Nella prima metà di febbraio si è manifestata un’iniziativa di forte solidarietà a fianco dei compagni del “Blocco B” di Novara da parte dei prigionieri rivoluzionari nelle carceri speciali italiane.
La risposta del corpo prigioniero al pestaggio del 30 gennaio è stata un’azione piena del senso di collettività, del senso di lotta per l’identità rivoluzionaria e contro ogni progetto di annientamento. Un’iniziativa, inoltre, consapevole del significato politico di quello che è stato messo in atto contro i nostri compagni e allo stesso tempo diretto contro tutti noi.
Insieme a noi si sono mossi compagni e collettivi del movimento rivoluzionario. È stato un fatto importante, ciò dimostra che il significato complessivo della truppa di Novara è chiaro a molti oltre che a noi.
In quest’ultimo anno, qui in Italia, abbiamo visto gli “sgoccioli politici” dell’ipotesi soluzionista e affini, che ha svelato il suo definitivo carattere di “commercio” seppur rivestito di una supposta dignità. Si è concluso il processo di Insurrezione a cui lo stato voleva dare un carattere di “fine di un ciclo” per calare una definitiva cortina di silenzio sulla storia rivoluzionaria degli ultimi venti anni. È stato anche fatto giocare il dato degli arresti dei compagni BR-PCC per accreditare questa presunta “chiusura di un ciclo”; a tal fine si adoperano – per la verità in modo abbastanza fallimentare – tutte le ipotesi di lettura depoliticizzate della storia, del presente e del futuro della guerriglia metropolitana.
È chiaro dunque, che i fatti di Novara si inscrivono in questo contesto e nel contesto più ampio di cambiamento che si sta verificando nella gestione della crisi economica, politica e sociale della borghesia imperialista in questa fase, del rinnovarsi qualitativo delle tensioni in ogni ambito proletario e delle spinte verso la politicizzazione che l’antagonismo di classe genera.
La qualità dell’attacco dispiegato che a vari livelli si sta attuando contro ogni espressione dell’antagonismo di classe in realtà non paga abbastanza per la loro necessità di “governo” delle contraddizioni. Essa è solo annientamento per la classe, ma non riesce a rafforzare la loro normalizzazione.
Essa tradisce solo la loro paura, e la loro possibilità è unicamente quella di intervenire frontalmente prima che le contraddizioni sociali, l’antagonismo di classe e la politicizzazione delle lotte si uniscano ed evolvano verso un nuovo e diverso sviluppo.
Tradiscono inoltre la paura di fronte all’esistenza della guerriglia in Europa Occidentale, che da venti anni è la realtà che ha aperto una falla irreversibile nel cuore del sistema imperialista e che rappresenta in maniera sempre più unitaria la prospettiva di emancipazione sociale del proletariato metropolitano.
Allo stesso modo i prigionieri rivoluzionari in Europa Occidentale – e la loro presenza politica e militante, la loro lotta – incarnano, per gli stati imperialisti, una contraddizione politica da annientare che rimanda sempre alla natura inconciliabile dello scontro tra le classi e al divenire del processo rivoluzionario nella metropoli imperialista. Per questo nelle carceri, in questi anni, si sono visti all’opera diversi progetti miranti ad attaccare l’identità dei prigionieri rivoluzionari, a “risolvere” in qualche modo la contraddizione che rappresentano. Ovunque, in Europa, nelle sezioni speciali vive l’attacco della Borghesia Imperialista e ovunque c’è la lotta contro l’annientamento.
Dal 30 novembre nelle carceri spagnole i compagni del PCE(r), dei GRAPO e dell’ETA sono in lotta con uno sciopero della fame. Il loro obiettivo concreto è riottenere il raggruppamento e porre fine alla politica di dispersione dello stato spagnolo nei loro confronti. Ma ciò che è in gioco è la liquidazione politica dei prigionieri rivoluzionari nel contesto politico di riunificazione europea che ha nel 1992 una tappa determinante. Poiché la condizione determinante per il “salto” alla globalizzazione della borghesia imperialista europea è il drastico ridimensionamento della lotta rivoluzionaria; e dunque anche della soggettività dei prigionieri rivoluzionari.
A 90 giorni di sciopero della fame di circa una cinquantina di compagni, il governo Gonzales ne sta prolungando l’agonia con l’uso continuato dell’alimentazione forzata e nessuna disponibilità a rispondere alle loro richieste, puntando in questo modo a imporre un rapporto di forza schiacciante su questo piano. È l’insieme delle politiche controrivoluzionarie al livello di integrazione raggiunto oggi che sta pesando sulla lotta e sula pelle dei compagni.
I compagni spagnoli sono parte del patrimonio di resistenza contro l’annientamento e della lotta per l’identità in Europa Occidentale. È necessario rompere il black-out attorno a loro e rompere la situazione di stallo che si è creata.
Nel carcere di Marino alcuni compagni hanno fatto una fermata all’aria in solidarietà militante internazionalista con la lotta dei compagni spagnoli.
Dalle carceri tedesche e francesi ancora una volta i militanti rivoluzionari sono mobilitati al loro fianco, per fare pesare di fronte alla controrivoluzione integrata la coesione dei rivoluzionari.
Oggi la lotta dei prigionieri rivoluzionari in Europa Occidentale è anche lotta per costruire solidarietà internazionalista come elemento politico determinante per il dibattito unitario e una comune prospettiva politica rivoluzionaria.
Uniti si vince
Lottare insieme
Solidarietà e forza per i compagni prigionieri del PCE(r), dei GRAPO e dell’ETA.
20 marzo 1990