[Il 24 febbraio 1978 una bomba al tritolo viene fatta esplodere di notte in Corso Garibaldi 88, a Milano, dove si trovano gli uffici amministrativi del “Corriere della Sera”]
Il “Corriere della Sera” si sta attrezzando per far fronte al nuovo corso della libertà italiana. La libertà, si saranno detti i vari direttori che da un po’ di tempo si avvicendano alla guida di questa prestigiosa macchina della verità, è un valore così prezioso e raro che val la pena di custodirlo anche in un bunker. Oggi i direttori non vengono più scelti in base alla loro perizia grafica ma per la loro esperienza nelle arti della difesa, sono un po’ come gli architetti militari di una volta e la loro fama si misura non dal numero di lettori del “fondo” domenicale ma dal numero di attentati che sono riusciti a sventare. Sono come i procuratori della repubblica, che per custodire la giustizia approntano fortilizi anziché tribunali. Giustizia e libertà vanno assieme nel nostro paese. Si sentono tutti in prima linea e, come tutti i giornali che hanno un certo passato, anche il “Corriere”, per sparare a zero contro i nemici di giustizia e libertà, non usa solo mitragliette ultimo tipo ma anche vecchi tromboni e da questi oggi vengono le bordate più grosse e assordanti. Se Di Bella bada alle fortificazioni, Valiani si permette qualche sortita offensiva (“vecchio” è riferito a trombone) spara veleno e sprizza livore da tutti i pori, tanto da avvelenare con Solferino anche le vie adiacenti. Storico insigne, si crede nei panni del generale Custer, spara agli indiani come se fossero mosche fastidiose, carica e ricarica il suo trombone con la bava alla bocca. I suoi uomini giacciono a pezzi attorno a lui, se ne avvede, è un massacro, ma lui continua imperterrito; è solo ormai a difendere lo straccio della democrazia occidentale. Stanco, lacero, impolverato, par di vederlo nel suo sgabuzzino di via Solferino sparare gli ultimi colpi. Ma scusi, generale, alla fin fine anche questi indiani sono cittadini di questa sua democrazia, ma lui non sente; ma scusi, generale, l’isolamento carcerario è tortura, non misura di sicurezza; ma scusi generale, il fermo di polizia… i supercarceri… È inutile, il suo orecchio di storico è sordo alla verità. Generale, le conviene fare attenzione, sono le ultime pallottole e non arrivano “i nostri”, “Ma come? E gli operai con le loro mani callose… e le cento, duecentomila firme contro il terrorismo?”. “Generale, o sono state estorte o sono fanfaluche del bunker de ‘L’Unità’. Sa, a Torino faticano a mettere in linea dieci soldati!”.
È un mondo, marcio, che sta andando a pezzi. Lo illumina soltanto il congruo assegno mensile ma… spenderlo in un bunker!
Oscuri pennivendoli del “Corriere”, insensibili a ogni mutamento di proprietà, direzione, (ma non di stipendio) Custer vi manderà al macello. Non credetevi al sicuro nel vostro bunker, ben altre fortezze hanno dovuto cedere alla verità e questa non ha mai sdegnato, pur di far breccia, di ricorrere alla dinamite. Chiedetelo al vostro storico insigne, ve lo confermerà!