Lo scontro rivoluzionario e di classe è stato investito da una nuova dimensione ovunque a partire dalla guerra del Golfo. Per gli USA è stato il primo passo per l’imposizione del loro nuovo ordine mondiale per l’epoca del post-guerra fredda. La guerra è stata locale, ma la posta in gioco era ed è mondiale.
Quella che si sta aprendo è una nuova epoca di mutamenti profondi degli equilibri di potere e delle relazioni internazionali, e conseguentemente di guerra e di guerre che mettono in discussione tutti gli assetti precedenti del sistema imperialista.
Questo sistema, così come si era dato a partire dalla divisione internazionale di Yalta, è divenuto del tutto incapace di reggere gli effetti della crisi del capitale internazionale e lo sviluppo delle contraddizioni da essa generate.
La costituzione di un blocco europeo come risposta alla crisi internazionale del capitale e del sistema ha subíto una concreta accelerazione dentro il processo di coesione internazionale imposto dalla guerra, ma questa spinta determinata dalla escalation militare USA-imperialista ha messo a nudo ancora di più la disgregazione del sistema per la borghesia imperialista.
Tutto ciò significa che la guerra da parte degli Stati imperialisti rideterminerà ulteriormente questa nuova fase storica in cui l’imperialismo ha la necessità di rafforzare il suo potere sul piano economico, politico, militare.
La guerra del Golfo come risposta globale della borghesia alla crisi del vecchio ordine, ha acuito e approfondito gli effetti delle contraddizioni principali generati dalla crisi stessa in tutto il mondo.
Nell’area mediorientale si è evidenziata una volta di più la linea di demarcazione antimperialista e si è polarizzata ulteriormente la contraddizione tra proletariato e borghesia.
In tutto il Medio Oriente si è addensato un processo di lotta e di liberazione. Non c’è stato solo l’attacco contro il popolo iracheno. C’è la lotta del popolo palestinese che combatte contro il sionismo. C’è il popolo kurdo che lotta per la sua indipendenza. C’è il proletariato turco che combatte contro la borghesia fascista. C’è l’intero popolo arabo che resiste alla egemonia degli USA e ai diktat del Fondo Monetario Internazionale.
Nell’insieme queste lotte costituiscono la lotta del proletariato arabo contro l’imperialismo e contro i regimi che stanno collaborando alla pacificazione forzata nell’area. La guerra ha posto quest’intero processo di lotta direttamente contro la borghesia imperialista a livello internazionale.
C’è un filo rosso che lega questa tappa della guerra imperialista alla linea controrivoluzionaria di gestione della crisi USA-imperialista da oltre un ventennio, il cui inizio coincise, non a caso, con la sconfitta americana in Vietnam. Da allora, le linee imperialiste di gestione della crisi hanno per oggetto la tenuta della globalità del sistema guidato dagli USA. E in questo momento è più che mai necessario ricordare che la crisi di egemonia USA caratterizza storicamente questa fase di scontro che attraversiamo, nel senso che la disgregazione di questo sistema imperialista è l’orizzonte storico delle forze rivoluzionarie di questa epoca.
L’unità delle forze rivoluzionarie nel fronte rivoluzionario antimperialista e l’organizzazione della lotta di classe internazionale sono la forza politica e sociale in grado di produrre una spinta al processo di emancipazione e rivoluzione sociale in questa epoca di mutamenti.
Una cosa deve essere chiara: la situazione attuale caratterizzata da profondi cambiamenti apre oggettivamente uno spazio ulteriore all’iniziativa rivoluzionaria, ma non ci può essere avanzamento per il proletariato internazionale se non si costruisce un punto di forza in grado di spezzare i rapporti di potere, di nuovo, in qualche punto.
Oggi sta nascendo un “nuovo” movimento contro la guerra, che è di proporzioni mondiali e con un preciso segno di classe antimperialista. L’internazionalismo proletario può diventare “nuovo” proprio riappropriandosi del significato originario datogli da Marx e dai comunisti della Prima Internazionale: proletari di tutto il mondo uniti contro il capitalismo e la sua barbarie per conquistare una dimensione di vita pienamente umana.
Questo significato originario è stato progressivamente stravolto dal revisionismo che “di fronte all’immaturità delle contraddizioni oggettive” ha subordinato meccanicamente a queste la prospettiva rivoluzionaria. Ha portato la priorità dello sviluppo capitalistico nelle aree non industriali (del sud America come del sud Europa) e la mentalità corporativa e sciovinista nelle aree più sviluppate; ha diviso strutturalmente gli sfruttati e ha negato la possibilità del comunismo. E gli eredi di questa politica infame nel centro imperialista – socialdemocratici e riformisti vecchi e nuovi – hanno riproposto ora, nelle nuove condizioni, il loro ruolo per dividere la classe dal movimento rivoluzionario e isolare l’antagonismo proletario, e impedire lo sviluppo della coscienza antimperialista.
Oggi la lotta antimperialista contro il genocidio dei popoli e la “nuova colonializzazione” del Medio Oriente e del sud del mondo deve diventare parte integrante della lotta di tutti i proletari in Italia, come in Spagna, in Germania, in Grecia, in Turchia e in tutto il resto d’Europa. Deve diventare una conquista della coscienza proletaria così come lo è diventata l’autonomia di classe e l’organizzazione autodeterminata delle lotte.
L’unità delle lotte del proletariato delle metropoli del “centro” con quelle del Tricontinente del sud può costituire la base di classe su cui costruire la forza per accelerare l’agonia del sistema imperialista.
L’attacco della RAF al futuro governatore di Bonn a Berlino Est, Rohwedder, è un coltello nel fianco della strategia di unificazione imperialista, che ha nel progetto pantedesco il perno del processo di rafforzamento del suo potere nella divisione internazionale imperialista.
L’annessione della ex DDR ratificata nell’ottobre ’90 non ha fatto altro che mettere sotto gli occhi di centinaia di migliaia di proletari e operai la natura bestiale degli interessi capitalistici, e ha mostrato la profondità delle contraddizioni del sistema che stanno alla base della spinta all’integrazione europea.
In questa fase la gestione imperialista della crisi del sistema sta oggettivamente bruciando via via molte illusioni e false concezioni, e il carattere disumanizzante e oppressivo dell’imperialismo viene fuori senza demagogie, nemico diretto nelle lotte di tutti i proletari. La “nuova” penetrazione capitalista è palesemente senza consenso tanto nei territori dove si è imposta con l’occupazione militare, tanto laddove si è “offerta” attraverso la sua politica di pressione.
L’attacco della RAF è un passo nella direzione dell’unificazione delle lotte e dell’antagonismo proletario dentro la politica della guerriglia, per bloccare le vie d’uscita dalla crisi, «contro i progetti reazionari pantedeschi ed europeo-occidentali di sottomissione e di sfruttamento degli uomini qui e nel Tricontinente».
Lottare insieme.
Uniti si vince.
Onore a tutti i combattenti caduti contro l’imperialismo.
Onore al compagno Jesús Rojas Antonio Cardenal.
Anna Cotone del Collettivo Comunisti Prigionieri “Wotta Sitta!”
Napoli, 18 aprile 1991
Un pensiero su “Sesta Corte Penale, Napoli – Documento di Anna Cotone del Collettivo Comunisti Prigionieri “Wotta Sitta” allegato agli atti del processo-stralcio del Moro Ter”