L’iniziativa dei compagni della RAF contro Tietmeier, uno dei principali artefici della formazione delle politiche economiche comunitarie, ha rimesso al centro il nodo politico di fondo con cui si devono confrontare oggi tutte le organizzazioni combattenti della nostra area geopolitica indipendentemente se le loro finalità strategiche siano la liberazione nazionale o la dittatura del proletariato: lo sviluppo ed il consolidamento del Fronte Antimperialista Combattente (FAC) in quanto politica di alleanza tra le forze combattenti dell’area.
La necessità del salto politico al FAC si pone oggi in termini soggettivi a partire dal grado di sviluppo dell’imperialismo sia dal punto di vista economico che, e soprattutto dal punto di vista delle politiche di coesione, che impongono la necessità della costruzione di quei livelli di unità e cooperazione che permettano di incidere sulle politiche dominanti dell’imperialismo, pur senza esaurire con questa attività il complesso del lavoro che ogni organizzazione combattente porta a-vanti relativamente ai suoi obiettivi strategici ed alle caratteristiche storiche e sociali del proprio paese.
Infatti anche l’attività delle BR non si esaurisce nell’attività di attacco all’imperialismo, ma lega questa attività all’attacco al cuore dello stato, cioè l’attacco alle politiche dominanti dello stato che nelle congiunture sono atte a determinare nel paese equilibri politici tra classe e stato funzionali all’attuazione dei programmi della frazione dominante della BI (Borghesia Imperialista), che in questa congiuntura si riconducono all’attacco del progetto demitiano di riformulazione e rifunzionalizzazione dei poteri dello stato e dei suoi apparati.
Attacco che mira, in ogni congiuntura, a disarticolare l’iniziativa del nemico favorendo l’ingovernabilità delle tensioni di classe per rovesciarle sul terreno della guerra civile di lunga durata contro lo stato, dando prospettiva allo scontro di classe.
Attività che può svilupparsi solo a partire da un criterio offensivo, che nella metropoli significa immediatamente organizzazione della lotta armata, in quanto unico terreno praticabile in questa fase storica per lo sviluppo di un processo rivoluzionario, questo a causa dello sviluppo delle forme di dominio della BI, che fin dal secondo dopoguerra con lo sviluppo delle politiche di controrivoluzione preventiva divenute strutturali all’agire degli stati, ed a fronte di profonde modificazioni sociali date dalla proletarizzazione della maggioranza della popolazione nei paesi del centro imperialista, hanno reso impraticabile la politica dei due tempi con l’accumulazione di forze sul terreno politico da rovesciare sul terreno militare al momento opportuno, rendendo così necessario sviluppare il processo rivoluzionario fin dall’inizio in un rapporto di guerra, accumulando e disponendo le forze su questo terreno, costruendo su questo terreno la dialettica con le varie componenti dello scontro di classe, un processo che si sviluppa in termini non lineari, secondo le leggi della guerra, che può quindi avere avanzamenti o subire arretramenti, in relazione al procedere dello scontro.
Questo processo, oggi, nella metropoli, si scontra con l’imperialismo e le sue crescenti esigenze di stabilità e coesione, che producono tra l’altro una tendenziale omogeneità delle forme di dominio della BI che vanno nel verso di un approfondimento della democrazia rappresentativa (borghese) che da sempre è “il miglior involucro del capitale”, esigenze il cui aspetto puramente repressivo nei confronti delle forze rivoluzionarie europee e mediorientali, non è che quello più evidente di quanto oggi sia inutile e perdente pensare di potersi incuneare e sfruttare le contraddizioni tra gli stati imperialisti. La necessità del FAC si dà oggi in quanto prassi offensiva che mira alla disarticolazione delle politiche dominanti dell’imperialismo per determinare quelle condizioni di instabilità politica nell’area funzionali al procedere del processo rivoluzionario a livello nazionale.
Perciò per le BR e la RAF si è posto fin dall’inizio e in termini soggettivi il problema della ricerca di un primo livello di unità (concretizzatosi nel testo comune diffuso dai compagni della RAF dopo l’iniziativa contro Tietmeier, partendo non da considerazioni ideologiche, ma dai problemi politici relativi all’organizzazione dell’attacco su cui maturare i livelli di unità successivi. Questo perché organizzare il FAC significa organizzare l’attacco, non si tratta di un modello rivoluzionario o di una categoria ideologica.
Obiettivo del FAC è dunque determinare una condizione di ingovernabilità dell’area, cosa differente dall’impedire il processo di integrazione e coesione in atto a livello internazionale, anche perché la stessa attività rivoluzionaria (oggettivamente o soggettivamente antimperialista) è uno degli elementi che contribuiscono allo sviluppo di questo processo di integrazione, poiché l’attacco all’imperialismo produce come conseguenza non una separazione tra i vari stati, ma al contrario produce una risposta sempre più unitaria e centralizzata.
Un processo questo che si sviluppa e ridetermina di volta in volta in relazione alle necessità imposte dall’evolvere della crisi ed all’andamento della contraddizione est/ovest, che è quella dominante nel mondo, su cui maturano le tappe della tendenza alla guerra, cosa questa comunque da non intendersi né come progetto pianificato dall’inizio alla fine, né come portato oggettivo e meccanico prodotto da un certo livello di crisi. Questo anche per chiarire che una cosa è la contraddizione est/ovest, su cui maturano i passaggi della tendenza alla guerra, un’altra è la contraddizione imperialismo/antimperialismo, il cui unico legame è dato dalla sovrastruttura ideologica con cui uno dei due blocchi si presenta, questo perché la BI non fa la guerra al proletariato e ai popoli del Terzo Mondo, ma si limita a sfruttarli (trovandolo molto più conveniente) imponendo il proprio ordine dove necessario, cosa questa diversa dalla guerra intesa come controtendenza necessaria per ridare slancio all’accumulazione capitalistica. Anche se questo elemento interviene nelle relazioni tra i blocchi nella misura in cui a partire dalle sconfitte subite sul campo dalla BI ad opera delle guerre di liberazione nazionale, ha concorso a modificare l’approccio globale dell’imperialismo nei confronti dell’altro blocco, evoluzione relativa anche allo sviluppo del capitale le cui esigenze (legate all’approfondimento della crisi) rendono oggi vitali per l’imperialismo tutti gli angoli del mondo.
Ed è questo insieme di fattori (di cui quello dominante è la contraddizione est/ovest) che produce questo processo di coesione e concentrazione politica tra i paesi imperialisti, del quale un passaggio significativo è stato il recente accordo sugli euromissili, che al di là del folklore pacifista ha rappresentato un salto di qualità sul terreno della concertazione politica dei paesi imperialisti nei confronti dell’altro blocco segnando un’altra tappa della tendenza alla guerra, nella misura in cui ha messo le basi per una politica di riarmo centralizzata nella NATO e, basata sul convenzionale in quanto permette un più grosso immobilizzo di capitali delle armi nucleari essendo legata ai settori tecnologicamente più avanzati. Politica di riarmo che non è il prodotto dell’asservimento del potere politico al complesso militare-industriale, ma una politica economica che in periodi di crisi dà la possibilità ai capitali a più alta composizione organica di continuare la produzione dirottandola verso settori improduttivi a spese dello stato.
A fianco di questo processo di coesione di carattere generale che ha prodotto all’interno del blocco un equilibrio politico subordinato e funzionale alle scelte della riconosciuta leadership USA, se ne sviluppa un altro più specificatamente europeo che produce la formazione delle politiche per la coesione europea che hanno determinato l’accrescersi dell’attivismo europeo nell’area, riflesso anche del parziale riequilibrio economico tra USA ed Europa.
Politiche che si sviluppano su diversi piani.
Quello economico con la formazione di politiche economiche atte a favorire la formazione di nuovi monopoli in grado di sostenere la concorrenza del mercato mondiale, che tendono tra l’altro a rimodellare il rapporto nord/sud in relazione al grado di sviluppo raggiunto dal capitale (rimodellazione che non può comunque avvenire al di fuori del ridimensionamento del blocco socialista con la ridefinizione delle aree di influenza).
Quello politico/diplomatico, che ha prodotto una diplomazia europea fortemente integrata che costituisce l’ossatura dell’attivismo europeo nell’area sia nel portare avanti una linea politica unitaria, che per l’elaborazione di queste linee.
Quello militare in cui assume un’importanza particolare la rifunzionalizzazione in atto del fianco sud della NATO, in nome del quale è stato deciso il riavvicinamento tra Grecia e Turchia imposto d’autorità dalla CEE, che ha portato al rischieramento degli aerei di Torrejon in Italia seguito alla “vittoria” referendaria, che si trasformeranno in volo da aerei USA in aerei NATO, rischieramento che mette in evidenza tanto l’ambizione italiana di ritagliarsi un ruolo da “anello forte” nel Mediterraneo, quanto la sempre più diretta assunzione della NATO nelle questioni della regione, vedi anche l’appoggio indiretto, dato con l’invio di navi tedesche nel Mediterraneo, alle spedizioni nel Golfo Persico, ecc.
Quello dell’antiguerriglia, che passa attraverso una più stretta centralizzazione e coordinamento degli apparati repressivi, ed un’omogeneizzazione degli strumenti legislativi che ha prodotto tra l’altro lo spazio giuridico europeo, la definizione e messa in atto di iniziative politiche controguerrigliere come la soluzione politica.
Questo complesso di fattori si riflette al di fuori dell’Europa (oltre che al suo interno) concretizzandosi in iniziative politiche tese in questa fase alla stabilizzazione dell’area, come obiettivo funzionale non tanto in termini economici attraverso una ripresa degli investimenti garantiti dalla stabilità politica (ipotetica) dell’area, come al limite potrebbero far pensare i propositi di “piano Marshall” per il Medio Oriente (legato alla conferenza internazionale di “pace” del piano Shultz, e quindi al riconoscimento da parte araba di Israele), oppure i progetti integrati per il Mediterraneo della CEE o altro, poiché anche questi aspetti economici sono funzionali all’acquisizione di migliori rapporti di forza da parte dell’imperialismo nei confronti dell’altro blocco.
In questi tentativi di stabilizzazione l’Europa si distingue per il suo attivismo diplomatico tanto nei confronti degli arabi che di Israele più volte richiamato alla necessità di una sua opportuna acquisizione di uno status diplomatico più consono al ruolo che tendenzialmente è chiamato a svolgere nell’area, cosa questa per cui si è esibito anche Cossiga con il suo show in Israele con cui legittimava nei fatti la repressione sionista nei territori arabi occupati.
Un progetto di stabilizzazione che è poi il progetto politico dominante dell’imperialismo nell’area, che trova il suo maggiore ostacolo nella lotta antimperialista condotta dal popolo palestinese e libanese, sulla cui pelle, nei fatti, deve passare.
– Costruire alleanze antimperialiste per rafforzare e consolidare il fronte antimperialista combattente nell’area!
– Sostenere la guerra del popolo palestinese e libanese contro l’oppressione imperialista e sionista!
– Organizzare le forze intorno alla costruzione del partito comunista combattente per attrezzare e dirigere il campo proletario nello scontro prolungato contro lo stato per il potere!
– Attaccare, disarticolare il progetto politico demitiano di riformulazione dei poteri e delle funzioni dello stato!
– Su questi termini di programma costruire l’unità dei comunisti per la costruzione del partito comunista combattente!
– Onore a tutti i compagni e combattenti antimperialisti caduti!
Antonio De Luca – militante delle Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente