Il mare in tempesta scuote la vecchia barca in legno. Ondate gelide investono le quattro donne che sfidano la burrasca sedute sui copertoni. Direzione, l’isola Asinara. Un carcere infernale. Hanno ottenuto la piccola imbarcazione con una lunga trattativa. Erano rimaste bloccate a Porto Torres, per il guasto della motonave destinata ai familiari dei detenuti. Dopo aver attraversato l’Italia in treno per vedere i propri cari. Prigionieri politici. Le onde scuotono la barca, ci sono i primi malori. Laura canta, cerca di coinvolgere le altre. Quattro giorni di viaggio per due ore di colloquio. È l’11 ottobre 1980.
Laura Bartolini vive a Bologna, a meno di vent’anni già lavora. Dalla fine del 1974 gira le carceri d’Italia per incontrare il fratello, arrestato insieme ad altri giovani dell’area dell’Autonomia operaia. Prende contatti con l’Afadeco, l’Associazione familiari detenuti comunisti di Bologna. Madri, mogli, compagne, sorelle che attraversano l’Italia per un’ora di colloquio. Subiscono violenze, umiliazioni, perquisizioni intime. Imparano a resistere. Scontrarsi con la polizia. Una catena umana di solidarietà.
Laura ha un ruolo di collegamento fra i detenuti e i compagni all’esterno. Dal 1979 è un contatto delle Brigate rosse, ha rapporti con Barbagia rossa, gruppo armato che opera in Sardegna. Poi si avvicina a quella che la stampa chiama Cellula perfughese, o «banda dei sardi», che fa riferimento all’Autonomia operaia.
La mattina del 14 dicembre ’84 Laura e Lucia riescono a entrare in un laboratorio di gioielleria, in un palazzo vicino al centro di Bologna. Tirano fuori le pistole. Ferrari immobilizza Lucia, le spara due volte a bruciapelo. Ancora un colpo, e anche Laura cade. Un altro sparo a pochi centimetri dal petto la uccide. Lucia si salva. La comunicazione giudiziaria nei confronti del gioielliere non ha seguito.
Sui muri di Bologna compaiono un manifesto e alcune scritte. Laura è con noi. Pagherete caro, pagherete tutto.
Laura Bartolini
Bologna, 29 marzo 1955 – 14 dicembre 1984
Militante di un gruppo che fa riferimento all’Autonomia operaia, viene uccisa da un gioielliere che sta espropriando.