Come comunisti prigionieri vogliamo esprimerci dal processo Moro-ter sull’azione dell’organizzazione Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente contro il senatore democristiano Roberto Ruffilli: noi riteniamo importante appoggiare tutte quelle pratiche e forze rivoluzionarie che si muovono nella direzione della guerriglia metropolitana per il comunismo.
A nostro avviso questo attacco mette in luce uno dei nodi su cui la borghesia cerca di riadeguare il suo sistema di potere per funzionalizzare l’insieme delle strutture e articolazioni dello stato ai processi di integrazione economico-politico-militare dell’imperialismo occidentale.
La cosiddetta “riforma istituzionale“ su cui è in atto un ricompattamento dell’intero arco delle forze politiche, è uno dei passi necessari per adeguare la struttura di governo ai processi di ristrutturazione del sistema produttivo italiano già avviati da anni in una dimensione internazionale.
Nel quadro dello scontro tra borghesia e proletariato quest’azione contribuisce a svelare i progetti di stabilizzazione politica e di centralizzazione delle decisioni nell’esecutivo e attacca la pacificazione sociale che lo stato tenta di imporre sul tessuto di classe. Nello stesso tempo riafferma per tutti i comunisti la necessità di lavorare unitariamente al rilancio della prospettiva rivoluzionaria.
La guerriglia in questi ultimi anni si è confermata a livello internazionale, come in Italia, l’unica strategia rivoluzionaria capace di affermare gli interessi generali del proletariato contro il rapporto sociale capitalistico di questa epoca. Ciò è ampiamente dimostrato dalla pratica sviluppata in Europa occidentale dalla RAF, da Action Directe, dalle Brigate Rosse-PCC e dalle altre organizzazioni rivoluzionarie che combattono in Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda.
Queste organizzazioni, di fronte all’attacco controrivoluzionario scatenato dall’imperialismo nei confronti del proletariato internazionale, sono state capaci di mantenere vivo il patrimonio storico della lotta armata nell’intero territorio europeo e hanno cominciato a tracciare e concretizzare i primi passi di una strategia rivoluzionaria internazionale nella metropoli.
È un’indiscutibile realtà che mette in crisi tutte quelle posizioni liquidazioniste che in questi ultimi tempi tentano di disgregare il movimento rivoluzionario.
Lo scontro in Italia oggi vede il manifestarsi di chiari segnali di ripresa dell’iniziativa di classe, soprattutto nelle lotte di alcuni settori operai (dai siderurgici di Bagnoli, Genova e di altri poli, contro i tagli occupazionali previsti dai piani CEE, fino ai nuovi fermenti degli operai metalmeccanici della FIAT e Alfa), nelle estese lotte dei lavoratori dei servizi e nella costante mobilitazione contro il piano energetico nucleare.
Queste dinamiche di lotta, in cui cominciano a vivere seppur contraddittoriamente momenti di autonomia e autorganizzazione di classe, si scontrano sempre più con i processi di ristrutturazione che la borghesia e le imprese multinazionali stanno portando avanti per essere competitive a livello mondiale ed attrezzarsi adeguatamente rispetto ai piani di integrazione del capitale europeo e internazionale. E soprattutto in vista dell’apertura del mercato unico europeo del 1992.
Tutto ciò per i proletari si traduce in maggior sfruttamento, disoccupazione e criminalizzazione di ogni lotta antagonista. Dalle manganellate durante le manifestazioni alle denunce per picchetti e blocchi stradali, fino all’attacco al diritto di sciopero.
Questo scontro è lo stesso che vive ormai da anni in vari paesi europei per il movimento unitario delle contraddizioni generate dalla crisi e dalla ristrutturazione capitalistica. Allo stesso modo diventa sempre più estesa la lotta di vari strati del proletariato metropolitano europeo contro le politiche imperialiste di rapina e di guerra nei confronti del proletariato e dei popoli oppressi in ogni angolo del mondo.
Oggi la dinamica nazionale interna ai singoli stati europei si intreccia indissolubilmente con il ruolo internazionale che essi vengono ad assumere nel sistema imperialista mondiale.
In questo senso anche le scelte operate dallo stato italiano negli ultimi anni evidenziano la reale natura del suo ruolo e dei suoi interessi economici, politici e militari nelle diverse aree di crisi del mondo.
In primo luogo l’appoggio alle politiche americane e sioniste nel Medio Oriente contro il popolo palestinese, libanese e arabo in generale, sostanziato soprattutto dagli accordi bilaterali con Israele nell’ambito della cosiddetta “guerra al terrorismo internazionale”, dal sostegno attivo alle “missioni diplomatiche” di Schultz e quindi nella pianificazione della repressione delle organizzazioni rivoluzionarie e delle lotte di liberazione nell’area.
Le “democratiche denunce” dei politici e dei mass-media italiani contro i massacri di Israele in Gaza e Cisgiordania e contro gli assassinii del Mossad a Cipro e Tunisi, servono a coprire la responsabilità dello stato italiano a fianco dell’imperialismo americano e sionista.
Allo stesso modo lo stato italiano è con la sua flotta, i suoi missili e le sue bombe nel Golfo Persico a fianco degli USA e degli altri stati europei per pacificare un’intera area, difendere gli interessi vitali e imporre l’ordine dell’imperialismo occidentale (ne sono una conseguenza la corresponsabilità nel massacro di migliaia di Curdi e il pieno accordo alle operazioni di guerra congiunte degli USA e dell’Iraq contro l’Iran…).
Il ruolo imperialista dell’Italia e degli altri stati europei, d’altra parte, si proietta in modo chiaro in altre aree come il Corno d’Africa, il Sud-Africa, il Sud-Est Asiatico, l’America Latina…
Per queste ragioni il proletariato internazionale individua sempre più come nemico da combattere anche lo stato italiano, come dimostrano i numerosi attacchi portati da diverse organizzazioni rivoluzionarie internazionali, sia all’interno che all’estero, rispetto alla sua politica filo-americana e sionista.
Non solo. In Italia una vasta e articolata critica proletaria nei confronti delle politiche imperialiste dello stato si è manifestata nei movimenti di massa. Ne sono un chiaro esempio le iniziative di solidarietà con la lotta del popolo palestinese e dei popoli dell’America Latina, contro l’apartheid in Sud-Africa, contro l’intervento nel Golfo Persico, contro la NATO, contro gli USA…
Questa realtà significativa evidenzia un processo di costruzione e radicamento della coscienza antimperialista ed internazionalista nella realtà di classe italiana.
È sotto gli occhi di tutti l’emergere della simultaneità delle lotte e dei processi rivoluzionari su scala mondiale e questa, secondo noi, è la caratteristica principale dello scontro di questa epoca, perché l’intera formazione economico-sociale capitalistica è contraddistinta da un insieme di contraddizioni comuni che al di là delle singole specificità attraversano tutte le aree del mondo.
Nell’interazione di queste lotte e nel loro intreccio internazionale si generano processi di costituzione in classe di qualità completamente nuova, si creano le condizioni per la costruzione di una strategia rivoluzionaria internazionale che si ponga come nemico mortale dell’imperialismo.
La lotta antimperialista e internazionalista supera il carattere semplicemente solidaristico e di appoggio ai movimenti di liberazione e diviene sempre più lotta comune del proletariato internazionale contro il sistema imperialista nel suo insieme.
In questo contesto la prospettiva del Fronte Rivoluzionario Antimperialista che le organizzazioni guerrigliere hanno teso a radicare negli ultimi anni in Europa occidentale individua con chiarezza il terreno unitario su cui comincia a svilupparsi l’iniziativa combattente e a consolidarsi la dialettica con il movimento di classe e rivoluzionario.
All’interno di questo percorso teorico pratico si è concretizzato un primo livello di organizzazione dell’attacco all’imperialismo come sistema unitario in Europa occidentale, individuando i terreni principali dello scontro su cui si giocano i rapporti di potere tra le classi.
Su questi presupposti l’avanguardia comunista può realizzare la sua crescita e la sua pratica in dialettica e per linee interne ai movimenti di lotta e alle frazioni più avanzate del proletariato in questa fase storica.
Lottare uniti per costruire la più ampia e concreta dialettica tra tutti i rivoluzionari che in Europa occidentale, nel Mediterraneo e nel mondo combattono contro l’imperialismo.
Sviluppare l’internazionalismo proletario nella guerra di classe all’imperialismo.
Solidarietà con il popolo palestinese.
Onore a tutti i proletari e rivoluzionari arabi caduti combattendo contro l’imperialismo e il sionismo.
Susanna Berardi, Vittorio Bolognese, Lorenzo Calzone, Luciano Farina, Natalia Ligas, Giovanni Senzani
Roma, 26 aprile 1988