Intervento fatto in aula il 27 maggio dal compagno Claudio Latino a nome dei compagni Alfredo Davanzo, Vincenzo Sisi, Davide Bortolato del Collettivo Comunisti Prigionieri “L’Aurora” e del militante comunista prigioniero Massimiliano Toschi

Presentazione verbale del documento allegato agli atti del processo d’Appello come dichiarazione finale.

– La nostra presa di posizione collettiva è espressa nel documento che oggi alleghiamo agli atti, qui mi limiterò a presentarlo e a farne una rapida sintesi.

– Innanzitutto alcune parole sull’uso fatto dei nostri documenti dalla Corte di Primo Grado: è un uso mistificatorio. In perfetto stile inquisitorio.

Si è voluto considerare la nostra presa di posizione collettiva come la prova regina della confessione.

Si vede proprio che l’Inquisizione ha lasciato il segno nel modo di fare giustizia di questo stato.

Il bisogno di confessione è grande da parte delle Corti giudiziarie della nostra classe dominante.

E in questo processo questo bisogno si è fatto ancora più grande a causa della debolezza politica dell’accusa.

Solo questa debolezza, infatti, spiega la necessità di trasformare, con un’operazione da prestigiatori, in confessione un nostro documento politico.

È la stessa debolezza che spiega la necessità di sostituire tre giudici popolari alcuni giorni prima del ritiro in Camera di Consiglio. E in aggiunta c’è stata anche la provocazione di considerare tra i firmatari del nostro documento anche chi non lo ha firmato affatto come il compagno Bruno Ghirardi.

– Vogliamo ribadire che non abbiamo niente da confessare alle Corti giudiziarie della classe dominante. Il carattere di classe della loro giustizia è chiarito fino in fondo dal fatto che i padroni responsabili coscienti di migliaia di morti di operai per cancro, cosa riconosciuta anche dai “processi Eternit”, Pirelli e Fincantieri, non si faranno nemmeno un giorno di galera. Per non parlare delle stragi. Con relativi depistaggi e archiviazioni.

– I nostri documenti, le nostre espressioni politiche, sono assunzioni di responsabilità e dichiarazioni di solidarietà nei confronti della nostra classe. La classe il cui sfruttamento mantiene anche la sovrastruttura giudiziaria di cui questo processo è una manifestazione. Solo alla classe degli sfruttati e degli oppressi dobbiamo dare spiegazione del nostro essere qui come imputati di fronte alla giustizia borghese. E vogliamo ancora una volta utilizzare questa scomoda posizione per ribadire il nostro rapporto di unità con la classe operaia e ringraziare della solidarietà che ci è stata espressa nel corso del processo. Ringraziamento che non potrà mai compensare la grande onda di calore umano che è riuscita a raggiungerci superando le mura delle galere e le grate delle gabbie.

– Come con le altre prese di posizione anche con questa cerchiamo di portare il nostro modesto contributo nella ricerca della verità. Non si tratta però della verità giudiziaria della giustizia borghese, che ci ha già condannato e ci condannerà, ma della verità rivoluzionaria della classe che lotta per la fine del sistema dello sfruttamento e dell’oppressione, per una società senza distinzione di classe, basata non sull’individualismo ma sull’uguaglianza, finalizzata non al profitto individuale ma al benessere collettivo.

– In questo senso interveniamo in questo processo per ribadire ancora una volta il suo carattere politico. Questo processo è un momento dell’offensiva con cui la borghesia cerca di impedire lo sviluppo della lotta del proletariato.

Lo fa con i manganelli della celere contro i lavoratori, i giovani e le popolazioni in lotta e lo fa con la magistratura e i processi che colpiscono avanguardie e soggettività che si pongono sul piano strategico – organizzativo per strappare il potere alla classe degli sfruttatori.

Tutte queste sono contromisure che la borghesia prende per far fronte alla crisi del suo sistema. Una crisi che come si è visto negli ultimi anni è tra le più gravi della storia del capitalismo.

– in considerazione di questa situazione abbiamo scelto di introdurre il nostro documento con una frase di Carl Marx: “A un dato punto del loro sviluppo le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà dentro ai quali tali forze per l’innanzi si erano mosse. Questi rapporti da forme di sviluppo delle forze produttive si convertono in loro catene. E allora subentra una epoca di rivoluzione sociale.”.

– Abbiamo fatto questa citazione per due motivi. Primo perché vogliamo rimarcare che la nostra storia non è assolutamente descritta nel racconto che ne fa chi ci accusa. E’ una storia che non è solo parte della storia e del movimento delle organizzazioni rivoluzionarie originatesi dal ’68 studentesco e dal ’69 operaio che a partire dagli anni ’70 hanno riaperto l’opzione della rivoluzione proletaria ponendo la questione del potere. Ci interessa, infatti, rivendicare che la nostra piccola storia è una goccia del grande fiume del movimento comunista internazionale che da oltre 150 anni rappresenta l’unica vera possibilità di superamento dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo fondamento del capitalismo.

– Il secondo motivo è che la frase di Marx è una lucida descrizione della situazione attuale di crisi del capitalismo, crisi che è precipitata in questi ultimi anni.

Anni di crisi in cui i volumi di ricchezza bruciati sono stati enormi. La saturazione dei mercati ormai rende impossibile un investimento produttivo che valorizzi i capitali in eccesso. È crisi di sovrapproduzione e l’unica via di uscita è la distruzione di forze produttive di alcuni a vantaggio di altri tra i gruppi imperialisti. In un contesto in cui le distruzioni dell’ambiente sono sempre più devastanti.

-sul fronte esterno si creano nuovi squilibri tra vecchie potenze economiche declinanti e nuove potenze emergenti e si approfondiscono tutte le contraddizioni. Si rafforza la tendenza alla guerra interimperialista e si sviluppano guerre per accaparrarsi risorse e posizioni strategiche come quelle che massacrano il popolo afgano e iracheno.

– Sul fronte interno ance nel nostro paese la crisi oltre che economica diventa anche politica e istituzionale. La torta da spartirsi diventa sempre più piccola e come conseguenza si assiste ad uno scontro sempre più acuto tra le diverse lobby affaristiche collegate alle diverse frazioni della borghesia e ai loro partiti. Uno scontro in cui si scoprono gli altarini: la corruzione, l’immoralità e la putrefazione del sistema dei valori della borghesia.

– Anche se sempre più divisi nella lotta per la spartizione del potere e della ricchezza quello su cui si trovano sempre d’accordo banchieri, industriali e governanti è far pagare la crisi ai lavoratori e alle masse popolari. Coltivano l’illusione di poter superare questa crisi intensificando lo sfruttamento, spremendo più sudore e succhiando più sangue, estraendo cioè più plusvalore dal lavoro e per questo riducendo ulteriormente i salari reali.

– In realtà quello del trasferimento sempre maggiore di ricchezza prodotta dai settori popolari a quelli padronali è un processo in atto da tempo e che con l’acuirsi della crisi si intensifica. Ma tutto questo travaso fatto di riduzione del cosiddetto costo del lavoro, licenziamenti, tagli e privatizzazioni di sanità, scuola, previdenza e assistenza che ha portato alla miseria interi strati proletari non è servito ad impedire l’inevitabilità della crisi.

– Ha creato però una situazione sempre più insostenibile che porta ad un aumento delle lotte operaie e delle masse popolari. Mobilitarsi in prima persona per la difesa dei propri interessi primari diventa una scelta obbligata. E sempre più difficile diventa il lavoro degli imbonitori, dei professionisti della resa agli interessi dei padroni.

– Queste lotte sono caratterizzate dalla difficile ricerca di una soluzione di parte proletaria del problema. Esprimono contenuti come: “La vostra crisi non la paghiamo”, “A lavoro uguale salario uguale”, “Contro la privatizzazione e mercificazione dei beni comuni” (acqua), “Lavorare meno, lavorare tutti” che contrastano i piani del supersfruttamento. Ma come anche la rivolta degli immigrati a Rosarno ci ha mostrato la realtà dell’oppressione capitalistica è un blocco di potere dispotico e violento che dagli avvoltoi della finanza mondiale scende fino ai negrieri-caporali.

– Questo blocco di poter si può affrontare solo imparando a coniugare resistenza e attacco. Un esempio in questo senso lo troviamo nella situazione attuale in Grecia dove parallelamente alla mobilitazione di massa contro l’affamamento e la miseria si dà la ripresa della lotta armata per il potere. Il movimento di classe che si rifiuta di pagare i costi insopportabili della crisi del sistema entra in dialettica con l’istanza rivoluzionaria trovando così una prospettiva politica.

– A noi preme ribadire ancora una volta che il polo principale di questa necessaria dialettica è l’istanza rivoluzionaria. Il piano di partito che si pone sul terreno di scontro per il potere. È qui che il lavoro dei comunisti trova il suo sbocco come la storia del movimento comunista internazionale ha ampiamente dimostrato.

Solo con il partito il movimento delle masse può conquistarsi una strategia rivoluzionaria e rovesciare l’oppressione attraverso una guerra popolare prolungata.

– Naturalmente se, come noi crediamo, questo sviluppo è storicamente inevitabile, ed è anche accelerato dalla crisi in corso, nessun processo e nessuna sanzione giudiziaria potrà impedirlo.

 

– La crisi produce guerra e miseria: sostenere la resistenza, organizzare l’attacco.

– Costruiamo il partito Comunista-P.M. della classe operaia e del proletariato.

– Proletari di tutto il mondo uniamoci: morte all’imperialismo, libertà ai popoli.

Lascia una risposta