Ancora una volta lo Stato vuole processare la lotta armata e imbastisce, a tale scopo, un processo che è naturalmente reso possibile dai rapporti di forza a favore della borghesia. Lo fa con imputazioni che, nella loro forma giuridica borghese, esprimono l’esistenza di uno scontro rivoluzionario in atto in questo paese ed in quanto tali non le respingiamo. Sono semplicemente ininfluenti su questo scontro e indicano l’incomprensione, da parte della borghesia, del carattere storico, oggettivo ed inarrestabile del processo rivoluzionario.
Ancora una volta i militanti delle BR si trovano in un’aula giudiziaria per riaffermare semplicemente la realtà dei fatti e la continuazione di un processo rivoluzionario iniziato, in questo paese, nel 1970 con la nascita dell’organizzazione BR e snodatosi per 19 anni attraverso un percorso politico strettamente connesso allo sviluppo del movimento di classe in Italia e della contraddizione fra imperialismo e rivoluzione nel mondo. Un percorso certo non lineare perché non è stato e non può essere lineare lo sviluppo della guerra di classe e perché la nostra organizzazione ha saputo adeguarsi a tutte le situazioni, anche le più difficili, che si sono presentate in questi anni, ponendosi sempre al punto più alto dello scontro.
Anche oggi, con l’individuazione e l’attacco al progetto demitiano di riforme istituzionali, un progetto indispensabile per l’adeguamento dello Stato ai nuovi assetti interni ed internazionali determinatisi nell’ultimo decennio, e con l’unità d’azione con la RAF all’interno del Fronte combattente antimperialista, le BR per la costruzione del PCC si pongono al livello politico e militare che lo sviluppo dello scontro rivoluzionario richiede, in continuità con i presupposti strategici su cui si fondano fin dalla loro costituzione. Si tratta di presupposti strategici che hanno portato all’affermazione della guerriglia in questo paese, a renderla non solo forza politica rivoluzionaria ma anche processo rivoluzionario in atto, concretizzazione della guerra di classe di lunga durata in uno dei paesi del centro imperialista. Un centro imperialista in cui la guerriglia continua a vivere non solo come punto di riferimento obbligato per qualsiasi progetto rivoluzionario, ma anche come guerra di classe in atto qua, come nella RFT ed in altri paesi.
Oggi i militanti prigionieri della RAF e della resistenza stanno lottando per il raggruppamento e la difesa dell’identità rivoluzionaria che lo Stato tedesco-occidentale ha cercato di annientare con anni di isolamento, deprivazione sensoriale, torture ed assassinii. Per noi, qui, sostenere la loro lotta significa innanzitutto riaffermare con forza l’importanza fondamentale dell’unità d’azione RAF-BR all’interno del Fronte combattente antimperialista. Significa quindi sostenere la pratica politico-militare del Fronte ed i suoi contenuti programmatici destinati a dare nuovo impulso alla lotta rivoluzionaria nell’area (Europa occidentale – Mediterraneo – Medio Oriente). La guerriglia da questo altissimo livello raggiunto non tornerà indietro e la continuità dell’esperienza delle BR, come quella della RAF, sta a dimostrarlo.
Con buona pace di chi vorrebbe affidare al “processo di insurrezione” la dichiarazione di morte presunta della guerriglia in Italia, le BR/PCC sono fuori da quest’aula, nello scontro sociale in atto, nella lotta incessante tra rivoluzione ed imperialismo, e continuano a portare avanti il processo rivoluzionario iniziato 19 anni fa. Come militanti prigionieri di questa organizzazione ci limitiamo ad indicare la realtà dei fatti, che non può trovare posto in quest’aula di tribunale, dove si celebra l’ennesima e spettacolare farsa.
Poco importa che un certo numero di ex-militanti delle BR si adatti al terreno proposto dallo Stato e si affanni con diverse sfumature a dare per morta, moribonda, inattuale, sbagliata, “oltrepassata” la lotta armata in questo paese: non sono le parole che contano nei processi storici, ma i fatti. Ed i fatti stanno a dimostrare che non esiste “soluzione politica” allo scontro di classe, non esiste soluzione pacifica alla contraddizione tra rivoluzione ed imperialismo. In entrambi vive un rapporto di guerra che separa e contrappone la rivoluzione alla barbarie imperialista: la rivoluzione socialista per lo sviluppo dell’uomo e delle sue possibilità materiali ed intellettuali in contrapposizione al militarismo imperialista, al razzismo, all’individualismo, al sessismo, allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, alla minaccia che il sistema capitalistico porta alle stesse condizioni concrete dell’esistenza umana. La nostra organizzazione e noi stessi siamo parte attiva di questo rapporto, siamo nemici di questo Stato, siamo contro il sistema capitalistico, siamo per il comunismo.
Il “processo di insurrezione”, come ogni altro in cui siamo stati e saremo coinvolti, è per noi solo un’occasione, una delle tante, per sostenere la linea politica e la pratica politico-militare dell’organizzazione in cui militiamo. Per noi, per i militanti prigionieri, parla e parlerà la guerriglia.
I militanti delle Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente – Sandro Padula, Francesco Sincich
Roma, 1 marzo 1989