Il rilancio che le BR hanno operato in questi anni di ritirata strategica dei termini complessivi dell’attività rivoluzionaria, le prospettive politiche che questo ha aperto sia sul terreno del rapporto classe/stato che sul terreno dell’antimperialismo, ha determinato uno spostamento in avanti del piano di scontro rivoluzionario. Un movimento consapevolmente prodotto e calibrato dalle BR rispetto ai rapporti di forza generali fra le classi e al rapporto imperialismo/antimperialismo.
L’elemento di forza di questo rilancio è costituito dal fatto che si è forgiato all’interno delle condizioni della controrivoluzione degli anni ’80, quindi con delle caratteristiche di crescita il cui portato politico si è reso subito tangibile nel dispiegamento pratico della attività rivoluzionaria per la sua capacità di dialettizzarsi in termini di direzione/organizzazione con le istanze più mature dell’autonomia di classe, di costituire cioè il catalizzatore delle componenti rivoluzionarie e proletarie vive del paese; nel contempo di proporsi, sul piano dell’antimperialismo, come forza rivoluzionaria autorevole, non solo per il contributo già operato su questo terreno, ma soprattutto per il contributo al rafforzamento e consolidamento della politica del Fronte combattente antimperialista. Questo il dato politico centrale nella dialettica rivoluzione/controrivoluzione che ha indotto lo stato a ridefinire contromisure per contrastare il portato politico della proposta delle BR al movimento di classe, al proletariato. Più precisamente, misure che siano in grado di “gravare” e divaricare il terreno alle aspettative che si sono create nell’ambito operaio e proletario.
Il processo alle “BR toscane” si inserisce in questo quadro. Un processo contro le BR letteralmente costruito: attraverso la ricattabilità (purtroppo) della condizione proletaria, si è agito sulla debolezza di alcuni per elevarli al “rango” di collaboratori, in modo da avere una base materiale al fine di determinare una pagante deterrenza politica e militare nei confronti di quei compagni e componenti proletarie che si dialettizzano con la proposta rivoluzionaria, o che comunque non accettano supinamente la pubblicistica della controguerriglia. Una costruzione che, in ultima istanza, obbedisce al dettato politico democristiano di: sempre e comunque prevenire. L’attività delle BR è sullo sfondo e a questa ci riferiamo, come militanti delle BR-PCC, e rivendichiamo la giustezza e l’interezza di questa attività e segnatamente l’attacco contro Lando Conti, uomo di punta nelle politiche di riarmo nonché caldeggiatore degli interessi sionisti. Un attacco che ha segnato una tappa importante per la definizione politica/programmatica e la costruzione/consolidamento del FCA (Fronte Combattente Antimperialista) come marcatamente dimostra l’attacco, su base politica unitaria tra RAF e BR, contro Hans Tietmeyer.
Come le leggi della guerra dettano, con la cattura di alcuni militanti, lo stato batte la grancassa per avere dei risultati politici da poter ribaltare su tutti i piani dello scontro: dal messaggio spicciolo che i carabinieri sono più forti, alla ratifica politica suggerita dai servizi che nulla più esiste, alle pressioni giudiziarie sui militanti dell’organizzazione catturati, e in special modo sui militanti rivoluzionari al fine di romperne l’omogeneità e la tenuta.
I militanti delle Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente – Maria Cappello, Fabio Ravalli
Firenze, 25/11/1988