Come militante prigioniero delle Brigate Rosse – Colonna Walter Alasia esprimo piena solidarietà con le Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente e con l’attacco portato contro M. Biagi, consulente del Ministero del lavoro, artefice del piano di ristrutturazione del mercato del lavoro, parte integrante del progetto dello Stato teso a rimodellare le relazioni sociali e politiche a sostegno degli interessi generali della borghesia imperialista in questa congiuntura storica. Indicando così nello scontro di classe in atto nel nostro paese una prospettiva politica rivoluzionaria.
In questa fase storica i limiti del modo di produzione capitalistico si stanno mostrando in tutta la loro drammaticità; il capitale sta attraversando una profonda crisi economica sociale e politica.
Ancora una volta lo sviluppo delle forze produttive avviene a costo di profonde contraddizioni: la crescita dello sfruttamento di classe e la rapina del Sud del mondo sono l’unica via di uscita dalla crisi che il capitale possa prospettare.
Lo Stato imperialista si pone quale perno attorno a cui si ricompatta la classe dominante per affermare il suo interesse politico di classe.
Quale detentore del monopolio della forza e garante della riproduzione del rapporto capitalistico, lo Stato imperialista si scatena sia contro la classe sfruttata del Centro sia contro i popoli della Periferia; contro ogni manifestazione di resistenza al dominio capitalista.
La guerra imperialista per il controllo delle principali fonti di materie prime e a sostegno del profitto riempie lo scenario internazionale ormai da più di dieci anni. Di fronte alla resistenza dei popoli arabo-islamici, manifestatasi nel modo più incisivo con l’attacco dell’11 settembre agli Usa, di fronte ala determinazione dei combattenti palestinesi nella nuova intifadah, l’imperialismo ha esplicitato le sue intenzioni di guerra permanente contro questi popoli, aggredendo prima l’Afghanistan poi la Palestina e presto l’Irak.
Ma questa guerra è diretta anche contro ogni ripresa del movimento di classe, contro chi lotta e combatte contro il capitale e lo Stato imperialista, qui nel Centro. Le leggi di polizia varate in Europa ne sono l’esempio più evidente. La decisione presa dal governo italiano di applicare ai prigionieri rivoluzionari e antimperialisti il famigerato articolo 41 bis, ne è una articolazione conseguente. L’obiettivo in quest’ultimo caso è il tentativo di spezzare l’identità rivoluzionaria dei prigionieri. Obiettivo velleitario. Sarà piuttosto l’occasione per riaffermare un punto di vista chiaro contro il carcere imperialista a fianco dei prigionieri rivoluzionari, dopo anni di squallide campagne per la “soluzione politica”.
Questa crisi economica, sociale e politica del capitale, che si trascina da trent’anni e che oggi attraversa un momento così acuto, mostra con evidenza quanto la forma sociale dominata dal capitale, a fronte di forze produttive e ricchezza sociale prodotte in dimensioni che non hanno precedenti nella storia, sopravviva solo convivendo con la guerra e con un sempre maggior sfruttamento di classe. Si ripropone così nei fatti l’attualità di un suo superamento, di una forma sociale comunista, capace di valorizzare e mettere al servizio dello sviluppo dell’individuo sociale queste forze produttive e questa ricchezza. Merito delle BR-PCC è aver riproposto con forza, nel cuore dell’imperialismo, la questione della costruzione di una soggettività rivoluzionaria capace di dare una strategia adeguata al conseguimento di questo obiettivo epocale: la strategia della lotta armata.
Biella, 9 giugno 2002.
Nicola De Maria
Militante prigioniero delle Brigate Rosse – Colonna Walter Alasia