, GLI FA BENE! Da parte sua, il sindacato cerca di fare il suo meglio per mettere insieme questi capi o capetti addirittura gli ha dato la possibilità di avere delegati propri. Una prima iniziativa di coinvolgimento è stata quella di organizzare al CdF una iniziativa reazionaria con l’assemblea di tutti i capi, dopo che la nostra brigata aveva bruciato le macchine di Giacomin, Russo e Guidon (responsabili dei gruppi, assemblaggio e verniciatura). Per tutti questi figuri, in “crisi di identità”, deve essere chiaro che se si metteranno neutrali o favorevoli (e meglio è) alle lotte operaie, le forze rivoluzionarie ne sapranno tenere conto. Gli altri (non importa se hanno la tessera del PCI o del sindacato, e fanno il doppio gioco.
Facciano in fretta un esame di coscienza, perché chi si schiera e collabora attivamente con il potere padronale non potrà sfuggire alla giustizia proletaria (non hanno nemmeno la possibilità di restare anonimi anche se tolgono la targhetta dal portone di casa), perché sono ogni giorno in contatto con noi operai. Fin qui abbiamo parlato di quelle figure della gerarchia di comando che hanno a che fare direttamente, con presenza fisica, con gli operai, ma è chiaro che per portare avanti il suo programma di ristrutturazione Massacesi e la borghesia di Stato va a ristrutturare anche la sua organizzazione dirigenziale (quadri intermedi e medi, che per loro fortuna non si fanno vedere molto dagli operai, ma che nonostante questo decidono, eseguono, si fanno garanti dei programmi padronali).
A livello di reparto – e non solo di reparto – non c’è più soltanto il dirigente autoritario e arbitrario, ma un essere capace di coinvolgere oltre i suoi collaboratori diretti, anche il sindacato tramite quei delegati (i più sono Berlingueriani e Craxiani) più collaborazionisti. Deve quindi avere una certa credibilità agli occhi di quella parte di aristocrazia operaia presente nei reparti e disposta a vendere la classe in cambio di una sorta di partecipazione ai programmi aziendali. Si arriva al punto che, se si va a trattare con alcuni di questi “gentili signori”, sembra di parlare con dei sindacalisti o viceversa. In sintesi, possiamo definire questo nuovo tipo di dirigente come uno più disponibile a trattare, ma fermamente convinto di quale sia il suo obiettivo: far produrre di più e meglio, spremere il più possibile operai collaborando con i Berlingueriani (quando non sono quei stessi dei cani per controllare e prevenire le lotte, per denunciare le avanguardie. Tutti costoro e i responsabili della ristrutturazione o della formazione sanno ormai troppo bene cosa gli aspetta: una buona dose di piombo, come le forze comuniste combattenti, a Torino stanno dimostrando da tempo!

3. ROBOTS E USO DELL’INFORMATICA
Dobbiamo fare una premessa di carattere generale sul cosiddetto progresso tecnologico. Innovazione tecnologica, introduzione di nuovi macchinari, automatizzazione, ecc. non sono positive o negative a seconda dell’utilizzo che ne fa chi detiene il potere. Utilizzata dal padrone o dalla borghesia di Stato come all’Alfa, questo significa sempre maggior sfruttamento degli operai, introduzione di nuovi elementi di divisione all’interno della classe, e in definitiva nuovi strumenti di oppressione e di espropriazione del lavoro e dei frutti. Non è mai accaduto, infatti, che le nuove macchine nei processi produttivi automatizzati abbiano voluto dire maggior ricchezza per gli operai, aumento del loro tempo libero e minor fatica. Se infatti con una nuova macchina si potrebbe lavorare la metà, in realtà bisogna produrre il doppio con maggior carico di fatica. A noi, se ci va bene, ci toccherà di fare lo stesso numero di ore, un lavoro molto più stupido, e solo per il padrone ci sarà guadagno doppio. Mentre proprio l’utilizzo di tecnologie sempre più avanzate potrebbe permettere di produrre ricchezza per tutti, di distribuirla a tutta la società, di liberarci progressivamente della schiavitù del lavoro necessario. Ma perché ciò si possa realizzare, occorre che il potere non sia più nelle mani di un pugno di capitalisti o di una borghesia di Stato, ma sia saldamente in mano della C.O. e del proletariato. Fino ad allora sappiamo che ogni cosa decisa dai vari Massacesi sarà sfruttarci di più, siamo a favore del progresso tecnico, ma siamo e saremo sempre contro quello realizzato dai padroni. I Robots e gli impianti super-automatizzati sono al centro dei nuovi investimenti ed avranno nel prossimo futuro un peso sempre più rilevante. Per noi operai significa perdita di posti di lavoro e in molti casi un maggior vincolamento ai tempi di queste macchine. La filosofia padronale spacci queste innovazioni tecniche come una scelta indispensabile per togliere gli operai dai posti di lavoro più nocivi. In realtà i robot fanno risparmiare ai padroni i costi della manodopera. I loro esperti fanno notare che i robots oltre a non riscontrare difficoltà nella programmazione per eseguire altri tipi di lavorazione, non sono influenzabili dalla monotonia e dalla stanchezza e possono lavorare in tutte le condizioni (elevate temperature, rumori ….) con un rendimento costante in termini di quantità e qualità. Vediamo nella realtà che cosa hanno determinato.

– REPARTO MOTORI: un robot sigma-Olivetti ha cominciato a funzionare in produzione negli ultimi mesi per lavorazioni di sbavatura e avvitatura prigionieri sui coperchi anteriori dei motori. Ne fa circa 800, mentre cinque operai ne facevano 600.
– SALA PROVA MOTORI: dopo che gli operai avevano denunciato l’azienda per le condizioni altamente nocive in cui erano costretti a lavorare, si è raggiunto un accordo sindacale per la costruzione di una nuova sala prove che prevede l’automazione di parecchie funzioni che prima venivano svolte dagli operai per cui ci sarà una notevole diminuzione del personale. Inoltre già da oggi la sostituzione degli ammalati avviene con personale selezionato con lo scopo di disgregare il gruppo omogeneo che ha sostenuto le più significative lotte di reparto contro la nocività.
– ASSEMBLAGGIO: con la produzione della Giulietta sono stati introdotti nei reparti 4 robot Comau per l’assieme delle fiancate. Prima queste lavorazioni prevedevano 12 operai ora ce ne sono 8 con un incremento della produttività. Infatti gli operai vengono utilizzati su più posti di lavoro con una continua mobilità ottenendo così un forte aumento della saturazione individuale. Anche all’Alfetta due robots Comau sono stati installati alle fiancate è di questi giorni l’aumento della produttività e l’impiego costante di cadenze alternative che hanno determinato un generale aumento dei carichi di lavoro degli operai interessati anche sul resto della catena. Alla catena della Giulietta (scocca) è stato introdotto un robot expert r30 in via sperimentale in vista della robotizzazione completa della linea.
– VERNICIATURA: la robotizzazione è l’aspetto principale della ristrutturazione perché, oltre alla diminuzione della manodopera, l’azienda ottiene un forte calo conflittualità nei posti di lavoro più nocivi. È stata installata una cabina completamente automatizzata che sostituisce tre operai che spruzzavano l’antirombo. Nelle cabine primer sotto smalto ci sono robot swizer con bracci spruzzatori.
– STAMPAGGIO: sulle grandi presse sono stati installati dei transfert che hanno ridotto a metà l’organico che c’era prima.
– FONDERIA E FORGIA: soprattutto in questi reparti l’azienda, negli ultimi anni, senza nessuna difficoltà ha smantellato impianti e decentrato parecchie lavorazioni fuori dall’Alfa, nelle piccole fabbriche di zona. Una robotizzazione completa (due robots unimate) si è avuta allo stampaggio a caldo del supporto ruote.
Un aumento della produttività notevole si è avuta con la meccanizzazione di alcune lavorazioni (pressocolate). Con la robotizzazione di intere linee nei reparti, l’obiettivo su cui si muove la direzione, oltre quello dell’aumento della produttività, è quello di rendere sempre più difficile o addirittura distruggere l’organizzazione operaia che si muove al di fuori degli schemi sindacali, isolandoci, dividendoci, spostandoci. A qualcuno magari verrà data l’illusione di un lavoro professionale essendo a contatto con le macchine ma quella professionalità è sempre più un’illusione: è considerato più professionalizzato non tanto l’operaio che sa lavorare meglio, ma quello che dimostra più consenso (quindi l’operaio ruffiano) verso la ristrutturazione del padrone. Il posto di lavoro vicino alla macchina che porta avanti la produzione, su quella linea, in quel reparto, crea l’illusione di un’alta responsabilità e professionalità. Questa illusione, questa corsa alla carriera, fa di questo operaio il più legato alla direzione, ai suoi programmi: ne fa un controllore in tuta degli altri operai.
Rallentiamo e blocchiamo questa tendenza del padrone a isolarci e dividerci. Approfondiamo a livello di massa la conoscenza del funzionamento di queste macchine ed interveniamo scientificamente per bloccarle.

COSTRUIAMO NELLE LINEE, NEI REPARTI, NUCLEI DI OPERAI NON INDIVIDUABILI DAL POTERE E DAI COLLABORAZIONISTI SINDACALI, PER PORTARE AVANTI L’INTERVENTO CONTRO I NUOVI MEZZI DI OPPRESSIONE DI SFRUTTAMENTO; ISOLIAMO CHI, SEPPURE IN TUTA, SI ASSUME LE FUNZIONI DI CAPO.

3.I INFORMATICA E MILITARIZZAZIONE

Per molto tempo all’Alfa si è parlato di crisi (se ne parla ancora), perché l’azienda non riusciva e non riesce a porsi ai livelli di concorrenza soprattutto estera. La borghesia di Stato ha fatto fronte a questa situazione da una parte razionalizzando tutto il settore commerciale, vendite, marketing, e con un piano di efficientizzazione di tutto il settore amministrativo e impiegatizio; e dall’altra parte con un piano di ristrutturazione dell’organizzazione del lavoro nei reparti di produzione, come stiamo analizzando.
I nuovi macchinari a più alto livello tecnologico per migliorare la quantità e qualità della produzione comportano grossi investimenti. Queste spese le vogliono recuperare con l’aumento della produttività, facendola insomma pagare a noi, mantenendo così inalterati e aumentando i profitti. La razionalizzazione di tutto il settore finanziario, o commerciale e amministrativo, avviene con l’introduzione dell’informatica che è l’asso nella manica che le multinazionali hanno utilizzato a livello mondiale. L’informatica è l’uso delle macchine elettriche (cervelli elettronici, computer) per centralizzare con pochi esperti ultraqualificati le informazioni sui processi produttivi e commerciali, e programmare quindi il lavoro per rendere tutto più spedito e razionale. Nel settore commerciale le informazioni, le ordinazioni, le spedizioni diventano più veloci; le merci prodotte circolano più velocemente e si recuperano più velocemente i capitali.
Nel settore impiegatizio e tecnico ci sarà un numero di persone sempre più qualificate, appendici delle macchine. Le assunzioni sono quindi bloccate, e ci sarà anzi un grosso calo dell’occupazione, mentre pochi individui avranno sempre più potere e conoscenza, e comanderanno sempre un numero più grande di lavoratori a cui viene tolta definitivamente ogni possibilità di intervento. È attraverso le macchine elettroniche che la direzione sta riorganizzando tutto il controllo nella fabbrica e nei reparti. Oltre agli uomini usati tradizionalmente, come guardioni, infiltrati in tuta, ex CC e spie, che ci ritroviamo a “lavorare” sulle linee, questo controllo ORA AVVIENE ATTRAVERSO LE MACCHINE. Controllo sulla presenza con l’introduzione di nuovi cartellini magnetici con tanto di foto a colori con tutte le informazioni sull’operaio, unici per l’entrata in fabbrica, mensa, spostamento da un reparto all’altro. Attraverso questo cartellino inserito nella macchinetta con barriera tipo metropol, si verifica e si controlla l’ora di accesso ai saloni della mensa di ogni singolo operaio, quanto beve, cosa mangia. Già esiste al salone I della mensa centrale l’esempio di questa ristrutturazione. L’uso delle macchine elettriche verrà esteso alla programmazione della produzione di un dato reparto. Tutte le informazioni su quanto succede in un dato reparto (lotte in corso, assenteismo, guasti tecnici) vengono centralizzate da un cervello elettronico. Questo ha il compito di programmare di conseguenza il flusso della produzione, scorte, approvvigionamenti per evitare che il ciclo si inceppi, per evitare soprattutto che le lotte operaie incidano sulla produzione e per fare in modo che vengano prevenute.
Compagni, di fronte a questo programma criminale l’unica parola d’ordine possibile e praticabile perché la fabbrica non diventi una caserma è la:

DISTRUZIONE DEI NUOVI STRUMENTI DI CONTROLLO E SCHEDATURA!
° INDIVIDUIAMO NELLE LINEE GLI INFILTRATI E LE SPIE, ISOLIAMOLI E COLPIAMOLI!
° ELIMINIAMO I MAGGIORI E DIRETTI RESPONSABILI E GLI ORGANIZZATORI DI QUESTO CONTROLLO!

4. RUOLO DEL SINDACATO E DEI BERLINGUERIANI
È emerso di volta in volta nell’analisi del piano padronale il ruolo che il sindacato e i berlingueriani hanno nella ristrutturazione. Il loro ruolo di repressione nelle lotte non è fine a se stesso, ma si inquadra nella strategia che hanno questi venduti per far uscire fuori la borghesia imperialista dalla sua crisi con un necessario sacrificio degli interessi della classe operaia. Quindi i bonzi sindacali e berlingueriani diventano fino in fondo COLLABORAZIONISTI con il programma che tende ad eliminare l’organizzazione di classe in tutte le sue espressioni: dalla resistenza, alla mobilità, agli aumenti dei carichi di lavoro, all’attacco offensivo che le avanguardie operaie e proletarie sferrano continuamente contro il potere borghese. Si arriva a rinnegare quello che la violenza operaia ha sempre espresso per imporre gli interessi di classe, quindi ogni forma di lotta diventa violenta da condannare e denunciare, come a dicembre a Portello. Anche la lotta più elementare e quotidiana diventa lotta sovversiva, perciò non c’è da meravigliarsi se questi figuri sono i maggiori responsabili di schedature, spiate, dimenticando ogni tanto la fine del loro compare. Ressa, spia dell’Italsider. D’altronde questi individui sono gli amanti folli dei Massacesi e i bavosi leccaculo dei dirigenti cosiddetti democratici. Infatti sono loro stessi dei capi, mentre la stragrande maggioranza di quelli dell’Esecutivo sono inquadrati ai livelli più alti (dal 4° grado in su), girano tutto il giorno senza lavorare e accusano chi lavora 8 ore sulla linea e qualche volta si mette in malattia di assenteismo e di passare sugli altri!
Da tempo oramai vanno a braccetto con DIGOS e CC: pensano che la tessera del PCI li renda immuni! È molto pericoloso girare con gli aguzzini del proletariato! Per costoro non c’è molto da aggiungere a quello che oramai si è detto da molto tempo. L’attacco si articola a seconda dei livelli di responsabilità che ognuno si assume. Non fanno parte della C.O. e per questo ne devono essere espulsi.
Un diverso discorso vale per la base del PCI, e sempre più vive la contraddizione di soffrire sulla propria pelle l’attacco del padrone ed essere nello stesso tempo il/un partito che pur prendendo calci in culo dalla, borghesia si ostina a voler essere il suo servo fedele. Per tutti questi compagni la via è già tracciata da chi in nome del comunismo LOTTA e COMBATTE.

5. PROSPETTIVA PER CHI LOTTA E RESISTE IN FABBRICA È LA LOTTA ARMATA PER IL COMUNISMO.
Compagni, di fronte ad una ristrutturazione che già marcia da mesi e si articola in modo capillare in tutti i reparti, dobbiamo capire che non basta più resistere con la lotta quotidiana che da sempre facciamo, se non si sviluppa un attacco offensivo che ci riapra continuamente quegli spazi che ci servono per organizzarci ed andare avanti. Lo vediamo cosa succede quando si mette in discussione quello che la direzione sta cercando di farci passare giorno per giorno sulle linee, nei reparti. Vediamo cosa succede quando gruppi di operai si fermano, tentano qualche reazione alle decisioni di aumentare la saturazione, o quando gruppi di operai scioperano per il passaggio di categoria e contro la nocività. Immediatamente tutto l’apparato sindacale e i capi bloccano ogni possibilità di estensione della lotta e del suo proseguimento. Insieme alle intimidazioni dirette ai più combattivi c’è l’intervento del sindacato che consiglia sempre gli smettere e rimandare ad altre trattative future, tirando fuori l’eterno spauracchio della C.I. o dei licenziamenti, dividendo o indebolendo gli operai, che pur convinti della propria lotta, pur convinti che il sindacato vende fumo e svende le lotte e soprattutto sta dalla parte di Massacesi, non vedono però immediati sbocchi possibili. Quando diciamo che il sindacato sta dalla parte di Massacesi, non calunniamo nessuno. Lo dicono gli stessi burocrati sindacali, che Massacesi è democratico e sta cambiando le cose ed è vero che le sta cambiando, ma sempre più contro gli operai come dimostra il piano di ristrutturazione analizzato.
Finalmente le richieste dei berlingueriani di produrre di più e meglio combaciano perfettamente con i piani della borghesia di Stato. Vuol dire che ogni volta che ci muoviamo, veniamo immediatamente accerchiati e una parte di operai perde sempre più fiducia nella possibilità di lottare e non essere schiacciati. Si diffonde la paura ANCHE PERCHE’ CHI LOTTA OGGI VIENE IMMEDIATAMENTE FATTO PASSARE PER TERRORISTA, perché mette in discussione il piano padronale e lo mette in crisi. È vero che lo mette in crisi, ma è proprio in questo che sta la nostra forza!
Compagni, la possibilità di poter resistere in modo offensivo e di creare rapporti di forza a noi favorevoli sta proprio in questo: ritardare il piano di ristrutturazione e metterlo continuamente in crisi, significa colpire in questa fabbrica una articolazione del programma imperialista che vuole rimettere velocemente ordine nel sistema sociale per potere uscire dalla crisi. Una crisi che si sta delineando per loro, per la borghesia nostrana e quella internazionale, sempre più senza via di uscita. Mettere in discussione in modo offensivo questo loro piano quadriennale significa: legare l’attacco che portiamo avanti in questa fabbrica con la lotta e l’attacco al potere economico, politico e militare dello Stato, che si sviluppa ormai da anni nel paese. Attacco portato avanti dalle avanguardie comuniste combattenti, dagli operai e dai proletari, nella metropoli imperialista e da settori sempre più consistenti di popolazione. La prospettiva che dobbiamo avere davanti, lottando e combattendo in fabbrica è quella di costruire qui dentro l’organizzazione proletaria armata e il rafforzamento dei nuclei clandestini per la costruzione del PCC. Il fine cui dobbiamo tendere è la completa distruzione di questa società e di questo Stato per la costruzione della società comunista.

6. IL POTERE ROSSO
Compagni quando diciamo che ci dobbiamo muovere legando la nostra lotta quotidiana a momenti di attacco non vogliamo dare una indicazione che potrebbe risultare soltanto parziale e sopratutto economicista.
Colpire la macchina (robot) che determina i nostri termini o il cervello elettronico che determina il controllo su di noi insieme ai capi o, il sabotaggio di impianti, non deve essere soltanto una forma di lotta più incisiva per raggiungere un obiettivo (più pause, per esempio). Lo spazio che ci siamo conquistati in quel momento è vero che ha determinato dei rapporti di forza a noi favorevoli, ma essi non restano così in eterno. La L.A. non è una forma più radicale di un’altra, ma è una strategia politico-militare che nel momento in cui colpisce non solo conquista delle cose, ma deve creare organizzazione stabile, chiarimento e discussione tra gli operai, altri compagni che imbracciano il fucile, coscienza rivoluzionaria. Soltanto così si costruisce un potere proletario, che cresce e si rafforza se si riesce ad individuare, colpire, disarticolare continuamente tutto l’apparato (che è fatto di uomini e di strutture), che organizza la nostra espressione in fabbrica dalla direzione del personale a quella che determina e studia la ristrutturazione, a quella informativa.

7. GUERRIGLIA E NON TERRORISMO
La differenza della guerriglia dal terrorismo sta proprio qui: colpire non per terrore indiscriminato, (non perché esso sia condannabile in ogni condizione storica), ma per inceppare e disarticolare il potere della borghesia (nel nostro caso la borghesia di Stato) e creare continuamente contraddizioni all’interno del nemico per indebolirlo. Ma nello stesso tempo, costruire dove il proletariato vive e lotta (fabbrica, quartiere, carceri) le articolazioni del potere proletario armato, costruire cioè l’organizzazione proletaria che dia centralità all’attacco armato e che ogni lotta che si esprime sotto qualsiasi forma sia capace di dare la prospettiva più generale della L.A. per il comunismo; e faccia crescere la coscienza rivoluzionaria dei proletari, costruisca le strutture clandestine che diano continuità alla lotta e al combattimento. COSTRUIAMO LE ARTICOLAZIONI DEL POTERE PROLETARIO ARMATO IN FABBRICA E LE CELLULE DEL PCC. Compagni, questo processo rivoluzionario può però avere un respiro e una via di uscita nella guerra civile di lunga durata solo se diretto politicamente e militarmente dal PCC, cioè da una organizzazione dei rivoluzionari che costruiscono non soltanto in fabbrica e nel territorio o in una metropoli, ma su tutto il territorio nazionale l’organizzazione capace di guidare questo processo .
Soltanto la costruzione del partito, la capacità che esso ha di disarticolare continuamente l’apparato economico politico e militare dello Stato, i rapporti di forza favorevoli al proletariato che esso riesce a costruire, l’organizzazione logistica di supporto al combattimento, la chiarezza delle indicazioni, può far muovere un numero sempre più grande di proletari sul terreno della L.A.
La brigata di fabbrica che dà il suo contributo alla costruzione del Partito, cerca di dare una indicazione più chiara e giusta a quei compagni che vogliono muoversi sul terreno della lotta armata e li aiuta ad organizzarsi.
Dà anche una prospettiva a tutti quegli operai che ancora non hanno scelto di armarsi, ma che continuano a lottare ed è disposta a confrontarsi con quelle avanguardie più coscienti che vogliono muoversi nella costruzione del PCC.

COSTRUIAMO IN FABBRICA LE ARTICOLAZIONI DEL POTERE PROLETARIO ARMATO!
COSTRUIAMO IL PCC !
COSTRUIAMO I GRUPPI CLANDESTINI !
RAFFORZIAMO LA BRIGATA ALFA ROMEO !

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